Barcarello, gabbiano muore dopo due giorni di agonia «Confidavo nelle autorità, ma non si è visto nessuno»

«Se avessi scritto subito quel post per chiedere aiuto, lui si sarebbe salvato?». È il dubbio che da questa mattina attanaglia Marzia Chinnici, palermitana che ieri ha trovato sul lungomare di Barcarello un gabbiano visibilmente sofferente. È rimasto immobile, quasi accovacciato dentro un’esigua pozzanghera formatasi in un fossato di tufo, fino a stamattina. La donna immediatamente ha contattato la Lipu di Palermo, l’ente a difesa dell’ambiente e degli animali attivo in città dagli anni ’80. «L’operatore al telefono mi ha risposto che al momento non aveva nessuno da poter mandare e che avrei dovuto prenderlo e portarlo io da loro – racconta Chinnici -. Poi mi ha detto che avrebbe tentato di mandare qualcuno, ma comunque di chiamare io la guardia forestale».

Di fronte all’animale sempre più sofferente, la donna segue il consiglio. E nella speranza che la Lipu riesca a mandare uno dei suoi volontari, contatta anche la guardia forestale, ottenendo però la stessa risposta già sentita al telefono con l’operatore dell’ente palermitano. «Naturalmente non si è visto nessuno», spiega. La giornata finisce col gabbiano sempre lì, immobile su quella pozzanghera, che muove solo la testa per guardarsi intorno ma senza mai tentare neppure di spiccare il volo o di uscire da quell’acqua ristagnante e arroventata dal sole. «Stamattina sono tornata a vedere il povero animale ed era ancora vivo e sempre più agonizzante. Ho richiamato la Lipu, ma stavolta non ha risposto nessuno».

La donna non si arrende e tenta altre strade, chiamando a questo punto anche il 113, che però la dirotta nuovamente alla guardia forestale. «Anche lì stessa risposta, mi hanno pure detto di metterlo in uno scatolone e portarglielo io, ma da sola non me la sono sentita di prenderlo – torna a dire la donna -. Nessuno ha fatto niente e il gabbianello…. non ce l’ha fatta. Forse avrei dovuto scrivere il post ieri stesso su Facebook. Confidavo, ahimè ingenuamente, nelle autorità preposte. Ma ho sbagliato e l’ho fatto oggi, troppo tardi. Ho fatto esperienza». Si chiede ancora insistentemente, però, cos’altro avrebbe potuto fare «se non avvisare la comunità, dopo aver disperatamente informato chi ne avrebbe la competenza? Sembra assurdo, ma dai social c’è stata molta più collaborazione che telefonando agli uffici competenti».

Silvia Buffa

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