Bagheria, al via revoca sanatoria villa Guttadauro Cinque: «Chiusi due occhi, la Procura indagherà»

«Non se ne sarebbe accorto nessuno se quel giorno io non avessi fatto quel giro, se non mi fossi ricordato di quell’immobile, se non avessi chiesto di controllare. Non sarebbe successo niente se non fossi andato oltre». Sono le parole di Patrizio Cinque, sindaco di Bagheria, che pochi giorni fa, a seguito di indagini e accertamenti nati quasi per caso, ha deciso di revocare la sanatoria concessa alla residenza estiva della famiglia Guttadauro, storico nome della mafia bagherese. È il 19 febbraio, lo ricorda bene il sindaco, sta passeggiando nella zona che costeggia quel tratto di spiaggia. Lo nota quasi subito: in quella famosa villetta c’è allestito un cantiere. La cosa lo colpisce e il giorno dopo chiama la polizia municipale per un controllo. «Tutto in regola», si sente rispondere dai funzionari. Ci sono i documenti, ci sono i permessi e le autorizzazioni. Ma qualcosa ancora non torna. «Quell’immobile nemmeno doveva esistere», dice il primo cittadino pentastellato.

Secondo la legge Galasso non si può edificare entro 150 metri dalla battigia. A meno che non si tratti di immobili preesistenti al 1976 e per i quali, attraverso specifiche vie burocratiche, è possibile sanare eventuali abusi edilizi. In caso contrario non si può fare nulla. «La villetta ricade all’interno di questa fascia, si trova addirittura a 120 metri dalla linea della battigia – spiega il sindaco – Significa che questa è una zona dove vige un vincolo di inedificabilità assoluta, non si può costruire nulla». Il primo cittadino è preparato, conosce gli edifici bagheresi, è convinto che quello non preesista alla data imposta dalla legge. Così dà il via a una vera e propria indagine ad ampio raggio. «Avremmo dovuto trovare una vecchia ordinanza di demolizione, che però in passato nessuno ha mai preparato». Cinque allora impugna la pratica e inizia a spulciarla in lungo e in largo. «Mi accorgo che effettivamente i proprietari avevano una concessione di edilizia in sanatoria datata 2012, ma sapevo che era impossibile che l’avessero ottenuta in quella data».

Dopo letture più approfondite, il primo cittadino bagherese si rende conto che la pratica si basa su «presupposti e impostazioni false»: spariti i 120 metri dalla battigia, sparito quindi anche il vincolo di inedificabilità assoluta. La prassi vuole che inizialmente si richieda una perizia dell’immobile, il secondo passaggio è poi richiedere il nulla osta alla Soprintendenza e una restituzione Sas, cioè «una perizia giurata rilasciata da questa società che ha tutte le foto aeree della Sicilia e che sono un titolo giuridico a tutti gli effetti che testimoniano il fatto che quell’immobile in una determinata data era presente o meno. «Nel nostro fascicolo non abbiamo questa restituzione, ma è normale perché secondo gli uffici non rientrava entro i 150 metri. Ma per la Soprintendenza ci siamo dentro – spiega – però la stessa Soprintendenza nel suo nulla osta richiama a una perizia giurata della Sas dove si dichiara che quell’immobile è esistente già dagli anni ’60».

«Informazione falsa – continua – si può vedere tranquillamente da Google Earth che quell’immobile non esisteva prima del 2002. Viene costruito abusivamente intorno al 2002-03, prima c’è il vuoto assoluto. È molto strano che i tecnici abbiano sbagliato. Sorge il dubbio che sia stato fatto un favore a qualcuno, che siano stati chiusi non uno ma due occhi».Per vederci chiaro il sindaco ha formalmente chiesto alla Procura di indagare. «Se quell’immobile fosse realmente esistito negli anni ’60, non ci sarebbe stato alcun bisogno di presentare una pratica di condono edilizio, l’immobile sarebbe stato sanato secondo un’altra procedura, e la Soprintendenza che è fatta di tecnici lo sa benissimo», insiste. A preoccupare il primo cittadino è che la possibilità che non si tratti di un caso isolato. «Abbiamo il dubbio che ci troviamo di fronte a un sistema. Adesso revocheremo la concessione edilizia in sanatoria, ma io ho già fatto un esposto ai carabinieri chiedendo di verificare se ci sono profili di illeicità rispetto a quanto è successo. Io non posso accusare nessuno, però ci sono molte cose anomale».

Un campanello d’allarme avrebbe dovuto essere, per i funzionari incappati nella pratica, il cognome dei proprietari, «inutile nasconderci, lo sappiamo tutti, questo a maggior ragione doveva sollecitare un’attenzione maggiore». «Non so se i Guttadauro ne siano al corrente, non ho rapporti con loro – conclude – Ma sono tranquillo, ho fatto quello che andava fatto».

Silvia Buffa

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