Bagheria, il sindaco Cinque passa al contrattacco «Io trattato come quei boss di cui nessuno parla»

«A me interessa fare chiarezza al momento su quello che è successo, mi spiace non aver potuto fornire ai cittadini e alla stampa gli elementi che potevano eliminare ogni ombra sulla mia colpevolezza e far emergere la mia estraneità ai capi d’imputazioni. Ma capirete che c’è un tempo per tutto». Prende il via così il discorso del sindaco di Bagheria Patrizio Cinque alla conferenza stampa di questa mattina al municipio di via Ugdulena, in merito ai fatti a lui contestati con la recente indagine della Procura di Termini Imerese. Il primo cittadino bagherese, per cui era stata disposta la misura dell’obbligo di firma revocata nei giorni scorsi dal gip, è indagato per falso ideologico, violazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. Coinvolti insieme a lui anche venti altri dipendenti dell’amministrazione, compreso il dirigente comunale Onofrio Lisuzzo, l’unico a non rispondere alle domande dei magistrati, al quale il gip ha revocato il divieto di dimora, predisponendo l’obbligo di firma. A dettare il ritmo della conferenza di questa mattina sono stati i tre argomenti centrali dell’inchiesta e per i quali si chiede conto anche e soprattutto al sindaco Cinque: la gestione del Palazzetto dello Sport di Bagheria, la casa abusiva del cognato e la gestione dei rifiuti.

Il Palazzetto dello Sport
«Durante l’interrogatorio di garanzia, che certo non è un processo, ho fornito alcuni elementi che non erano, fino a quel momento, a disposizione di chi sta indagando», ha detto Cinque in conferenza stampa. Il suo riferimento è a una serie di documenti ufficiali mostrati al magistrato che farebbero emergere che il comune di Bagheria partecipa al bando di gara deliberatamente solo a termini scaduti, cioè il 31 maggio. «Produrremo altri elementi utili a chiarire ulteriormente la vicenda, adesso forse servono anche altre argomentazioni da parte di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda». Il quadro che delinea Cinque, intanto, è ben lontano da quello emerso dalla ricostruzione dei giorni scorsi. «Le indagini si sono limitate a un lasso di tempo molto breve rispetto alla durata reale di tutto il percorso relativo all’affidamento del Palazzetto. Il gip non sapeva che il Comune di Bagheria ha chiesto molto prima di questi fatti e anche recentemente, il Palazzetto in gestione pubblica esclusiva, capofila degli altri enti locali. Non sapeva che i Comuni sono stati convocati l’8 settembre 2015 in Provincia, non aveva l’atto di convocazione. Non sapeva che due giorni dopo c’è stato chiesto di conciliare le istanze pervenute da privato e pubblico. Mancano all’appello anche le nostre richieste di cogestione».

Cinque riporta quanto successo quando è stato ascoltato dal gip Michele Guarnotta, e lo cita: «Sugli altri capi d’imputazione non ho domande da farle», avrebbe detto il magistrato. e la replica di Cinque sarebbe stata: «Lei non ha domande, ma io ho comunque delle risposte da darle, ritengo che quanto ricostruito finora sia parziale», come riporta il primo cittadino di Bagheria. Anche qui, secondo lui, sarebbero molti gli elementi mancanti fra le carte dell’indagine.

La casa abusiva
«Non sapevano che l’immobile di mio cognato oggi in realtà è del Comune di Bagheria, il pm non aveva acquisito l’ordinanza di demolizione dell’immobile abusivo, non avevano il verbale di inottemperanza». Secondo Cinque, in questo caso specifico le sole intercettazioni telefoniche, in cui «si dice e non si dice», avrebbero dovuto essere integrate con delle intercettazioni ambientali, in modo da avere un quadro più chiaro. «Mancano diversi momenti, come quello in cui chiedo a mio cognato di presentare un’autodenuncia per il suo immobile, dopo quello che avevo appurato». Denuncia che in effetti viene presentata, ma non dal cognato. Qualcuno, quindi, ha usato il suo nome e la sua identità. «Non sei stato tu?», la sorpresa del sindaco quando scopre per telefono che il cognato non ha fatto nulla, ed è in questo episodio che si configura il reato di rivelazione del segreto d’ufficio, ma «viene meno la misura cautelare perché se la persona che denuncia e che riceve l’informazione sono la stessa il reato non si configura». «Questo tipo di misura a cosa può servire se non forse a rendere il caso un po’ più interessante?», chiede provocatoriamente anche uno dei legali di Cinque, l’avvocato Antonio Di Lorenzo.

Viene messo in discussione l’iniziale impianto accusatorio. «Non c’è stato alcun vantaggio in questa personale vicenda – continua Cinque – Siamo il Comune che, dopo Marsala, ha fatto più ordinanze di demolizione, da quando mi sono insediato se ne contano 111, producendo anche il fenomeno dell’autodemolizione, che qui era sconosciuto. Il fenomeno dell’abusivismo esiste, non nasce oggi e su questo io ho la mia personale opinione». Secondo il sindaco, quello dell’abusivismo potrebbe essere stato utilizzato come elemento di attacco da parte dei suoi detrattori. «Prima ero accusato di voler demolire tutto e oggi invece del contrario, che voglio sanare. Mi sto confondendo pure io. Nessuno ha mai toccato la ‘robba’ (raddoppia volontariamente la B, ndr) ai mafiosi, nessun sindaco. Questo è un principio che però non sta bene a tutti». Intanto, resta insoluto il mistero di chi, a 48 ore di distanza dai discorsi privati fra il sindaco e il cognato, abbia presentato l’istanza fasulla appropriandosi dell’identità di quest’ultimo.

La gestione dei rifiuti
«Anche in questo caso stranamente e purtroppo il pm non aveva ricostruito, spero che ora possa farlo», dice il sindaco, sorpreso che non sia mai stata indagata la gestione del passato che ha prodotto 100 milioni di euro di debito nelle casse comunali, per non parlare delle acclarate infiltrazioni mafiose. «Io non ricordo di un amministratore del Comune di Bagheria o del Coinres, di un soggetto che abbia gestito rifiuti in passato nel mio territorio che sia stato destinatario di misure cautelari. Mi sembra strano che mi stia succedendo tutto questo, ancora non ho capito perché esattamente sono seduto qua – dice – Io so per certo che, in ambito rifiuti, non volevo dare cogestioni e non volevo la Tech. Al di là del rispetto enorme che nutro per la magistratura, i vuoti li devo fare emergere, c’è un silenzio assordante nella storia di questo Comune nel mondo dei rifiuti e del contrasto alla mafia che è evidente». Il suo tono si fa sempre più diretto. Cinque fa nomi e cognomi: «Mandatemi al 41 bis, ma indagate sui responsabili, sui conniventi, so ricostruire persino io che non sono nessuno chi ha mangiato in passato con la mafia, da quattro documenti, girandomi un po’, ascoltando la vox populi. Oggi c’è Pino Scaduto in giro per Bagheria, il numero due della mafia secondo le dichiarazioni del testimone Angelo Niceta, e il numero tre Gino Mineo pure. Io sono al pari loro, obbligo di firma, e non mi piace».

Silvia Buffa

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