Autismo, sentenza su correlazione con il vaccino Faraone: «Per l’Oms non c’è una prova scientifica»

Una sentenza storica, proprio in Sicilia, ad Agrigento, accoglie la tesi di una correlazione tra la somministrazione del vaccino tetravalente e l’autismo. Il mondo dei genitori dei ragazzi affetti da autismo è letteralmente spaccato in due, tra chi vede un rapporto di causa ed effetto tra vaccini e patologia e chi invece si fida della comunità scientifica. Tra questi, il sottosegretario all’Istruzione e presidente della Fondazione Italiana Autismo, Davide Faraone, che ne è certo: tra vaccini e autismo «non c’è alcun nesso scientificamente evidente».

Sottosegretario, ha letto della sentenza che condanna il Ministero della Sanità a risarcire la famiglia di un ragazzo autistico?
La sentenza del Tar Sicilia mi sembra sia una sentenza legata a questioni amministrative e procedurali. Sulla connessione tra vaccino e autismo sia l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità, ndr), che una vasta letteratura internazionale si sono espressi piuttosto chiaramente: non c’è alcun nesso scientificamente evidente. Certo, è indubbio che le cause che portano a questo disturbo sono sconosciute e dobbiamo intervenire sempre con maggiore determinazione per sollecitare e promuovere una ricerca, approfondita e libera da condizionamenti. E questo lo stiamo facendo sia come governo che come Fondazione italiana autismo, che ho l’onore di presiedere.

Da quando è sottosegretario si è impegnato nel sostegno alle famiglie di ragazzi autistici, a cominciare da ParlAutismo. Quali risultati sono stati ottenuti?
ParlAutismo è stata ed è nel territorio siciliano una realtà imprescindibile per chi si ritrova a fronteggiare questo disturbo e vuole imparare a conviverci giorno dopo giorno. Nel nostro Paese esiste una galassia disseminata di associazioni che si occupano del sostegno a persone con autismo e alle loro famiglie. Quando scopri che tuo figlio o tua figlia sono affetti da autismo, da genitore sei disorientato. Spesso molti di noi non conoscevano questo disturbo prima della diagnosi dello specialista. Il primo impulso è cercare su Google per farsi un’idea. 

Insomma, una rete di sostegno è fondamentale.
Le associazioni svolgono un ruolo importante di appoggio e di risposta. Ma possono fare molto di più quando si costituiscono in rete. Da quando ho cominciato a ricoprire il ruolo di sottosegretario ho capito che la mia esperienza di padre di una bambina autistica poteva essere determinante per costruire condizioni di vita migliore per queste persone. A partire dalla scuola, che in molti casi è un luogo d’inclusione privilegiato, ma anche oltre. Per questo è nata appena un anno fa la Fondazione italiana autismo, una fondazione nazionale punto di riferimento per tutte le associazioni sorte in questi anni in Italia. Costruendo una rete e mettendo insieme le forze stiamo cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e di dare risposta a problemi di tutti i giorni di questi ragazzi e delle loro famiglie. 

Le viene in mente un episodio in particolare?
Lo scorso 2 aprile, la giornata che l’Onu ha dedicato all’autismo, abbiamo avviato una raccolta fondi insieme alla Rai. Con queste risorse stiamo finanziando progetti di ricerca e non solo. Sono risultati tangibili. Per non parlare poi di quello che questo governo ha fatto solo nell’ultimo anno: la prima legge sull’autismo, il cosiddetto Dopo di noi, la delega sul sostegno all’interno della Buona Scuola.

In un’intervista al Corriere della Sera ha anche raccontato la sua esperienza personale. Com’è cambiato nel tempo il rapporto con sua figlia?
Forse quello che è cambiato non è il mio rapporto con Sara. Ma il mio rapporto con gli altri rispetto a Sara. Come genitore ho vissuto momenti di grande solitudine, preso da mille domande e con l’affannosa ricerca di soluzione per un disturbo che non conoscevo. Quando, superando il mio egoismo, ho compreso che Sara era una persona che oltre a ricevere era in grado di dare tanto, mi sono lasciato andare in un rapporto padre-figlia gratificante e intenso. Abbiamo dovuto semplicemente trovare il nostro modo di comunicare, di raccontarci l’un l’altro. Lo facciamo attraverso Whatsapp – è bravissima con smartphone, tablet e simili – lo facciamo attraverso i disegni, un momento tutto nostro in cui ci incontriamo e comunichiamo colorando principesse e animali fantastici che realizzo su richiesta per lei. Questa serenità mi consente di portare avanti la mia testimonianza, di sollecitare altri genitori a venir fuori, a far comprendere che l’isolamento non produce nulla di buono. Oggi c’è una società più attenta, disponibile non solo ad accogliere in modo passivo, ma a comprendere fino in fondo che in ognuno c’è un patrimonio che vale la pena conoscere, perché è una ricchezza di cui tutti abbiamo bisogno.

Tornando al ruolo che le istituzioni devono avere nel sostegno alle famiglie, lei accennava già al Dopo di noi.
Con questa legge, che tra le altre cose stabilisce la creazione di un fondo con risorse pubbliche e private per la tutela e l’assistenza di disabili gravi, affrontiamo per la prima volta la questione in termini sociali, e non più sanitari, così come è stato in passato. Un traguardo atteso da troppi anni. Una legge di civiltà che rappresenta una speranza per tanti genitori. Il riconoscimento al diritto di tutti di vivere, e non sopravvivere, in ambienti adeguati e non in strutture sanitarie che troppe volte abbiamo visto diventano dei lager. 

Quali sono i prossimi obiettivi?
C’è sicuramente un insieme a noi che va migliorato. In ambito scolastico sono stati raggiunti obiettivi importanti, ma non basta. Non possiamo immaginare che la vita scolastica coincida con la vita sociale e che al termine del percorso di studi sia soltanto la famiglia a farsi carico del ragazzo con disabilità, spesso inghiottita essa stessa in un vortice che isola. Oggi è possibile progettare altro, per esempio stiamo lavorando a un progetto di alternanza scuola-lavoro in agricoltura con il coinvolgimento dei disabili, puntando a valorizzare le peculiarità di ognuno. Un’esperienza di socializzazione e di formazione che offrirà opportunità di lavoro vero.

In occasione del voto sul Dopo di noi, a votare contro è stato il Movimento 5 Stelle. Secondo lei riuscirete mai a instaurare un dialogo coi grillini?
Su certi temi la politica non dovrebbe dividersi, anzi. Soprattutto quando si tratta di prime volte, quando ci si fa carico di dare risposte attese da decenni. Qui non c’entrano né colori né bandiere. Si tratta di fare politica, intesa come servizio al bene comune. E su questo è evidente che non ci sia alcuna barriera da parte nostra. Sta a vedere cosa ci sia dietro l’ammutinamento loro.

Miriam Di Peri

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