Bagheria, nessuna Tari per chi denuncia l’estorsore «Un modo per non pagare soprattutto i rifiuti umani»

«La città deve riscattarsi: chi denuncia l’estorsore non pagherà la Tari». Questa la decisione netta dell’amministrazione comunale di Bagheria, dopo l’ultima operazione denominata Nuova alba che pochi giorni fa ha coinvolto la città e che ha portato all’arresto di sedici persone, Pino Scaduto in testa, lo storico boss arrestato nel 2008 con l’operazione Perseo e uscito dal carcere solo lo scorso aprile. Le accuse sono, a vario titolo, di appartenere a Cosa nostra e di estorsione aggravata dal metodo mafioso. «Abbiamo pensato che spingere i commercianti a denunciare aiuterebbe la magistratura nelle indagini – spiega a MeridioNews il sindaco Patrizio Cinque -. Chi denuncia spesso però si ritrova isolato per svariati motivi e paradossalmente ad avere gravi problemi economici che minano la sopravvivenza stessa dell’azienda. È successo a Napoli ad un parrucchiere».

Ecco perché il primo cittadino ha pensato di sollecitare ulteriormente i suoi concittadini a prendere la scelta giusta denunciando le richieste di pizzo, fornendo loro un motivo in più per farlo, quello del vantaggio economico. «Un aiuto di questo tipo, da parte della comunità, non può che aiutare gli imprenditori nel percorso lungo e complesso, sia dal punto di vista giuridico che psicologico – continua il sindaco -. I commercianti che decidono di denunciare non vanno lasciati soli ma aiutati. Il vantaggio morale adesso è anche economico. A questo punto i commercianti possono decidere di non pagare i rifiuti in tutti i sensi, sia quelli umani, cioè gli estorsori, sia quelli che produce l’attività, senza dimenticare di differenziare». Le parole chiave a Bagheria, perciò, da adesso saranno detassazione e distanza da tutto quello che è legato alla mafia. E malgrado l’annuncio di questa iniziativa risalga a due giorni fa, l’idea sta già raccogliendo non pochi consensi, e non solo in Sicilia.

«La mia città è la città delle ville, una città che dovrebbe essere famosa non per la mafia ma per le sue bellezze – dice ancora Cinque -. Bagheria è la sorella minore di Palermo, dovrebbe vivere di altro. Ma purtroppo la cronaca nera spesso fa più notizia delle cose belle». Tuttavia, il primo cittadino bagherese è convinto che la comunità abbia da tempo assunto un volto nuovo rispetto a quello degli anni passati, soprattutto grazie all’impegno di chi ogni giorno decide con coraggio di mettere ai margini i soliti noti di Cosa nostra. «Come amministrazione non ci siamo mai sentiti soli grazie al supporto dei cittadini. Qualche anno fa c’è stato anche un sussulto di orgoglio da parte di molti imprenditori locali che hanno denunciato, e adesso vogliamo dare una mano in primis contro l’isolamento che spesso ne consegue», dice il sindaco Cinque.

La città di quello che il testimone di giustizia Angelo Niceta ha definito il numero due di Cosa nostra, libero da appena sei mesi e già di nuovo impegnato per ricostruire la commissione provinciale dell’organizzazione, è stata in passato anche residenza ideale, nel 2004, di Bernardo Provenzano, così come della compagna del boss ancora latitante Matteo Messina Denaro. «Una città che vive anche di contraddizioni, ma che vanno comunque raccontate. Prendendone le distanze, abbandonando lo stile omertoso che si respirava fino a qualche anno fa – conclude Cinque -. Queste persone hanno distrutto quel tessuto culturale e morale che adesso stiamo a poco a poco ricostruendo. Prima di rifare Sicilia e siciliani, dobbiamo rifare Bagheria e i bagheresi e il messaggio è questo: denunciate, perché la vostra attività non è la loro». 

Silvia Buffa

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