Asili nido, scontro sul nuovo regolamento L’assessore: «L’alternativa è la chiusura»

«Per mantenere gli asili aperti non potevamo fare altrimenti, perché dobbiamo rispettare l’obbligo della compartecipazione dell’utente al 36 per cento delle spese sostenute dal Comune. Obbligo mai rispettato e che rappresenta uno dei motivi che hanno portato al dissesto economico». Difende così l’assessore Fiorentino Trojano l’operato dell’amministrazione etnea dalle accuse al nuovo regolamento per gli asili comunali. Accuse mosse dal movimento politico Catania bene comune che considera le nuove prescrizioni «un cambiamento radicale che produrrà la progressiva privatizzazione degli asili nido e la dequalificazione del servizio ai bambini».

Se da una parte, dunque, il sindaco Enzo Bianco parla di «un piccolo miracolo» e i sindacati – Cisl, Cgil, Uil e Ugl – esultano per essere riusciti a scongiurare la chiusura di 14 dei 15 asili comunali – «Uno era in affitto e per legge non potevamo proprio tenerlo», spiega l’assessore Trojano – altri se ne lamentano.

Il dito è puntato soprattutto sul cambio delle modalità di contributo da parte delle famiglie: prima in base al reddito secondo 60 diverse fasce di appartenenza, adesso con un contributo unico differenziato per la mezza o l’intera giornata. «140 euro mensili per il periodo dalle 7.30 alle 14 e 250 per chi resta dalle 7.30 alle 18.30», si legge sul comunicato del Comune. Un aspetto del piano, questo, definito «pericoloso e drammatico» da Catania bene comune. Perché «chi, con un reddito di 500 euro mensili, pagava 24 euro adesso ne dovrà pagare 250: dieci volte di più». In generale, comunque, aggiungono: «Aumenti esorbitanti coinvolgeranno tutti i redditi bassi, i nuclei familiari più bisognosi di asili nido pubblici». Non solo. «Beffardamente», continuano, chi invece fa parte della fascia più alta di reddito, con il nuovo piano «vedrà ridursi il costo dell’asilo da 270 euro a 250».

Una situazione che l’assessore non nega, ma che considera vincolata e quindi giustificata dall’obbligo di legge sulla compartecipazione. «Con la vecchia organizzazione contributiva riuscivamo a coprire solo il dieci per cento delle spese, ovvero riuscivamo a ottenere solo 400 mila euro circa a fronte dell’obbligo del 36 per cento e quindi di un milione e seicento mila euro di cui abbiamo bisogno», spiega l’assessore. «Mi rendo conto che è una situazione difficile per le famiglie – continua – Ma, se non garantiamo la contribuzione richiesta, perderemo 72 milioni di euro del fondo di rotazione. Meglio della chiusura totale, come prevedeva il piano, credo».

Studiate già alcune modifiche alle rette comunque. Solo per cento bambini dai redditi più bassi e solo per chi frequenta di mattina, ci sarà una riduzione del contributo da 140 a 95 euro. Saranno invece ritoccati leggermente al rialzo i contributi standard: 145 euro per la frequenza della mattina e 260 per l’intera giornata. «È l’unica cosa che siamo riusciti a fare per aiutare le famiglie», dice Fiorentino Trojano. Un cambio di contribuzione che sarà approvato direttamente dalla giunta, ma solo dopo il via libera al piano di rientro e al nuovo regolamento da parte del consiglio comunale.

Ma non solo di questo si lamentano da Catania bene comune. Denunciano infatti un cambio nel rapporto bambini-educatori «che crescerà a uno a dieci senza distinzioni tra autosufficienti e lattanti» e una violazione della normativa tramite «l’esternalizzazione del servizio pomeridiano affidando a cooperative private anche la cura dei bambini e con una conseguente riduzione degli educatori comunali da 135 a 100». Secondo l’amministrazione comunale però, è tutto regolare. «La legge ci dice che devono essere persone specializzate e siamo sicuri che dalla cooperativa rispetteranno questi termini» dice l’assessore. Rilancia poi con le positività del nuovo documento: «Non solo si aumenta, seppure con un calcolo ipotetico, il numero dei bambini a cui dirigere il servizio (da 530 a 740 leggiamo sul comunicato del Comune, ndr), aumentiamo le ore e i mesi e risparmiamo pure».

Trojano spiega quindi che i dipendenti comunali, «che comunque coprono il servizio ogni mattina», rappresentano un costo fisso che va considerato a prescindere dalle esigenze, ovvero dal numero degli iscritti. «Esternalizzando il servizio per il pomeriggio, invece – continua – chiamiamo gli operatori in base all’affluenza». I dipendenti comunali saranno quindi «riqualificati e destinati ad altra mansione tramite mobilità volontaria», aggiunge. Per quanto riguarda il rapporto tra operatori e bambini, infine, l’assessore rimanda al mittente le accuse di averlo stravolto. «In base all’accordo con i sindacati – dichiara – rimane il rapporto di uno a sei per i lattanti, mentre è di uno a dieci per quelli da uno a tre anni».

[Foto di freesynap]

desireemiranda

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