Neppure i morti si lasciano riposare in pace. È quello che emerge dall’operazione messa a segno all’alba dai carabinieri di Bagheria, simbolicamente denominata Caronte, che ha scoperchiato un business illecito all’interno del cimitero locale. Dove, con la complicità del custode del campo santo, si liberavano loculi aprendo le bare già tumulate e togliendo la salma, che veniva coperta da un telo e lasciata sopra la cassa o tra i rifiuti. Dieci le persone colpite dall’operazione e colpite da misura cautelare coercitiva, ritenute a vario titolo responsabili di associazione per delinquere, corruzione per esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, abuso d’ufficio, violazione di sepolcro, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, nonché violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale. Ma il giro illecito avrebbe coinvolto in realtà moltissime persone.
Sono serviti undici mesi di indagini fitte, da maggio 2017 ad aprile di quest’anno, per smascherare il giro che avveniva alla luce del sole nel piccolo cimitero di Bagheria. Gli indizi raccolti fanno ipotizzare che al vertice dell’associazione a delinquere ci fosse Pietro Mineo, che usava il campo santo per deviare e controllare l’andamento delle estumulazioni e tumulazioni, in modo da favorire l’ottenimento di profitti non dovuti attraverso la sistematica reiterazione di condotte di corruzione in violazione dei criteri di efficienza, trasparenza e buona organizzazione del servizio pubblico affidato al cimitero, oltre che in violazione del rispetto dei defunti. Tanti anche gli episodi di corruzione documentati dagli investigatori, commessi da imprenditori locali operanti nel settore delle onoranze funebri e privati cittadini, in favore dei dipendenti cimiteriali (appartenenti all’associazione per delinquere), finalizzati ad ottenere una rapida tumulazione delle salme, indipendentemente dall’ordine cronologico di ingresso al cimitero, riducendo, così, notevolmente i tempi di attesa in camera mortuaria vista l’indisponibilità generale di loculi. Le salme destinate a essere sottratte al loro riposo erano indicate direttamente dai corruttori.
Ma anche reiterate violazioni delle prescrizioni imposte dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno commesse da due soggetti riconducibili alla famiglia mafiosa di Bagheria, che erano soliti effettuare i loro incontri con altri esponenti mafiosi anche all’interno di una delle principali agenzia funebre di Bagheria. Nel medesimo contesto investigativo, sono emersi elementi di colpevolezza anche a carico di ulteriori 34 persone, tra cui due funzionari del servizio cimiteriale del Comune di Bagheria, nonché impresari funebri operanti nel medesimo territorio e privati cittadini, responsabili, a vario titolo, di corruzione, favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
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