Lo strano caso di Bagheria. Non è un nuovo film di Giuseppe Tornatore. E nemmeno una raccolta di poesie di Ignazio Buttitta. E solo – ma non solo – la confusione amministrativa che, da qualche giorno, regna in questa cittadina alle porte di Palermo.
Già, la confusione. Il caos. Il non sapere che pesce prendere. Perché fino a qualche giorno fa tutti i consiglieri comunali di Bagheria erano conviti che sarebbe stata la Corte dei Conti a dichiarare il dissesto finanziario del Comune. Anzi, forse, chissà, magari cera pure un mezzo accordo. Come si dice in questi casi, tre e due ventotto
Invece, il 19 luglio, è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale. Pronunciamento tremendo: la magistratura contabile, per ciò che riguarda la finanza pubblica, non può mettere il naso nelle Regioni a Statuto speciale e nei Comuni di queste stesse Regioni. E la Sicilia, ovviamente, rientra tra queste.
Che succederà, adesso, a Begheria? Semplice: dovrà essere il Consiglio comunale a dire ai cittadini: Signori, qui abbiamo concluso. Tra Coires, munnizza, acqua e, con rispetto parlando, con le nostre clientele le casse sono vuote. Anzi ci sono i debiti da pagare. E, come si dice dalle nostre parti: Unnavennu, un potennu, un paanNu .
Eh già, cè poco da fare. Il bello è che questa storia del dissesto finanziario di Bagheria arriva proprio quando oltre 200 Comuni siciliani sono i Comuni con meno di 5 mila abitanti sempre in materia di bilanci, hanno inviato un messaggio a tutte le autorità: Agneddu e sucu e finiu u vattiu. Ovvero: ci avete tolto i soldi e noi siamo al dissesto!
Lì la trovata geniale è stata dei filosofi dellassessorato regionale allEconomia. Che, con un colpo di genio, nella Finanziaria di questanno, hanno ridotto lanticipazione ai Comuni con meno di 5 mila abitanti. Portandola da un terzo a un quinto. Geniale! Un tocco di classe per farli fallire. E ci sono riusciti.
La più romantica di tutte rimane la parlamentare Bernardette Grasso di Grande Sud: Tagliare le risorse destinate agli enti locali da 124 milioni di euro (nel 2012) a 56 milioni per il 2013 – dice – è un errore clamoroso di politica finanziaria del governo Crocetta. Una decurtazione così drastica porterà alla cancellazione di numerosi servizi essenziali destinati alle famiglie e alle categorie più in difficoltà. Inoltre, la soppressione di alcune riserve sarà la causa del fallimento dei Comuni. Infatti: i Sindaco di questi Comuni hanno già annunciato il fallimento: degli stessi Comuni e della politica siciliana, aggiungiamo noi.
Lapplicazione del patto interno di stabilità anche per i Comuni con meno di 5000 abitanti – aggiunge – ha paralizzato tutte le piccole amministrazioni, anche quelle virtuose. Un taglio di risorse di circa il 50 per cento è un atto irresponsabile che conferma, da una parte, la leggerezza del Governo regionale (ma va! ndr), dallaltra la mancanza di una politica di rilancio degli enti locali, necessaria a generare politiche di sviluppo.
Se in sede di approvazione dello strumento economico – ribadisce Grasso – ci fosse stata una battaglia sinergica tra Comuni e Parlamento, al di là del colore politico, così come Grande Sud da mesi aveva sollecitato attraverso emendamenti, forse oggi i Comuni non sarebbero arrivati al dissesto finanziario.
Il Governo regionale – concluso la parlamentare di Grande Sud Pid – deve ridare dignità agli enti locali e, prima che sia troppo tardi, è necessario che gli addetti ai lavori si mettano allopera e correggano le anomalie. Diversamente, il 2013 consegnerà il fallimento di molti Comuni, preposti a rappresentare in trincea le istituzioni.
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