Le giornate che scandiscono il mese di marzo 2022, dal tono asincrono rispetto al capolavoro musicale di
Loretta Goggi, ben si mimetizzano con il cinismo della nostra rubrica, impudenti e sfacciate nel resistere al
passaggio di testimone stagionale. Esiste, però, una sorta di coerenza tra il meteo e lo stato d’animo umano, in quanto l’affanno dell’inverno
che non si rassegna ad abbandonare la nave, pennellando di grigio e umido freddo i nostri giorni, può
considerarsi in pendant con l’umore di ciascuno di noi.
Giorni grigi, tristi e bui quelli che abbiamo appena vissuto e che ci accingiamo a trascorrere. Giorni in cui l’orrore della storia, come ciclicamente accade, si ripropone con la stessa tracotanza di chi non
ha imparato la lezione. Per questa ragione l’appuntamento del mese non mira ad approfondire un termine giuridico per canzonarlo
bonariamente con una cinica interpretazione circostanziata alla realtà. Questo articolo guarderà solo
all’uomo, alla persona e al suo rapporto con la contingenza del momento.
Perché?
Perché le lusinghe giuridiche, di fronte alle tragedie della guerra, non meritano alcun inchino, dimostrando
semmai quanto le regole diventino inutili se non accompagnate da serie volontà e dimostrazioni tangibili di
rispetto. Proprio la legge, il concetto di giustizia e il suono rimbombante della sua astrazione diventano
un’arma a doppio taglio se pronunciate da anacronistici, ignobili criminali al potere. Così come il senso di alleanza tra Stati, la comunione di intenti internazionale e il supporto pares inter
pares smette di essere credibile se mentre si discute nei saloni patinati un intero popolo scappa sotto il
fragore delle bombe, improvvisando capacità militari e inventando offensive difensive, imbracciando fucili
che pesano più delle molotov home-made appena assemblate.
Questo mese, dunque, per garantire la continuità delle lettere alfabetiche fino ad ora trattate, ci
soffermiamo sulla H e riflettiamo insieme sul concetto di: HIC et NUNC. La locuzione richiamata è un’espressione della lingua latina che significa “qui ed ora”, dal piglio imperativo
che ricorda il tono di un ordine, “subito, immediatamente”.
È un’idea, sussunta in un termine, che mi consiglio e vi consiglio di caldeggiare, non tanto per il fatalistico
inneggiamento che esprime, quanto per una quadratura del cerchio onesta dell’attualità in cui stiamo
vivendo. Pandemia, reclusione, malattia, sofferenza, distacco, conflitti bellici, confusione, morte, incertezza,
aumento dei prezzi e mancanza di risorse, militarizzazione, sanzioni, minacce.
Sebbene la pressione psicologica subita dalle masse sia alle stelle, non bisogna cedere il passo a deprimenti
piagnistei di vittimismo. Pertanto, ad ogni azione deve seguire una reazione, che nell’ottica cinica di chi
scrive si sostanzia nel vivere hic et nunc. Basta programmi a lungo termine e manie di controllo. Basta calendarizzare al minuto i prossimi 365 giorni
delle nostre importanti vite di professionisti d’assalto, uomini d’affari, genitori ansiosi e single sulla cresta
dell’onda. Sarebbe onestamente tempo sprecato per l’incertezza in cui siamo avvolti e fatica inutile
sottratta all’ora di allenamento con il personal trainer.
Il suggerimento di oggi, pertanto, è quello di operare un re-start e pensare alla vita come un’occasione da
gustare, assaporare ogni minuto, con spirito di sorpresa, improvvisazione e spontaneità che manca nei nostri occhi già dalla prima elementare (forse). Non è il momento di affannarsi a costruire progetti galattici,
non è tempo di programmare svolte epocali.
Questo è il tempo di oggi, senza un domani, tempo di sensazioni, affetti, famiglia e ascolto. Tempo di
preghiera, a chiunque rivolta. Ma è un tempo da vivere adesso, in questo momento. Qualunque cosa si
voglia fare, non sia procrastinata. Per godere del concetto di attimo, sottovalutato e dimenticato da un
pezzo.
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