Ars, l’impugnativa dietro l’angolo

Piano piano, man mano che le ‘carte’ vengono sistemate, pagina dopo pagina, articolo per articolo, comma per comma, emendamento per emendamento, viene fuori il ‘mostro’ approvato da Sala d’Ercole nella notte tra il 17 e il 18 aprile. E’ un ‘mostro a tante’ teste, quello che si comincia a ‘disegnare’. Ci sono le ‘teste’ del governo, della maggioranza e dell’opposizione. E di qualche alto burocrate che ci ha messo del suo. Sono 70 pagine e forse più di ‘teratologie’ parlamentari. Guardando il prodotto di questa manovra in controluce, il ricorda va alla legge di variazioni di bilancio del 2005, quella passata alla storia come la legge più “impugnata” nella storia dell’Autonomia siciliana (70 per cento delle norme ‘cassate’).

E allora: che è successo, a Sala d’Ercole nella notte tra martedì e mercoledì? Le chiavi di lettura sono tante. La prima – quasi ovvia – è che c’è stato uno scambio non di vedute, ma di affari, tra governo e opposizione. Voi parlamentari date a noi, governo, quello che ci serve e noi diamo a voi parlamentari quello che volete. E il commissario dello Stato? E la Corte dei Conti? Tranquilli: tutti insieme, qualche ora dopo il “sì” ala manovra, diremo che, tanto, ce ne stiamo andando tutti a casa e loro – commissario e magistratura contabile – caleranno la testa.

Questo giornale non ha mai apprezzato gli ‘abboccamenti’ e i ‘patteggiamenti’ tra governo, Assemblea regionale e alti burocrati da una parte e gli uffici del commissario dello Stato dall’altra parte. Noi – che alla fine, più di altri – continuiamo a credere nelle regole del gioco, troviamo sbagliato che chi è chiamato a verificare la costituzionalità delle leggi ‘tratti’ con chi le leggi le deve approvare. E’ storia antica, che non finiremo mai di stigmatizzare.

Precisando, per onestà di cronaca, che a volere questo insano ‘patteggiamento’ non sono il commissario dello Stato e i dirigenti del suo ufficio, che sono persone corrette e preparate; a volere – quasi a imporre – questo continuo e perverso piegare le istituzioni a disegni di bassa lega è la politica, con l’alta burocrazia che gli tiene bordone. Ci chiediamo e chiediamo: se un giorno, in occasione di un importante appuntamento legislativo – per esempio il bilancio – dovessero mettere sotto controllo i telefoni e gli ambienti del commissariato dello Stato, mettendo a disposizione dei cittadini tutte le eventuali registrazioni telefoniche e ambientali, che cosa verrebbe fuori?

Ciò posto, questa volta l’ufficio del commissario dello Stato se l’è voluta. Ci dispiace, ma noi dobbiamo raccontare la verità: e la verità è che, la sera del 17, a una certa ora, la politica siciliana ha deciso, scientemente, di rimangiarsi gli impegni assunti e di fare di testa propria. I nuovi accordi non sono nemmeno passati dagli uffici dell’Ars. Tutto è stato fatto in Aula.

E’ passata, per esempio, la ‘sanatoria’ per i dodici assessori regionali ‘tecnici’. Come abbiamo più volte scritto su questo giornale, dopo anni di silenzi più o meno compiacenti, è venuto fuori che una decina di capitoli del bilancio – capitoli pieni di soldi, per intendersi – non hanno copertura legislativa: non sono, cioè legittimati e sostenuti da una legge, ma da una semplice delibera di giunta.

Il passaggio è tutt’altro che secondario.Quello della Sicilia è un parlamento. Nei parlamenti la decisione di impiegare risorse finanziarie cospicue per questa o quella categoria può sì essere proposta dal governo, ma deve essere approvata – con una legge, per l’appunto – dal parlamento. Ebbene, in questi ultimi quindici giorni è venuto fuori che un sacco di soldi, in questi ultimi dieci anni, sono stati spesi in forza di delibere di giunta, senza l’avallo del parlamento. Un fatto che, a nostro modesto avviso, non ha solo gravi profili istituzionali, ma ha anche dell’ ‘altro’: ‘altro’ che non sta certo a noi definire, circoscrivere e sanzionare.

Tra questi capitoli del bilancio non sorretti da leggi c’è anche quello relativo alle ricche indennità che, in questi anni, sono finite nelle tasche dei dodici assessori ‘tecnici’. Legge alla mano, queste indennità avrebbero dovuto subire una decurtazione del 60 per cento. Mentre una semplice interpretazione dei fatti – magari con un’opportuna specificazione legislativa – avrebbe dovuto portare la Corte dei Conti a chiedere a questi dodici signori la restituzione dei soldi. Invece, due notti fa, è andata in scena una ‘sanatoria’ per nascondere tutta questa incredibile storia: sanatoria che – noi ce lo auguriamo – dovrebbe essere impugnata senza pietà dal commisssario dello Stato.

Così come incredibile appare lo stanziamento di 800 milioni di euro per Irfis-FinSicilia. L’Irfis è oggi un guscio vuoto. Privato del ramo d’azienda bancario. Il simulacro di un istituto di mediocredito che, tra ombre e luci, ha accompagnato la Sicilia nella Prima Repubblica. Oggi è nulla: un nulla che, a quanto si racconta, dovrebbe essere presto occupato da un ex assessore di questa giunta: da qui il ricco finanziamento di 800 milioni di euro per consentire all’assessore in uscita di avere il proprio ‘giocattolino’ non appena andrà ad occupare quel posto, magari per dilettarsi con il fotovoltaico.

E pensare che per finanziare il ‘giocattolino’ che dovrà rendere la vita più serena al futuro ex assessore sono stati tolti i soldi alle isole minori, ai Comuni e ad altre categorie. Incredibile. Già, 800 milioni a Irfis-FinSicilia, i soliti 50 milioni alla ex tabella H (ma che avrà di ex se è sempre la stessa, con le stesse clientele?). Poi soldi a questo deputato, altre clientele all’altro deputato. Una mega-spartizione di risorse pubbliche divisa per 90, che nella Cabala sarà lo ‘spavento’, ma che in Sicilia è il numero dei parlamentari dell’Ars.

Dopo essersi rimangiati gli impegni assunti con il commissario dello Stato per improvvise quanto mutate esigenze clientelari, la recita a soggetto. Ha cominciato il capogrupo del Pd, Antonello Cracolici: “Questo è l’ultimo atto del governo, ora le elezioni”. Gli ha fatto eco quello che, da tre anni a questa parte, è il suo ‘compagno di merende’, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo: “Elezioni? Sono d’accordo”.

Signor commissario dello Stato, dia retta a noi: questi recitano. Già si sono portati a casa – o almeno credono di averlo fatto, anche se noi abbiamo la speranza che la Corte dei Conti si svegli – i 286 milioni di euro dell’Avviso 20 (i fondi della formazione professionale con i quali hanno finanziato, senza ritegno, partiti e sindacati). Ora, con questa manovra oscena – che hanno portato a termine con un’opposizione che, in termini di etica pubblica, è perfettamente ‘isomerica’ alla maggioranza e allo stesso governo – si vogliono portare a casa ‘altro’. Gli blocchi tutto. Ha solo da scegliere.

Mancano i soldi della sanità. Mentre si immaginano decine e decine di forzature e di violazioni. Lo ribadiamo: a un primo sguardo, questa legge è di gran lunga peggiore delle ‘famigerate’ variazioni di bilancio del 2005. Lei che può tolga a Lombardo, a Cracolici e a un’Assemblea regionale siciliana da dimenticare il piacere delle dimissioni (ammesso che il governo abbia intenzioni di dimettersi, perché questi hanno la faccia che non possiamo descrivere, per filo e per segno, per un questione di decenza lessicale…).

 

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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