Lo hanno accerchiato, preso a schiaffi in faccia e insultato. Poi lo hanno invitato ad appartarsi per fare a pugni. Il motivo? Non c’è. Rashmi – nome di fantasia -, 15 anni, nato in Italia da genitori stranieri, è soltanto l‘ultima vittima del sabato sera nel centro di Catania. In un triangolo, quello compreso tra piazza Stesicoro, piazza Duomo e piazza Teatro Massimo, trasformato in un far-west. Dove scorrazzano gruppi di minorenni, formati da non meno di dieci persone, quasi sempre di sesso maschile. Le loro vittime, almeno quelle che hanno deciso di raccontare i fatti, sono Giuseppe, Salvo, Francesco, Sergio, Maria, Aaron e per ultimo Rashmi. Un lungo elenco di nomi e testimonianze che MeridioNews ha messo in fila per fare emergere il disagio e la preoccupazione di chi deve fare i conti con la violenza, esercitata in maniera organizzata e con l’obiettivo finale di causare risse.
Un ragazzo più grande mi ha colpito con un calcio alla schiena
Le vittime solitamente decidono di non replicare, scappando o rimanendo pietrificate dalla paura davanti a una situazione del tutto inaspettata. «Ci eravamo radunati per organizzarci sul posto da scegliere per mangiare una piazza. Eravamo cinque o sei quando si è avvicinato un ragazzino». Rashmi nel suo racconto sviscera i dettagli, convinto a parlare dopo avere letto le testimonianze dei suoi coetanei. «Era più piccolo di noi – continua, riferendosi all’aggressore – e ci ha preso subito a schiaffi in faccia. Istintivamente l’ho allontanato, invitandolo a stare fermo». La reazione della controparte non si fa attendere e interviene un complice del primo bullo: «Era più grande e mi ha colpito con un calcio verso la schiena».
L’unica via di salvezza per il gruppo di Rashmi diventa il vicino Mc Donald’s. Locale dove il gruppo, come fanno in tanti, entra nel tentativo di dissuadere la baby gang. Da dentro però vengono invitati a uscire: «Una guardia giurata ci ha detto che non potevamo stare dentro la sala senza consumare, invitandoci a parlare con un suo collega fermo all’ingresso». L’uomo, secondo la ricostruzione e su indicazione delle vittime, riesce a individuare i bulli del sabato sera: «Gli ha detto di fermarsi», racconta il testimone. Ma il gruppo non molla la presa.
Vittime e carnefici a questo punto si spostano lungo via Etnea, fino a quando le prime decidono di separarsi per provare a fare perdere le loro tracce. «Ci hanno seguito lo stesso – continua il ragazzo -. Erano almeno 15 persone e un mio amico si è pure accorto che qualcuno gli aveva portato via lo smartphone». Da uno spostamento all’altro, il palcoscenico torna a essere piazza Stesicoro. «Sono tornati e il ragazzino piccolo, insieme a un 30enne, ha provato a spingermi colpendomi con una manata in faccia. Mi guardavano in maniera aggressiva e mi hanno invitato ad appartarci per fare a pugni. Mi insultavano in dialetto siciliano». A questo punto l’unica soluzione è la fuga «verso piazza Europa, che forse è una zona più tranquilla».
Il gruppo ha denunciato il furto del telefono ai carabinieri ma le speranze di ritrovarlo sono ridotte al lumicino. Rashmi, però, ha una certezza però: «Non torneremo, almeno per il momento, in quella zona di Catania. Per me è la prima volta che mi ritrovo in queste situazioni e ho deciso di non replicare». Il motivo? «Faccio karate e non considero giusto fare del male, sopratutto a una persona più piccola di me».
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