Durante le prime 24 ore della visita di Toninelli in Sicilia, seppur con qualche flebile stoccata reciproca, il rapporto tra il ministro dei Trasporti e il governo regionale è rimasto nei confini della diplomazia istituzionale. Eppure il fuoco covava sotto la cenere. Da tempo. Così al secondo giorno il conflitto esplode ai piedi della frana di Letojanni che da oltre tre anni e mezzo tiene chiusa la carreggiata dell’autostrada A18 in direzione Catania. Toninelli, circondato dai deputati siciliani del Movimento 5 stelle e dai tecnici del ministero, denuncia tutta l’assurdità di un’autostrada rimasta incredibilmente ostaggio di una frana per troppo tempo. E apre lo scontro con il Consorzio autostrade siciliano, minacciando di revocare all’ente la concessione, visto che «rimangono 541 inadempimenti» mai sanati. Una fotografia vera, impietosa ma che non dice tutto.
La storia recente del Consorzio autostrade siciliano – ente interamente controllato dalla Regione che per conto dello Stato gestisce 300 chilometri di autostrade nell’isola (la A18 Catania-Messina, la A20 Palermo-Messina e la Siracusa-Gela, operativa fino a Rosolini) – è segnata da numerose diffide da parte del ministero dei Trasporti, a partire già dal 2007. A dicembre del 2014 la Direzione generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali mette in fila ben 838 non conformità e intima al Cas di provvedere a sanarle, pena la revoca della concessione. Ma da una verifica di settembre del 2017 i tecnici del ministero contano ancora 541 inadempienze non sanate. È questo il numero citato ieri da Toninelli. Si tratta soprattutto di criticità legate alla sicurezza degli automobilisti: buche, problemi a guardrail, segnaletica, illuminazione, gallerie. Da quella data il ministero ha chiesto un piano operativo per il loro superamento. Che, stando a quanto riferiscono dallo stesso ministero, è arrivato soltanto il 12 febbraio del 2019. E porta la firma della nuova governance voluta da Musumeci e insediatasi ad aprile del 2018, dopo che i precedenti vertici sono finiti indagati in diverse inchieste.
«Dare i numeri degli inadempimenti senza contestualizzare è solo manfrina – spiega Salvatore Minaldi, direttore generale del Cas – Mi sono insediato ad aprile del 2018 e al Cas non c’era nessun progetto: sfido chiunque a sanare 541 non conformità in poco tempo. Noi dobbiamo farlo giustamente rispettando le leggi: non posso fare affidamenti diretti e non posso chiudere l’autostrada. Altrimenti mi arrestano». Davanti ai tecnici del ministero, lo scorso 25 febbraio, Minaldi ha portato i numeri del 2018 – 22 milioni spesi per la manutenzione ordinaria «mentre nel 2016 e 2017 se n’erano spesi la metà» – e quelli per il piano di investimento del prossimo triennio: «120 milioni di manutenzione straordinaria e 40 di ordinaria». E ha garantito attività di monitoraggio dei viadotti sulla base di un protocollo sottoscritto con l’università di Messina.
Alcuni appalti fondamentali e già finanziati – la pavimentazione della A18 tra Giarre e Messina, quella sulla A20 da Rometta a Patti, l’installazione dei pannelli per i messaggi su entrambe le autostrade, la sostituzione dei guardrail sulla A18 – hanno dovuto attendere il via libera del provveditorato delle opere pubbliche, ente che dipende dallo stesso ministero. «Con questi lavori in un colpo solo annulleremo centinaia di inadempimenti, perché anche solo una buca è un inadempimento – spiega Minaldi – per questo dare numeri senza spiegare non ha senso».
Nell’incontro del 25 febbraio il ministero è andato oltre il piano di investimento, chiedendo al Cas di sottoscrivere «senza indugio» una nuova convenzione aggiornata che recepisca «le attuali disposizioni normative». «Al momento – fanno sapere dal ministero – il consorzio non ha dato seguito alle richieste rappresentate nella riunione del 25 febbraio».
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