Rapine in banca in calo ma la Sicilia è maglia nera Federazione bancari: «Serve investire in sicurezza»

Le rapine in banca in Italia sono in calo ma la Sicilia si posiziona al secondo posto in classifica, solo dopo la Lombardia. Sale sul primo gradino del podio, invece se si considera il livello di rischio (rapine ogni cento sportelli) con un valore di 1,5 rapine ogni cento sportelli. Per quanto riguarda le province siciliane, troviamo – dopo Milano e Bologna (che sono al primo e secondo posto rispettivamente con 12 e 11 rapine) – Catania al terzo posto (con sei colpi) e Palermo al sesto posto (con cinque). Sono i dati relativi all’anno 2020 che emergono da uno studio della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) di Palermo sulla scorta del Rapporto intersettoriale sulla criminalità predatoria 2021 dell’Ossif (il centro di ricerca Abi sulla sicurezza anticrimine).

Dati condizionati dalla pandemia e dai provvedimenti assunti per contenerla, che evidenziano a livello nazionale un calo dei colpi in banca pari al 56,3 per cento (da 272 rapine del 2020 a 119) e del 91 per cento dal 2011 al 2020 (da 1400 rapine a 119) con un calo delle rapine più significativo rispetto alla diminuzione degli sportelli che, nel periodo analizzato è stato del 27 per cento. «Ma non bisogna cantare vittoria – commenta Gabriele Urzì, il segretario provinciale Fabi e responsabile salute e sicurezza Fabi Palermo – in quanto sono numeri fortemente influenzati dalla pandemia e dai lockdown, con grosse differenze territoriali».

Alla Sicilia va la maglia nera per quanto riguarda l’indice di rischio, ovvero di rapine ogni cento sportelli: al primo posto troviamo Enna (3,9 rapine ogni 100 sportelli), seguita al terzo posto da Catania (2,5 colpi ogni 100 sportelli), al sesto posto Trapani (1,8 rapine ogni 100 sportelli) e al settimo Palermo (1,7 rapine ogni 100 sportelli). Inoltre, nel 2020, le rapine si sono concentrate prevalentemente nella giornata di venerdì (37 per cento dei colpi) e un quinto delle rapine totali si è concentrato nella fascia oraria tra le 15 e le 16. Inoltre, nel 43 per cento dei casi i rapinatori hanno agito in coppia, mentre nel 40 per cento dei casi si è trattato di un rapinatore solitario. Il 78 per cento delle volte hanno agito a volto coperto e quasi metà delle rapine non è durata più di tre minuti. Riguardo alle armi utilizzate il 51 per cento delle volte sono state utilizzate armi da taglio, il 23 per cento armi da fuoco e il 22 per cento sono state utilizzate minacce verbali mentre i colpi falliti sono pari al 41,2 per cento.

«Due dati devono essere evidenziati – sottolinea Urzì – il primo relativo alla circostanza che i fatti criminosi nel 2020, sono stati influenzati dalle misure disposte per contenere la pandemia. Basti pensare al primo lockdown disposto nel mese di marzo 2020, che ha avuto un impatto significativo sulla mobilità con una forte limitazione degli spostamenti e, a volte, con il blocco completo della circolazione, con evidenti effetti anche sull’andamento della delittuosità generale che è andata incontro a una brusca frenata. Poi – aggiunge il segretario di Fabi – il dato delle città siciliane, tristemente ai primi posti delle classifiche negative. Pur riconoscendo lo straordinario lavoro delle forze dell’ordine, occorre una migliore organizzazione della sicurezza da parte delle banche, interventi mirati ad attuare una più efficace strategia antirapina, sistemi difensivi più sofisticati, aumento del budget da destinare alla sicurezza, maggiore formazione del personale, strutture e apparati di controllo sempre più al passo con i tempi. E, nei casi di filiali particolarmente esposte per allocazione logistica e/o per livelli di business è insostituibile la guardiania armata che costituisce il deterrente principe per i malintenzionati. Inutile – conclude Urzì – sbandierare da parte di Abi che il sistema bancario spende quasi 580 milioni di euro all’anno in sicurezza: sono tante le voci di spesa più consistenti e, forse, meno importanti della sicurezza che sostengono i banchieri a cominciare dalle assurde e ingiustificate retribuzioni degli amministratori delegati delle banche».


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