E stamattina finalmente si è fatto il Convegno fortemente voluto dai deputati Pippo Gianni e Michele Cimino, e dal vicepresidente dell’Ars, AntonioVenturino, sul contenzioso Stato-Regione, ovvero sulla mancata applicazione dell’articolo 37 dello Statuto siciliano “uno scippo lungo 60 anni”, proprio come il titolo dell’incontro di oggi.
Diciamo subito che guardiamo con un certo scetticismo a questa classe politica che, dopo essersi lasciato sfilare il portafoglio per così tanto tempo, adesso se ne accorge e grida al ladro. E comunque non è mai troppo tardi. Onore al merito, una volta tanto. Gli interventi sono stati numerosi e brevi, nota di merito che ha distinto questo incontro da tanti ampollosi simposi che lasciano il tempo che trovano.
Tra gli altri interventi, degno di nota quello dello stesso Gianni che ha valutato il gettito da tributi sul PEL (prodotto esterno lordo), cioè il prodotto delle imprese non siciliane nel nostro territorio, con cifre a dieci zeri da far venire il capogiro. E in effetti, citando i numeri soltanto degli sportelli bancari e assicurativi presenti in Sicilia, non vi è dubbio che i conticini degli spiccioli contrattati da Bianchi e Crocetta, suonano come un semplice insulto alla nostra intelligenza.
Vogliamo ricordare anche quello di Armao, uno dei più tecnico-giuridici forse, che ha messo in guardia contro i pericoli di azzeramento di ogni specialità derivanti dalla riforma costituzionale in corso e sul fatto che il nuovo autonomismo debba puntare sull’insularità, peraltro riconosciuta ufficialmente negli stessi trattati europei.
Tra gli interventi prudenti o double-face ricordiamo quello di Fazio, che da un lato ha “rimpianto” (ma non troppo) la perdita dell’Alta Corte, dall’altra ha ricordato che la Sicilia ancora non avrebbe (per parafrasare Mattarella, lo facciamo noi) le “carte in regola” per ottenere i suoi diritti. Noi siamo corrotti, inefficienti, etc. E’ seguita una contestazione viva dall’aula e qualche tensione perché gli si ricordava che questi sono mali comuni a tutta l’Italia e comunque si sta parlando di risorse distratte alla Sicilia e non ai politici siciliani.
Dobbiamo confessare, però, che l’intervento più incisivo è stato quello del Professore Massimo Costa, che ha esordito dicendosi “stanco dei Convegni sullo Statuto”, privi di azioni concrete a valle a difesa dello stesso, Di fronte ai tanti numeri fatti ha detto che preferiva parlare di principi.
Perché i numeri cambiano e, con l’economia anchilosata da 150 anni di politiche coloniali, il PIL o il PEL non sono significativi delle reali potenzialità della Sicilia. Solo un numero, tratto dalla relazione dello statistico economico, Notarstefano, che lo aveva preceduto: se il PIL siciliano è di circa 86 miliardi, la pressione fiscale è superiore al 50 % e la Regione non ottiene più di 15 miliardi, chi si è preso il resto, anche senza contare una lira per l’art. 37? Risposta: lo Stato!
E poi ha continuato dicendo che riprendersi questi soldi non sarà una passeggiata di salute. Ci sono interessi coloniali da contrastare, che trovano resistenze fortissime, che animano campagne diffamatorie e infondate, spesso fatte condurre a siciliani, come Merlo o Buttafuoco, e finalizzate ad arrestare il processo di liberazione della Sicilia. Gli interessi continentali (Italiani, cioè, aggiungiamo meno prudentemente noi) sono insinuati anche in ARS, dove tra il dire e il non dire, alla fine ci si piega sempre agli interessi esterni.
I problemi? Due: lo Stato fa perequazione fiscale al contrario, cioè drena risorse dalle regioni povere a quelle ricche, e l’eurozona prosciuga di moneta le regioni periferiche.
Le soluzioni? altrettante. Dare tutto il gettito fiscale, compresa l’agenzia delle entrate alla Sicilia, con libertà di manovrare le imposte e accollandosi tutte le spese da un lato, e concedere l’emissione di uno strumento finanziario parallelo alla moneta legale che inietti liquidità nel sistema e che sia valido per il pagamento dei tributi. Per far questo, insomma, basta applicare il Titolo V dello Statuto, e non solo gli artt. 36, 37 e 38, ma tutti, compreso il 41 (libertà di emettere prestiti privi di interesse e a tempo indeterminato, da cui far girare la moneta complementare) e forse anche il 40 (quello della gestione autonoma delle riserve). O tutto il titolo V o niente!
E come? Non sarebbe difficile.
Basterebbe presentare un paio di leggi voto (una sul fiscale e una sul monetario-finanziario) al Parlamento dello Stato, farle supportare dalla delibera/mozione di quanti più comuni siciliani possibili, sottoporre le leggi-voto a quesito referendario consultivo. Col parere positivo a tre livelli (Popolo-Comuni-Regione), chi avrebbe a Roma il coraggio di fermare una Sicilia che finalmente chiede i propri diritti?
Ma sapranno i partiti mettere da parte ogni visibilità personale e combattere, una volta tanto, una battaglia nell’interesse comune? Su questo Costa intravede qualche problema, ma si dice fiducioso che, sotto l’attenzione dei cittadini, la rappresentanza politica trovi il coraggio (o sia costretta?) ad agire, una volta tanto.
Siamo d’accordo con lui: questa non è una provocazione, è una proposta.
Stiamo a vedere se e quale sarà la risposta.
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