Banche, assalto all’agricoltura siciliana

Nella protesta di questi giorni, anzi, nelle richieste avanzate dagli agricoltori siciliani ai governi c’è un punto che merita un approfondimento. Parliamo dei pignoramenti lamentati da tanti piccoli e medi agricoltori da parte dell’Agenzia che riscuote i tributi in Sicilia. Si tratta di un punto di questa difficile e sofferta trattativa che non è meno importante della defiscalizzazione della benzina o di altre richieste Anzi, come ora cercheremo di dimostrare, è forse uno dei punti più importanti di tutta questa vicenda.
Per provare a descrivere il tentativo di ‘rapina’ ai danni degli italiani – e nel caso della Sicilia, ai danni dei siciliani – che va in scena in questi giorni, dobbiamo fare qualche passo indietro e tornare al 2002, quando l’allora superministro dell’Economia, Giulio Tremonti, getta gli occhi sulle società – fino ad allora quasi tutte regionali, in parte pubbliche, ma anche private – che gestivano la riscossione dei tributi. Chiariamo subito che non si tratta delle imposte, ma dei tributi riscossi mediante ruolo (i soldi, ad esempio, che i Comuni non riescono a riscuotere, la cui riscossione, per l’appunto, viene affidata alle esattorie).
La riscossone dei tributi mediante ruoli, in Italia, è sempre stata oggetto di dibattito. In Sicilia, per lunghi decenni, questo servizio è stato gestito direttamente dalla mafia. Dopo l’abolizione delle agevolazioni che la politica siciliana ha concesso per decenni ai ‘gabellieri’ privati, la gestione è passata al pubblico. Questo, grosso modo, è avvenuto nel 1981 quando i privati che fino ad allora avevano gestito le esattorie, ‘disdettarono’ il servizio mettendo nei ‘casini’ la Regione (chi ha qualche anno sulle spalle ricorderà che nel 1982 i tributi, in Sicilia, non vennero riscossi).
Dopo anni di assestamento (e di ruberie, comprese le solite assunzioni a ‘umma ‘umma ‘pilotate’ dalla politica siciliana di quegli anni nelle esattorie pubbliche: non è il governo Lombardo ad aver inventato le ‘stabilizzazioni’ del personale: questo, a onor di cronaca, dobbiamo riconoscerlo), la gestione della riscossione delle imposte sembrava esssersi assestata. In Sicilia, ad esempio, operava – e bene – Montepaschi Serit. Fino a quando non sono arrivati il signor Silvio Berlusconi e il signori Giulio Tremonti. Qui conincia ‘avventura dei nostri signori Bonaventura.
I due Cric & Croc delle nuove esattorie made in Italy – e questa è storia nota – alle soglie del nuovo Millennio si presentavano al cospetto degli italiani come gli uomini che avrebbero impresso al nostro Paese una svolta liberale. Di fatto, come ha dimostrato brillantemente, numeri alla mano, l’economista Oscar Giannino, il deficit pubblico, in Italia, è aumentato proprio durante i governi Berlusconi. Di fatto, Berlusconi e Tremonti, lungi dall’imprimere al nostro Paese una svolta ‘liberale’, hanno aumentato la spesa pubblica.
I soldi per finanziare la crescita della spesa pubblica Berlusconi e Tremonti li hanno presi in parte dall’aumento del debito pubblico, in parte non riducendo ma aumentando tasse e imposte (imbrogliando ovviamente gli italiani, ai quali il Cavaliere aveva promesso la riduzione delle imposte con l’introduzione delle due ‘famigerate’ aliquote) e in parte – e qui sta il punto che ora cercheremo di approfondire per la parte che riguarda la rivolta dei ‘Forconi’ di Sicilia – introducendo un sistema di riscossione coatto dei tributi violento e prepotente.
Tutti, nei primi anni del duemila, ci chiedevamo perché mai Tremonti (e dietro di lui Berlusconi) tenesse tanto alla riforma delle esattorie. Quello che sta succedendo oggi in Sicilia ne è la spiegazione lampante.
Cominciamo col dire che mai, in Sicilia, si erano visti esattori così famelici. Lo riperiamo: la gestione di Montepaschi Serit, fino a prima della malagurata riforma del settore imposta dai governi Berlusconi, era sempre stata sopportabile. Dopo questa riforma è cominciata una vera e prorpia aggressione ai cittadini. L’uomo, il politico che avrebbe dovuto, come abbiamo già ricordato, dare all’Italia un ‘respiro’ liberale, ha messo su un sistema di riscossione dei tributi a ruolo al cospetto del quale la Sicilia di Verre era un paradiso fiscale.
Non c’è siciliano, oggi, che non abbia debiti con con le esattorie. Anche perché quasi tutti i Comuni del’Isola, ormai ridotti in ‘bolletta’ dagli Ato rifiuti e dagli Ato idrici (alte due disgraziate invenzioni della politica per alleggerire le tasche dei cittadini: vedi il caso dell’Ato idrico di Agrigento, uno scandalo, tutt’ora in piedi, che abbiamo trattato nelle scorse settimane e che ‘sfioriamo’ anche nell’edizione di oggi del nostro gornale con la testimonianza di Salvatore Petrotto, ex sindaco di Racalmuto), ne inventano una al giorno pur di mettere le mani in tasca ai cittadini. A cosa servono, infatti, gli autovelox piazzati nelle strade a scorrimento veloce a provinciali di tutta la Sicilia? Ad evitarci gli incidenti automobilistici? Pensiamo veramente che i Comuni siano così altruisti? La verità è che le amministrazioni comunali cercano di prendersi i nostri soldi a norma di legge, imponendoci rallentamenti che in molte strade – soprattutto in quelle a scorrimento veloce – non hanno senso. E infatti le contravvenzioni fioccano. E i cittadini pagano. Come? Nella stragrande maggioranza dei casi attraverso le esattorie. Che, grazie ai governi Berlusconi, calcolano interessi ‘salatissimi’.
Il sistema di riscossione dei tributi attraverso le società esattoriali giunge fino alla banche. Siamo arrivati ai fatti dei nostri giorni. Tanti agricoltori siciliami, oggi, sono praticamente rovinati. Perché? Semplice. Da una parte ci sono i prodotti agricoli di mezzo mondo – in molti casi avvelenati da pesticidi che l’Italia ha bandito oltre trent’anni fa dalla propria agricoltura – che invadono ogni giorno le nostre tavole a prezzi stracciati. Dall’altra parte ci sono i produttori siciliani che non sanno più a chi vendere i propri prdotti (grano, ortaggi, frutta) e che si sono indebitati con le banche per fronteggiare la crisi.
Avrebbe dovuto aiutarli la Regione siciliana, che dal 2007, ha a disposizione 2 miliardi di euro di fondi europei (compreso il cofinanziamento di Stato e Regione). Ma non lo ha fatto, vuoi per incapacità politica e burocratica, vuoi perché i fondi europei destinati all’agricoltura, in Sicilia, non servono per realizzare infrastrutture pubbliche e per rilanciare le attività dei veri agricoltori, ma per foraggiare gli amici dei politici, governanti in testa, che si improvvisano agricoltori (i famosi agricoltori a titolo ‘non’ principale che, in alcuni casi, sono gli stessi politici o le loro mogli che si improvvisano ‘donne manager’ dell’agricoltura…).
Oggi gli agricoltori siciliani chiedono di essere liberati dalle cartelle esattoriali. Sono i debiti che, grazie agli interessi, non riusciranno mai a pagare. E siccome per contrarre questi debiti ci misiru i casi e i tirreni ‘nfacci (hanno posto a garanzia del prestito ricevuto dalle banche le case di campagna e i loro terreni), queste case e questi terreni, tramite gli ‘amici’ delle esattorie, finiranno alle banche.
Badate, non si tratta di poche centinaia di imprenditori agricoli, ma di tante imprese agricole siciliane.
Le banche – quasi tutte le Centro Nord Italia – con quest’operazione, avviano il completamento della spoliazione della Sicilia. Una lunga storia che comincia alla fine degli anni ‘80 con la ‘colonizzazione’ del credito siciliano, prosegue nei primi anni ‘90 fino al 2005 con l’espropriazione ‘indebita’, ai danni dei siciliani, di Banco di Sicilia e Sicilcassa, e si completerà, da qui a qualche anno, prima finendo di svuotare le tasche dei siciliani e poi, finita la ‘liquidità, impadronendosi dei beni immobili: case e terreni.
L’operazione case e terreni sta cominciando proprio con gli agricoltori dell’Isola. Ridotti allo stremo dalla crisi e dall’incapacità della politica di governare l’arrivo di derrate agricole da mezzo mondo a prezzi stracciati, privi di sostegno da una Regione imbelle e banditesca, molti titolari di aziende agricole sono ormai nelle mani delle banche. A chi dovranno chiedere aiuto? Al governo Monti che è il governo voluto proprio dalle banche? O al governo regionale retto da Lombardo, ce è il più sraordinario esempio di inettitudine politica e amministrativa della storia dell’Autonomia siciliana?
Anche da qui nasce la protesta dei ‘Forconi’, cioè degli agricoltori. Una cosa, però, gli agricoltori siciliani, devono averla chiara: e cioè i responsabili di un sistema esattoriale vessatorio che li ha rovinati. I nomi li abbiamo già fatti: i protagonisti dei governi Berlusconi. Insieme, però, ai vari big del centrodestra siciliano che, a Roma, dal 2001 ad oggi, pur avendo occupato posti chiave, non hanno fatto nulla per difendere gli interessi degli agricoltori siciliani: ci riferiamo a Gianfranco Miccichè, Renato Schifani, Enrico La Loggia e via forzitalieggiando.

 

 

Giulio Ambrosetti

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