IL PRESIDENTE DELL’ARS, GIOVANNI ARDIZZONE, VORREBBE METTERE ALL’ORDINE DEL GIORNO L’EMENDAMENTO CHE INTRODURREBBE IL ‘TETTO’ PER I DIPENDENTI DI SALA D’ERCOLE. TRAVOLGENDO L’ARTICOLO 4 DELLO STATUTO E LO STESSO STATUTO. E DIRE CHE APPENA QUALCHE GIORNO FA LA CORTE COSTITUZIONALE HA RIBADITO CHE I REGOLAMENTI DI UN PARLAMENTO NON POSSONO ESSERE TRAVOLTI DA LEGGI. IN CALCE RIPORTIAMO UNA SENTENZA CHE, FORSE, E’ SFUGGITA A QUALCUNO…
Allibiti. Sì, la parola è questa: allibiti. Siamo rimasti allibiti, ieri sera, quando ci hanno detto che il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, avrebbe deciso di mettere all’ordine del giorno – non sappiamo se nella seduta di Sala d’Ercole prevista per oggi o in qualche altro giorno – l’emendamento ‘intelligente’ dell’onorevole Antonello Cracolici e di chi, come lui, pensa di introdurre anche tra i dipendenti del Parlamento siciliano il ‘famigerato’ tetto dei 200 mila euro con una legge.
Sia chiaro: qui non è in discussione l’idea – corretta – di ridurre i redditi degli alti burocrati di Palazzo Reale, la sede del Parlamento dell’Isola. Noi mettiamo in discussione il metodo che si vorrebbe seguire per realizzare tale obiettivo.
Ci permettiamo di ricordare al presidente Ardizzone che un’eventuale legge che introdurrebbe una simile limitazione sarebbe palesemente incostituzionale. Siamo stupiti che a un uomo delle istituzioni attento come l’attuale presidente dell’Ars sfugga un principio così elementare e così chiaro.
Dell’eventuale tetto delle retribuzioni deve occuparsi il Consiglio di presidenza dell’Ars e non una legge regionale!
Un conto sono le demagogiche considerazioni di Cracolici e dell’altro populista del PD, onorevole Davide Faraone, altra e ben diversa cosa sono i principi costituzionali che un presidente dell’Assemblea regionale siciliana è tenuto a rispettare e a fare rispettare!
Onorevole Ardizzone: anche lei vittima della piazza? Lei è giovane e, forse, non ricorda i danni prodotti negli anni del furore di Tangentopoli da certi provvedimenti…
Un conto, egregio presidente Ardizzone, sono le considerazioni demagogiche di alcuni esponenti del PD – che forse non hanno mai sfogliato, nemmeno per sbaglio, un testo di Diritto Costituzionale – altra e ben diversa cosa è il ruolo di garante del Parlamento siciliano, esercitato, peraltro, da un uomo – Lei, presidente – che nella vita fa l’avvocato.
Presidente Ardizzone: dobbiamo essere noi, che non siamo giuristi, ma solo giornalisti, a ricordarle che cosa è costituzionale e che cosa non lo è?
Tra l’altro, egregio presidente Ardizzone, forse le è sfuggita una sentenza della Corte Costituzionale di qualche giorno fa. E’ la sentenza numero 120 del 5 maggio di quest’anno. In calce a questo articolo la riportiamo per intero.
In questa sentenza si parla proprio dei regolamenti parlamentari. La questione è stata sollevata dalla Corte di Cassazione. Il Senato – al quale il Parlamento siciliano è equiparato – si è costituito in giudizio.
Scrivono al punto 4.2. i giudici della Corte Costituzionale: “I regolamenti parlamentari non rientrano espressamente tra le fonti-atto indicate nellart. 134, primo alinea, Cost. ? vale a dire tra le «leggi» e «gli atti aventi forza di legge» ? che possono costituire oggetto del sindacato di legittimità rimesso a questa Corte”.
“Nel sistema delle fonti delineato dalla stessa Costituzione – si legge sempre nella sentenza della Consulta – il regolamento parlamentare è espressamente previsto dallart. 64 come fonte dotata di una sfera di competenza riservata e distinta rispetto a quella della legge ordinaria e nella quale, pertanto, neppure questa è abilitata ad intervenire”.
“Lart. 134 Cost. – si legge sempre nella sentenza della Corte Costituzionale – indicando come sindacabili la legge e gli atti che, in quanto ad essa equiparati, possono regolare ciò che rientra nella competenza della stessa legge, non consente di includere tra gli stessi i regolamenti parlamentari. Risiede dunque in ciò, e non in motivazioni storiche o in risalenti tradizioni interpretative, la ragion dessere attuale e di diritto positivo dellinsindacabilità degli stessi regolamenti in sede di giudizio di legittimità costituzionale. Va di conseguenza confermata la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale ? nella sentenza n. 154 del 1985 e nelle successive ordinanze n. 444 e n. 445 del 1993 ? ha escluso che essi possano essere annoverati fra gli atti aventi forza di legge”.
“Se tuttavia, adesso come allora, la ratio dellinsindacabilità dei regolamenti parlamentari è costituita ? sul piano sistematico ? dalla garanzia di indipendenza delle Camere da ogni altro potere, ciò non comporta che essi siano, come nel lontano passato, fonti puramente interne. Essi sono fonti dellordinamento generale della Repubblica, produttive di norme sottoposte agli ordinari canoni interpretativi, alla luce dei principi e delle disposizioni costituzionali, che ne delimitano la sfera di competenza”.
Noi crediamo che questo dovrebbe bastare a convincere non solo un giurista, ma un qualunque cittadino di buon senso, a non violare un principio costituzionale.
Ci permettiamo di ricordare che dei dipendenti dell’Ars si occupa l’articolo 4 dello Statuto. Travolgere l’articolo 4 del nostro Statuto con una legge incostituzionale comporterebbe la fine delle prerogative parlamentari di Sala d’Ercole. E, di conseguenza, la fine dell’Autonomia siciliana.
Non solo. Venendo meno l’articolo 4 dello Statuto, verrebbero meno altre prerogative parlamentari. Chiediamo ai parlamentari dell’Ars: che fine farebbero, venendo meno l’articolo 4 dello Statuto, gli ‘stabilizzati’?
Ultima considerazione per gli onorevoli Cracolici e Faraone. Egregi onorevoli, è inutile, da parte vostra, inseguire il Movimento 5 Stelle. I parlamentari grillini sono persone serie. Gente che prende il settanta per cento della propria indennità parlamentare e costituisce il fondo per il microcredito. Prendendosi, da voi, l’accusa – ridicola – di voto di scambio!
Saranno i grillini, nella prossima legislatura, quando avranno la maggioranza del Parlamento siciliano, a riformare le retribuzioni dei dipendenti dell’Ars. Ma lo faranno, ne siamo certi, nel rispetto dei principi costituzionali, non travolgendoli.
Onorevoli Cracolici e e Faraone: non si può sfuggire dal passato e dal presente.
L’onorevole Cracolici ci ha già ‘deliziato’ per quattro anni con il Governo di Raffaele Lombardo.
L’onorevole Faraone ci sta deliziando con il Governo Renzi e la sceneggiata degli 80 euro che sta costando alle famiglie e alle imprese siciliane oltre 200 milioni di euro (leggere forestali, associazioni, fondazioni ed enti culturali senza soldi e via continuando con altri disastri); e anche appoggiando il Governo di Rosario Crocetta, il peggiore Governo della storia dell’Autonomia.
Che adesso Cracolici e Faraone pensino di rifarsi la ‘verginità’ politica distruggendo l’Autonomia siciliana ci sembra troppo. Anche perché, grazie a Dio, loro passeranno, speriamo presto. Mentre l’Autonomia siciliana, alla loro faccia, resterà.
Riportiamo di seguito, come già accennato, il testo integrale della sentenza. Chissà, magari abbiamo anche la speranza che qualcuno – magari un giurista di passaggio – la spieghi anche ai ‘filosofi’ che oggi albergano a Palazzo d’Orleans…
SENTENZA N. 120 ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 12 del regolamento del Senato della Repubblica 17 febbraio 1971, promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite, nel procedimento vertente tra P.L. e il Senato della Repubblica, con ordinanza del 6 maggio 2013, iscritta al n. 136 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dellanno 2013.
Visti gli atti di costituzione di P.L. e del Senato della Repubblica, nonché gli atti di intervento della Camera dei deputati e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Aldo Sandulli per P.L., Gaetano Pelella per la Camera dei deputati e lavvocato dello Stato Federico Basilica per il Senato della Repubblica e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.? Con ordinanza del 6 maggio 2013, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno sollevato dufficio, in riferimento agli artt. 3, 24, 102, secondo comma, 111, primo, secondo e settimo comma, e 113, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 12 del regolamento del Senato della Repubblica approvato il 17 febbraio 1971, e successive modifiche, nella parte in cui attribuisce al Senato il potere di giudicare in via esclusiva e definitiva i ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti adottati dallamministrazione di quel ramo del Parlamento nei confronti dei propri dipendenti.
La Corte riferisce di essere chiamata a decidere in ordine al ricorso proposto, ai sensi dellart. 111 Cost., da un dipendente del Senato avverso la decisione resa, in grado di appello, dal Consiglio di garanzia del Senato, nellambito di un giudizio di ottemperanza relativo ad una causa di lavoro.
1.1.? Osserva la Corte che il citato art. 12 del regolamento del Senato stabilisce che il Consiglio di Presidenza, presieduto dal Presidente del Senato, «[ ] approva i Regolamenti interni dellAmministrazione del Senato e adotta i provvedimenti relativi al personale stesso nei casi ivi previsti». Tale norma è stata sempre interpretata nel senso dellattribuzione al Senato dellautodichia, con conseguente esclusione del sindacato di qualsiasi giudice esterno in ordine alle controversie che attengono allo stato ed alla carriera giuridica ed economica dei dipendenti. Da ciò conseguirebbe linammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. spiegato dal ricorrente nel giudizio a quo.
1.2.? Le sezioni unite si dichiarano pienamente consapevoli dei principi enunciati dalla Corte costituzionale con la risalente sentenza n. 154 del 1985, cui hanno fatto seguito le ordinanze di manifesta inammissibilità n. 444 e n. 445 del 1993; con la sentenza sopra indicata, la Corte ha dichiarato la medesima questione inammissibile alla stregua del tenore letterale dellart. 134 Cost., che fa riferimento ? come oggetto del giudizio della Corte ? alle leggi ed agli atti aventi forza di legge, e non indica i regolamenti parlamentari. Rammentano le sezioni unite che, allepoca, la Corte costituzionale ritenne che i regolamenti parlamentari avrebbero potuto essere ricompresi nel disposto dellart. 134 Cost. soltanto in via interpretativa e che siffatta interpretazione non era coerente, ed appariva anzi in contrasto, con la natura di democrazia parlamentare propria del nostro ordinamento.
Nellauspicare la riconsiderazione di tali conclusioni, le sezioni unite richiamano le motivazioni della relativa ordinanza di rimessione dell11 luglio 1977, laddove si affermava la possibilità di assoggettare a sindacato di legittimità costituzionale i regolamenti parlamentari, in quanto fonti (fonti-atto) di diritto oggettivo, assimilabili alle leggi formali, con le quali versano in rapporto di distribuzione (costituzionale) di competenza normativa a pari livello.
1.3.? Nel rifarsi integralmente a tale prospettazione, le sezioni unite sottolineano la differenza tra lesercizio delle funzioni legislative o politiche delle Camere, da un lato, e gli atti con cui le Camere provvedono alla propria organizzazione, dallaltro. Il Collegio riconosce la necessità di garantire alle stesse Camere una posizione di indipendenza affinché le stesse siano libere da vincoli esterni suscettibili di condizionarne lazione; la Corte rimettente ritiene tuttavia che lautodichia sui propri dipendenti non costituisca una prerogativa necessaria a garantire lindipendenza del Parlamento e non sia affatto coessenziale alla natura costituzionale degli organi supremi; ed invero la Costituzione non tollera lesclusione dalla tutela giurisdizionale di una categoria di cittadini e lautonomia che spetta al Parlamento non comprende il potere di stabilire norme contrarie alla Costituzione.
1.4.? In particolare, le sezioni unite osservano che lautodichia del Senato si pone in contrasto con lart. 3 Cost., in quanto una categoria di cittadini viene esclusa dalla tutela giurisdizionale in ragione di un elemento (lessere dipendenti del Senato) non significativo ai fini del trattamento differenziato. A ciò la Corte di cassazione riconduce anche la violazione dellart. 24 Cost., secondo cui «Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti [ ]» e che, al secondo comma, definisce la difesa «diritto inviolabile».
1.5.? Le sezioni unite denunciano inoltre la violazione dellart. 102, secondo comma, Cost., essendo gli stessi soggetti sottoposti ad un giudice speciale ? quanto alle loro cause di lavoro ? istituito dopo lentrata in vigore della Costituzione.
1.6.? Ad avviso della Corte rimettente sarebbe altresì ravvisabile la violazione dellart. 111 Cost., recentemente novellato; in particolare il vulnus viene ravvisato con riferimento al principio del giusto processo (primo comma), non potendo definirsi «giusto» un processo che si svolge dinanzi ad una delle parti; alla necessità che il contraddittorio si svolga davanti ad un giudice terzo e imparziale (secondo comma), ciò che non si verificherebbe nellautodichia; al fatto che contro le sentenze è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge (settimo comma).
Proprio riguardo alla dedotta violazione dellart. 111 Cost., la Corte di cassazione evidenzia che la Corte europea dei diritti delluomo, nella sentenza 28 aprile 2009, Savino ed altri c. Italia, ha affermato che, ai sensi dellart. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, è «tribunale» non soltanto una giurisdizione di tipo classico, ma qualsiasi autorità cui competa decidere, sulla base di norme di diritto, con pienezza di giurisdizione e a conclusione di una procedura organizzata, su qualsiasi questione di sua competenza, adottando una decisione vincolante, non modificabile da un organo non giurisdizionale. Tale pronuncia ha inoltre statuito lassenza di indipendenza e di imparzialità degli organi giurisdizionali della Camera, ed in particolare dellorgano di appello, ritenendo che la sua composizione determinasse una commistione inammissibile, in capo ai medesimi soggetti, tra esercizio di funzioni amministrative ed esercizio di funzioni giurisdizionali: i componenti dellUfficio di Presidenza, ai quali spetta ladozione dei provvedimenti concernenti il personale, infatti, sono poi chiamati a giudicare sulle controversie aventi ad oggetto i medesimi atti amministrativi.
Nel caso in esame mancherebbe, ad avviso della Corte rimettente, il carattere di terzietà dellorgano giudicante, che costituisce attributo connaturale allesercizio della funzione giurisdizionale, considerato che le decisioni della Commissione contenziosa, ratificate col visto del Presidente del Senato, possono riguardare anche ricorsi contro decreti dello stesso Presidente del Senato.
1.7.? Sussisterebbe infine, ad avviso delle sezioni unite, anche la violazione dellart. 113 Cost., secondo cui, contro gli atti della pubblica amministrazione (e tale sarebbe, ad avviso della Corte, lamministrazione del Senato rispetto agli atti di gestione del personale), è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa; viceversa, lautodichia preclude laccesso agli organi di tutela giurisdizionale, così determinando la violazione denunciata.
2.? Con atto di costituzione depositato il 1° luglio 2013, si è costituito in giudizio P.L., parte ricorrente nel giudizio a quo pendente dinanzi alla Corte di cassazione. Dopo avere richiamato le vicende relative alla controversia instaurata sin dal 2005 dinanzi agli organi di giustizia del Senato, la difesa della parte privata ha dedotto che le disposizioni dei regolamenti parlamentari delineano, per le controversie di lavoro dei dipendenti del Senato, un sistema di tutela giurisdizionale speciale, che non precluderebbe affatto lesperibilità del rimedio previsto dallart. 111, settimo comma, Cost., avverso le decisioni degli organi di autodichia parlamentare. Ad avviso della difesa della parte ricorrente, dovrebbe escludersi che dal testo costituzionale, e in particolare dalla posizione di autonomia e indipendenza che esso riconosce alle Camere, sia ricavabile, quale principio implicito o norma inespressa, lautodichia sui rapporti di impiego dei dipendenti del Parlamento.
2.1.? Né, daltra parte, potrebbe ravvisarsi un fondamento costituzionale, neppure indiretto, di tale disciplina nellart. 64 Cost., che attribuisce a ciascuna Camera il potere di adottare un proprio regolamento volto a disciplinarne lorganizzazione interna. Infatti, ad avviso della difesa della parte privata, lart. 64 Cost. non autorizza listituzione di un sistema di autodichia, né per le controversie relative ai rapporti di impiego dei dipendenti di ciascun ramo del Parlamento, né rispetto ad altri rapporti giuridici instaurati con soggetti terzi.
2.2.? A sostegno della tesi della mancanza di copertura costituzionale dellautodichia del Senato, la difesa della parte privata richiama le pronunce in tema di prerogative costituzionali, laddove si afferma che «la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione [deve] essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non è consentito al legislatore ordinario alterare né in peius né in melius», con la conseguenza che il legislatore ordinario «può intervenire solo per attuare, sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato» (sentenza n. 262 del 2009).
2.3.? La parte privata esamina anche la possibilità di uninterpretazione della disciplina censurata in senso costituzionalmente orientato, facendo leva sulla tesi secondo la quale i rimedi previsti dal sistema contenzioso predisposto dai regolamenti parlamentari avrebbero, in realtà, natura di ricorsi amministrativi e, come tali, non escluderebbero la concorrente o successiva tutela giurisdizionale.
2.4.? Tuttavia, ad avviso della parte privata, proprio questa prospettiva interpretativa non è stata accolta dalla Corte di cassazione con lordinanza di rimessione e con altre pronunce precedenti, e sembrerebbe, oggi, difficilmente compatibile con lorientamento manifestato dalla Corte di Strasburgo nella sentenza 28 aprile 2009, Savino e altri c. Italia, la quale ha riconosciuto che gli organi di autodichia rappresentano un «tribunale» ai sensi dellart. 6, comma l, della Convenzione e hanno, quindi, natura giurisdizionale, salvo poi verificare che tale tribunale soddisfi i requisiti di imparzialità e indipendenza richiesti dalla Convenzione e pervenire, come è avvenuto con riferimento agli organi domestici della Camera dei deputati, ad escluderlo, in ragione della loro composizione.
2.5.? Ad avviso della parte privata, i regolamenti parlamentari istituirebbero un sistema speciale di rimedi giurisdizionali, che sottrae le relative controversie alla giurisdizione ordinaria e amministrativa, ma in nessun luogo escluderebbero che le decisioni assunte nellambito di tale sistema siano altresì sottratte alla funzione nomofilattica che lart. 111, settimo comma, Cost., attribuisce alla Corte di cassazione nei confronti di ogni giudice (ordinario o speciale) contemplato dallordinamento statale.
Osserva la difesa della parte privata che, sotto tale profilo, la questione sollevata dovrebbe ritenersi inammissibile, in quanto la Corte di cassazione potrebbe comunque decidere il giudizio principale, a prescindere dalla valutazione di legittimità costituzionale della disposizione censurata, la quale non potrebbe intendersi come preclusiva del ricorso straordinario per Cassazione avverso le pronunce degli organi di autodichia.
2.6.? In via subordinata, la difesa della parte privata ha sostenuto la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, non solo per il contrasto con lo stesso art. 111, settimo comma, Cost., ma anche per violazione degli altri parametri costituzionali evocati dalla Corte di cassazione.
2.6.1.? In particolare, il ricorrente evidenzia la necessità di procedere ad una rilettura delle premesse della sentenza n. 154 del 1985 e quindi ad una generale rivalutazione del sistema delle immunità dalla giurisdizione, alla luce del mutato contesto istituzionale. Ed invero le interazioni tra diritto interno (anche parlamentare) e diritto internazionale, il ruolo di garante del rispetto degli obblighi internazionali che la Corte costituzionale ha rivendicato a sé nellinterpretazione dellart. 117, primo comma, Cost., il controllo esercitato dalla stessa Corte sul rispetto dei limiti esterni allesercizio delle prerogative parlamentari, sono ? ad avviso della parte privata ? tutti elementi univocamente indicativi di un nuovo assetto istituzionale, nel quale il sistema delle tutele e dei controlli non può variare in base alla mera natura formale e alla tipologia della prerogativa che volta per volta viene in questione; piuttosto, esso deve essere agganciato al contenuto sostanziale degli interessi pubblici e privati protetti. A tal fine occorrerebbe un controllo di legittimità costituzionale anche sui regolamenti, salva pur sempre quella sfera intangibile di autonomia «strettamente funzionale allesercizio indipendente delle attribuzioni proprie del potere legislativo».
2.6.2.? La difesa della parte privata deduce inoltre che ritenere a priori intangibile e insindacabile lattività di autonomia regolamentare delle Camere persino quanto al rispetto dei suoi confini esterni, consente di ampliare, oltre i limiti previsti dalla Costituzione, larea sottratta alle comuni regole di produzione legislativa e, in particolare, alla regola del bicameralismo e alle competenze presidenziali di controllo ex art. 73 Cost. Spetta alla Corte costituzionale, dunque, garantire che questa fonte di produzione normativa non travalichi i limiti imposti dallart. 64 Cost.
3.? È intervenuta nel giudizio lAvvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ed ha concluso per linammissibilità o, in subordine, per linfondatezza della questione.
3.1.? In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto linsindacabilità dei regolamenti parlamentari, come affermata dalla sentenza n. 154 del 1985 e ribadita dalle ordinanze n. 444 e n. 445 del 1993, nonché da successive pronunce della Corte di cassazione. LAvvocatura generale ha altresì evidenziato che, con la sentenza 28 aprile 2009, Savino ed altri c. Italia, la stessa Corte EDU ha riconosciuto la legittimità dellimpianto di giustizia interna delle Camere, sulla base dellautonomia costituzionale ad esse spettante. La difesa dello Stato ha quindi concluso chiedendo che sia dichiarata linammissibilità ovvero, in via subordinata, linfondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione.
4.? Il 2 luglio 2013 si è costituito in giudizio il Senato della Repubblica, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, depositando un atto di intervento di tenore analogo a quello depositato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
4.1.? In via preliminare, la difesa del Senato ha eccepito linammissibilità della questione sollevata dalle sezioni unite della Corte di cassazione in considerazione dellinsindacabilità dei regolamenti parlamentari, affermata dalla sentenza n. 154 del 1985 e ribadita dalle ordinanze n. 444 e n. 445 del 1993, nonché dalle successive pronunce della Corte di cassazione. La difesa del Senato ha inoltre richiamato i principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza 28 aprile 2009, Savino ed altri c. Italia, che ha riconosciuto la legittimità degli organi di giustizia interna delle Camere, sulla base dellautonomia costituzionale ad esse spettante.
5.? La Camera dei deputati è intervenuta in giudizio il 2 luglio 2013; nellatto di intervento, la Camera ha preliminarmente dedotto la propria legittimazione a partecipare al giudizio, affermandosi titolare di un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla pronuncia della Corte.
5.1.? La parte interveniente ha in primo luogo eccepito linammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata dalle sezioni unite della Corte di cassazione, in considerazione dellinsindacabilità dei regolamenti parlamentari, ai sensi dellart. 134 Cost.; ad avviso della difesa della Camera, infatti, i regolamenti parlamentari non sarebbero equiparabili alle leggi o agli altri atti aventi forza di legge, non essendo promulgati dal Presidente della Repubblica ai sensi dellart. 87 Cost., e non essendo suscettibili di abrogazione referendaria ai sensi dellart. 75 Cost.; ad avviso della parte interveniente, la sottoposizione dei regolamenti parlamentari al sindacato di costituzionalità ? in quanto connessa alla necessità di preservare lindipendenza del Parlamento ? finirebbe per determinare una inammissibile limitazione delle prerogative sovrane del Parlamento.
5.2.? Nel merito, la difesa della Camera dei deputati ha dedotto linfondatezza della questione di legittimità costituzionale, evidenziando che lesigenza di garantire lautonomia delle Camere sussiste anche con riferimento alle attività degli uffici amministrativi interni degli organi parlamentari e in particolare con riferimento ai rapporti con i dipendenti; tali attività infatti ? ancorché non ineriscano direttamente allo svolgimento delle funzioni legislative o politiche delle Camere (le cosiddette funzioni primarie) ? sono sempre strumentali allesercizio delle funzioni parlamentari tipiche e non potrebbero pertanto tollerare lintervento di poteri esterni, in quanto ciò turberebbe il libero espletamento delle funzioni parlamentari.
5.3.? La difesa della parte interveniente ha inoltre richiamato i principi affermati dalla sentenza della Corte EDU 28 aprile 2009, Savino ed altri c. Italia, con particolare riferimento alla legittimità dellistituzione di un giudice domestico allinterno di organi parlamentari e, più specificamente, allaffermazione della compatibilità dellautodichia rispetto ai principi fondamentali del giusto processo.
5.4.? Il 3 marzo 2014 la Camera dei deputati ha depositato una memoria integrativa al fine di contestare le argomentazioni svolte dalla difesa della parte privata nellambito del giudizio di costituzionalità. In particolare, la difesa della Camera ha contestato la possibilità, prospettata ex adverso, di ricondurre le decisioni degli organi interni delle Camere al sindacato nomofilattico affidato alla Corte di cassazione dallart. 111 Cost.; ad avviso della Camera, tale interpretazione sarebbe preclusa dal tenore letterale dellart. 12 del regolamento della Camera, il quale prevede espressamente che gli organi di primo e di secondo grado «giudicano in via esclusiva» sui ricorsi presentati dai dipendenti e dai terzi avverso gli atti amministrativi di tale ramo del Parlamento; tale inciso ? inserito con le modifiche regolamentari intervenute nel mese di luglio del 2009, a seguito della richiamata sentenza della Corte EDU 28 aprile 2009 ? non solo intende chiarire definitivamente la natura giurisdizionale delle istanze giudicanti interne, ma mira anche a sancire espressamente ? a conferma peraltro di una prassi interpretativa pressoché secolare ? che lesercizio della giurisdizione di tali istanze interne esclude completamente quella del giudice comune.
Considerato in diritto
1.? Le sezioni unite della Corte di cassazione hanno sollevato dufficio, in riferimento agli artt. 3, 24, 102, secondo comma, 111, primo, secondo e settimo comma, e 113, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 12 del regolamento del Senato della Repubblica, approvato il 17 febbraio 1971, e successive modifiche, nella parte in cui attribuisce al Senato il potere di giudicare in via esclusiva e definitiva i ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti adottati dallamministrazione di quel ramo del Parlamento nei confronti dei propri dipendenti.
Nel giudizio a quo la Corte di cassazione è chiamata a decidere in ordine al ricorso proposto, ai sensi dellart. 111, settimo comma, Cost., da un dipendente del Senato avverso la decisione resa ? in grado di appello ? dal Consiglio di garanzia del Senato, nellambito di un giudizio di ottemperanza relativo ad una causa di lavoro.
2.? In via preliminare deve essere confermata lordinanza letta nella pubblica udienza del 25 marzo 2014 ed allegata alla presente sentenza, con la quale è stata dichiarata lammissibilità dellintervento spiegato dalla Camera dei deputati nel giudizio di cui allordinanza reg. ord. n. 136 del 2013; ed invero, nel caso in esame deve riconoscersi che la Camera dei deputati, sebbene estranea al giudizio principale, è titolare di un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla pronuncia della Corte, in quanto immediatamente inerente allo specifico rapporto sostanziale dedotto nel giudizio (sentenza n. 38 del 2009; ordinanze n. 346 del 2001 e n. 67 del 1998).
3.? La disposizione censurata è contenuta nellart. 12 del regolamento del Senato della Repubblica, intitolato «Attribuzioni del Consiglio di Presidenza ? Proroga dei poteri»; tale disposizione prevede che «Il Consiglio di Presidenza, presieduto dal Presidente del Senato, delibera il progetto di bilancio del Senato, le variazioni degli stanziamenti dei capitoli ed il conto consuntivo; approva il Regolamento della biblioteca e il Regolamento dellarchivio storico del Senato; delibera le sanzioni, nei casi previsti dai commi 3 e 4 dellart. 67, nei confronti dei Senatori; nomina, su proposta del Presidente, il Segretario Generale del Senato; approva i Regolamenti interni dellAmministrazione del Senato e adotta i provvedimenti relativi al personale stesso nei casi ivi previsti; esamina tutte le altre questioni che ad esso siano deferite dal Presidente».
3.1.? La questione di legittimità costituzionale riguarda dunque la disposizione in esame nella parte in cui secondo unantica tradizione interpretativa attribuisce al Senato lautodichia sui propri dipendenti, ossia il potere di giudicare in via esclusiva e definitiva i ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti adottati dallamministrazione di quel ramo del Parlamento nei confronti degli stessi dipendenti, con conseguente esclusione del sindacato di qualsiasi giudice esterno in ordine alle controversie che attengono allo stato ed alla carriera giuridica ed economica dei dipendenti.
4.? La questione, sollevata dalla Corte di cassazione, deve essere dichiarata inammissibile.
4.1.? Ancora una volta, la sindacabilità dei regolamenti parlamentari, adottati ai sensi dellart. 64, primo comma, Cost., costituisce la premessa della valutazione dellammissibilità della questione.
4.2.? I regolamenti parlamentari non rientrano espressamente tra le fonti-atto indicate nellart. 134, primo alinea, Cost. ? vale a dire tra le «leggi» e «gli atti aventi forza di legge» ? che possono costituire oggetto del sindacato di legittimità rimesso a questa Corte.
Nel sistema delle fonti delineato dalla stessa Costituzione, il regolamento parlamentare è espressamente previsto dallart. 64 come fonte dotata di una sfera di competenza riservata e distinta rispetto a quella della legge ordinaria e nella quale, pertanto, neppure questa è abilitata ad intervenire.
Lart. 134 Cost., indicando come sindacabili la legge e gli atti che, in quanto ad essa equiparati, possono regolare ciò che rientra nella competenza della stessa legge, non consente di includere tra gli stessi i regolamenti parlamentari. Risiede dunque in ciò, e non in motivazioni storiche o in risalenti tradizioni interpretative, la ragion dessere attuale e di diritto positivo dellinsindacabilità degli stessi regolamenti in sede di giudizio di legittimità costituzionale. Va di conseguenza confermata la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale ? nella sentenza n. 154 del 1985 e nelle successive ordinanze n. 444 e n. 445 del 1993 ? ha escluso che essi possano essere annoverati fra gli atti aventi forza di legge.
Se tuttavia, adesso come allora, la ratio dellinsindacabilità dei regolamenti parlamentari è costituita ? sul piano sistematico ? dalla garanzia di indipendenza delle Camere da ogni altro potere, ciò non comporta che essi siano, come nel lontano passato, fonti puramente interne. Essi sono fonti dellordinamento generale della Repubblica, produttive di norme sottoposte agli ordinari canoni interpretativi, alla luce dei principi e delle disposizioni costituzionali, che ne delimitano la sfera di competenza.
4.3.? È su queste basi che si colloca il tema dellestensione dellautodichia e conseguentemente della sua legittimità. Gli artt. 64 e 72 Cost. assolvono alla funzione di definire e, al tempo stesso, di delimitare «lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari» (sentenza n. 379 del 1996). È dunque allinterno di questo statuto di garanzia che viene stabilito lambito di competenza riservato ai regolamenti parlamentari, avente ad oggetto lorganizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione.
In questo ambito, le vicende e i rapporti che ineriscono alle funzioni primarie delle Camere sicuramente ricadono nella competenza dei regolamenti e linterpretazione delle relative norme regolamentari e sub-regolamentari non può che essere affidata in via esclusiva alle Camere stesse (sentenza n. 78 del 1984). Né la protezione dellarea di indipendenza e libertà parlamentare attiene soltanto allautonomia normativa, ma si estende al momento applicativo delle stesse norme regolamentari «e comporta, di necessità, la sottrazione a qualsiasi giurisdizione degli strumenti intesi a garantire il rispetto del diritto parlamentare» (sentenze n. 379 del 1996 e n. 129 del 1981).
4.4.? Se altrettanto valga per i rapporti di lavoro dei dipendenti e per i rapporti con i terzi, è questione controversa, che, in linea di principio, può dar luogo ad un conflitto fra i poteri; infatti, anche norme non sindacabili potrebbero essere fonti di atti lesivi di diritti costituzionalmente inviolabili e, daltra parte, deve ritenersi sempre soggetto a verifica il fondamento costituzionale di un potere decisorio che limiti quello conferito dalla Costituzione ad altre autorità. Lindipendenza delle Camere non può infatti compromettere diritti fondamentali, né pregiudicare lattuazione di principi inderogabili.
Come affermato da questa Corte, davanti a ciò che «[ ] esuli dalla capacità classificatoria del regolamento parlamentare e non sia per intero sussumibile sotto la disciplina di questo (perché coinvolga beni personali di altri membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve prevalere la grande regola dello Stato di diritto ed il conseguente regime giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema costituzionale, tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della Costituzione)» (sentenza n. 379 del 1996).
Peraltro, negli ordinamenti costituzionali a noi più vicini, come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, lautodichia sui rapporti di lavoro con i dipendenti e sui rapporti con i terzi non è più prevista.
Nel nostro ordinamento è altresì significativo che molteplici decisioni di questa Corte, oltre che della Corte di Strasburgo, abbiano assoggettato a stretta interpretazione la stessa immunità parlamentare prevista dal primo comma dellart. 68 Cost., riconosciuta soltanto quando sia dimostrato, secondo criteri rigorosi, il nesso funzionale fra lopinione espressa e lattività parlamentare, proprio per limitare limpedimento allaccesso al giudice da parte di chi si ritenga danneggiato (ex plurimis, sentenze n. 313 del 2013, n. 98 del 2011, n. 137 del 2001, n. 11 e n. 10 del 2000).
Il rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali il diritto di accesso alla giustizia (art. 24 Cost.), così come lattuazione di principi inderogabili (art. 108 Cost.), sono assicurati dalla funzione di garanzia assegnata alla Corte costituzionale. La sede naturale in cui trovano soluzione le questioni relative alla delimitazione degli ambiti di competenza riservati è quella del conflitto fra i poteri dello Stato: «Il confine tra i due distinti valori (autonomia delle Camere, da un lato, e legalità-giurisdizione, dallaltro) è posto sotto la tutela di questa Corte, che può essere investita, in sede di conflitto di attribuzione, dal potere che si ritenga leso o menomato dallattività dellaltro» (sentenza n. 379 del 1996).
In tale sede la Corte può ristabilire il confine ove questo sia violato ? tra i poteri legittimamente esercitati dalle Camere nella loro sfera di competenza e quelli che competono ad altri, così assicurando il rispetto dei limiti delle prerogative e del principio di legalità, che è alla base dello Stato di diritto.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dellart. 12 del regolamento del Senato della Repubblica, approvato il 17 febbraio 1971, e successive modifiche, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 102, secondo comma, 111, primo, secondo e settimo comma, e 113, primo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezioni unite, con lordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
Non è incapace di intendere e di volere, perlomeno non al punto da restare in…
«A ventiquattro ore dall'installazione del nuovo manifesto in memoria di Biagio Siciliano e Giuditta Milella, di 14…
Ruba effetti personali e oggetti in un'auto parcheggiata. A Catania un 50enne del luogo è…
Proseguono le verifiche condotte dalla Polizia di Stato concernenti la ricostruzione delle fasi della rissa…
È morto dopo essere stato investito da un ciclomotore. A Bagheria, in provincia di Palermo,…
Dopo essere evaso dai domiciliari un 39enne si è spacciato per il fratello durante un controllo…