Ars, per la Finanziaria la strada è tutta in salita Pioggia di emendamenti e frizioni nella coalizione

Piovono emendamenti sulla Finanziaria che il prossimo 11 febbraio farà finalmente capolino a Sala d’Ercole. Una finanziaria che le opposizioni non hanno esitato a definire «lacrime e sangue», parlando anche di «macelleria sociale». Ma che sconta il peso del disavanzo degli anni passati, che ammonta a circa due miliardi di euro. Di questi, com’è noto, circa un miliardo e mezzo sarà rateizzato su trent’anni, ma i primi 546 milioni graveranno sui prossimi tre esercizi finanziari, paralizzando completamente un bilancio che già prima della batosta della Corte dei Conti appariva asfittico.

In questo quadro, il percorso della Finanziaria non può che prospettarsi in salita all’Assemblea regionale siciliana. Con l’aggravante del rimpasto di giunta alle porte e delle Europee all’orizzonte, che di certo non contribuiscono a rasserenare il clima nella coalizione di governo. Così ecco che i primi evidenti segni di cedimento della coalizione che, in teoria, dovrebbe sostenere il governo Musumeci in Assemblea, si sono visti nel corso del voto degli articoli del Bilancio. Una seduta sempre sul filo del numero legale presente in aula (la maggioranza più uno dei deputati regionali). Alle ripetute richieste di verifica del numero legale da parte del Pd (che ha contribuito, con la presenza di alcuni deputati, a restare dentro la soglia) ecco che il picco più alto si è registrato con la presenza di 38 deputati. Scesi poi a 36 e, infine, risaliti a 37. Non che la maggioranza non avesse più di un sospetto di rischiare di andare sotto. Non a caso, prima che iniziasse la seduta, è stato sollecitato ai deputati di comunicare gli eventuali congedi. Ed ecco che tra le file della maggioranza a essere assenti sono stati Marianna Caronia, Vincenzo Figuccia, Luigi Genovese e Margherita La Rocca Ruvolo. A fugare ogni sospetto è stato proprio Figuccia, che qualche ora dopo il voto si chiedeva «da chi fosse stato votato l’articolato del Bilancio». 

«Comprendo – ha ammesso il parlamentare centrista – che le responsabilità e i danni erariali, dei quali portiamo i segni, sono ascrivibili ai precedenti governi, ma la negligenza di questi non può e non deve colpire i siciliani e i lavoratori onesti». In quell’occasione Figuccia si augurava che il governo regionale potesse raggiungere un accordo con Roma per spalmare anche i 546 milioni nei trent’anni ma, nel frattempo, sottolineava che «questo bilancio assurdo non ha avuto il mio voto».

Figuccia non è l’unico ad augurarsi che Roma possa concedere una dilazione anche per il mezzo miliardo di euro che al momento la Sicilia dovrebbe restituire in tre anni ed è per questa ragione che i deputati siciliani di Forza Italia hanno promosso anche in Parlamento due ordini del giorno. Il primo, che prospetta la risoluzione al prelievo forzoso dello Stato nei confronti dei Liberi Consorzi siciliani – prima firmataria Matilde Siracusano – con ricadute in termini di disservizi per il territorio, attraverso la partecipazione della Regione. Il secondo – prima firmataria Stefania Prestigiacomo – che prevede un impegno del governo nazionale a valutare la possibilità di spalmare in trent’anni il disavanzo della Regione Siciliana per il 2017.

Da Roma, intanto, al momento non arriva alcuna rassicurazione rispetto alla possibilità di dilazionare il debito siciliano. Ma nel frattempo, lunedì inizierà l’esame della Finanziaria da parte dell’Aula. E i deputati corrono ai ripari, presentando decine di emendamenti alla manovra. È il caso di Antonello Cracolici, che ha presentato un pacchetto di emendamenti che guardano alla spesa sociale. Dall’Unione italiana ciechi all’istituto Gioeni, passando per il Centro regionale Helen Keller, l’istituto Florio e Salamone, l’ente protezione e assistenza sordomuti, la Stamperia Braille e il centro addestramento cani-guida per ciechi di Catania. L’elenco degli emendamenti a firma Cracolici è molto più lungo, ma il deputato ammette: «Resto convinto che sia necessario prorogare l’esercizio provvisorio e avere più tempo per negoziare con lo Stato la possibilità di spalmare il debito. Davvero non si comprende l’ostinazione del presidente Musumeci nel volere paralizzare la Regione».

Circa trenta anche gli emendamenti a firma di Claudio Fava. Dagli interventi per il contrasto alla violenza contro le donne con adeguate risorse finanziarie, a quelli per lo sviluppo nel settore dell’innovazione tecnologica, fino al rifinanziamento dei capitoli per teatri e fondazioni culturali (un milione in più rispetto a quanto destinato dal governo regionale per il Teatro Massimo, il Biondo di Palermo, le Orestiadi, l’Inda, il teatro di Messina, l’Orchestra sinfonica siciliana, il Teatro stabile di Catania). Tra le proposte avanzate dal presidente della commissione antimafia, anche alcuni emendamenti che guardano al futuro dei lavoratori di Riscossione Sicilia, di Ircac-Crias e per la stabilizzazione del personale dell’assessorato all’Agricoltura. E ancora iniziative per il supporto psicologico nelle carceri, rimodulazione degli incentivi per le auto elettriche legandolo al valore delle vetture, fondi per gli interventi di manutenzione straordinaria e urgente nelle scuole pubbliche, tutela del territorio superando le procedure in deroga e con nuovi fondi per l’eliminazione dell’amianto, garanzie per i servizi rivolti agli studenti con disabilità nel libero consorzio di Siracusa. Tutte proposte destinate a restare lettera morta, qualora da Roma non arrivassero rassicurazioni su una ulteriore dilazione del debito.

Miriam Di Peri

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