Augusta: chiuso l’hotspot, esulta amministrazione M5s Ma a Pozzallo fermi da luglio i ricollocamenti promessi

In Sicilia c’è un hotspot (centro di prima accoglienza) che chiude, ad Augusta, e un altro, a Pozzallo, dove i migranti, anziché restare al massimo 72 ore come prevede la legge, sono lì da luglio, in attesa di quei ricollocamenti in diversi Paesi europei annunciati e sbandierati dal governo nazionale come una vittoria politica in Europa, ma che in realtà sono quasi del tutto fermi. Il risultato è che il centro ragusano negli ultimi mesi non può più essere definito un centro di prima accoglienza. «Prima – spiega il sindaco Roberto Ammatuna – la città non soffriva la presenza dei migranti. Si vedevano raramente in giro, perché rimanevano all’interno del centro per due-tre giorni e poi venivano portati altrove. Oggi invece noi viviamo un paradosso: in Italia gli sbarchi sono drasticamente diminuiti, ma a Pozzallo abbiamo più migranti e sono maggiormente presenti in città, perché dei ricollocamenti non se n’è saputo più niente». Aria diversa si respira ad Augusta, città amministrata dal Movimento 5 stelle, dove pochi giorni fa è stato chiuso l’hotspot all’interno del porto, che nel 2017 è stato destinatario del maggior numero di arrivi in Italia e nei primi nove mesi del 2018, stando ai più recenti dati del Viminale, si attesta al quarto posto con 2.478 migranti. 

Lo scorso lunedì il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, del Movimento 5 stelle, si è recato personalmente ad Augusta e, accanto alla sindaca Cettina Di Pietro, ha dato l’annuncio: «Grazie al governo del cambiamento e all’azione decisa del Viminale, portiamo a casa una riduzione dell’80 per cento di tutti gli sbarchi. Tale riduzione, coinvolge anche Augusta. Siamo il governo del cambiamento ma anche il governo del buon senso. Per cui, tale situazione così mutata ci ha fatto immediatamente rivedere i piani. In data 13 settembre 2018 abbiamo dato il via allo stop del progetto dell’hotspot nel porto commerciale».

Per anni l’hotspot di Augusta è stata una semplice tendopoli all’interno dell’area portuale, con sette bagni chimici e dieci docce e caratteristiche insufficienti per ospitare centinaia di migranti. Per questo, nel dicembre del 2017, Invitalia, agenzia del ministero dell’Economia, ha pubblicato una gara d’appalto del valore di oltre tre milioni di euro per la realizzazione di «una tendostruttura e moduli prefabbricati da destinare a centro attrezzato per primo soccorso, identificazione e accoglienza dei migranti». A marzo l’appalto è stato aggiudicato, per il valore di 2,2 milioni, a un’Associazione temporanea d’imprese formata da tre società: la Tomasino Metalzinco di Cammarata, la Fmb Tubes srl di Reggio Calabria e la M.P. Impianti di Montinsanti Andrea di Palermo. I lavori erano in fase avanzata quando è arrivato lo stop da parte del ministero. 

Un grande regalo da parte del governo nazionale M5s-Lega all’amministrazione grillina di Augusta che prima aveva chiesto la chiusura del centro, supportata dall’Autorità portuale, ma poi, a luglio del 2017, aveva sottoscritto un accordo con il Viminale per la realizzazione della nuova tendostruttura, in attesa dell’individuazione di un sito alternativo fuori dal porto ma sempre nelle immediate vicinanze. Una soluzione salutata in quel momento dalla prima cittadina pentastellata come «un assoluto successo».

Che fine farà l’appalto da 2,2 milioni già assegnato? Il sottosegretario Sibilia ha detto che «l’opera in costruzione ad Augusta verrà destinata ad altri hotspot che hanno necessità di avere strutture migliori. Visto che ci potranno essere sbarchi autonomi – ha aggiunto – i migranti saranno portati in altri luoghi. Augusta smette di avere sbarchi. E chi sbarca a Siracusa non sarà portato qui. C’è Pozzallo e ci sono altre strutture in Sicilia e sul territorio nazionale. L’appalto viene sospeso e 2,5 milioni saranno dirottati in altre strutture». In realtà alle imprese che avevano già iniziato i lavori non è stata al momento comunicata alcuna soluzione alternativa. Lo stop è arrivato improvviso e inaspettato, quando l’investimento era già a buon punto. Al momento i privati aspettano «non senza preoccupazione» l’evolversi della vicenda che uno di loro definisce «delicata», e per cui non si esclude il ricorso alle «tutele che ci garantisce la legge».

Insomma, la decisione politica di liberare Augusta dalla presenza dell’hotspot rischia di avere conseguenze su più fronti. E a pagare potrebbe essere Pozzallo, unico altro centro di prima accoglienza della Sicilia orientale. Dei 450 migranti sbarcati il 15 luglio – dopo le resistenze del ministro Salvini e al culmine di due giorni di attesa nella rada del porto, un caso che anticipò quello della nave Diciotti a Catania –  «solo 48 sono stati trasferiti in Francia», spiega il sindaco Roberto Ammatuna, nonostante fosse stata annunciata la disponibilità di altri Paesi, come Germania, Spagna, Portogallo e Irlanda. Di quel gruppo a Pozzallo ne restano ancora 105, i restanti sono stati trasferiti in altre strutture italiane mentre circa cinquanta sono scomparsi. 

«Una ventina di giorni fa è venuta la commissione tedesca per valutare i ricollocamenti, ma non ha dato finora alcuna risposta – aggiunge il sindaco -. A me interessa poco della chiusura di Augusta, non voglio fare polemiche, mi preoccupa di più la politica migratoria di questo governo che di fatto ha stravolto la natura del nostro hotspot senza però riuscire ad avviare i ricollocamenti promessi».

Salvo Catalano

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