Ars, Governo e Parlamento ai ferri corti

Che succede nei ‘Palazzi’ della politica siciliana? Una decina di giorni fa, davanti alla minaccia della Corte dei Conti di non ‘parificare’ il bilancio, a fronte di una montagna di entrate incerte, se non fittizie (oltre 3 miliardi di euro di ‘residui attivi), il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, si catapultavano in conferenza stampa annunciando, a tamburo battente, l’istituzione di una sorta di fondo di garanzia per fronteggiare le probabili mancate entrate.

La ‘parifica’ è arrivata, ma dell’assestamento di Bilancio, che dovrebbe prevedere l’istituzione di questo particolare fondo di ‘garanzia’, non si sa più nulla. All’Ars una settimana è volata via all’insegna del dolce far nulla. Il tutto, è il caso di dirlo, mentre la Sicilia brucia, tra proteste del mondo della formazione professionale, Laboratori di analisi di nuovo in tumulto, fondi europei al palo, lavori pubblici bloccati, precari in attesa e via continuando con le proteste sociali.

Di fatto – elemento, questo, che è sotto gli occhi di tutti – Governo e Assemblea regionale siciliana non dialogano. Il Governo non governa, a parte le nomine di sottogoverno e gli ormai immancabili annunci.

A infastidite i rappresentanti di quasi tutte le forze politiche sono, soprattutto, le nomine di sottogoverno ‘pilotate’ a ritmo continuo in quasi tutte le branche dell’amministrazione regionale (in questi ultimi giorni radi tam tam registra molto ‘attivismo’ tra i revisori, con nomine a ritmo incessante). Il sottogoverno è uno dei momenti della democrazia politica e parlamentare. Con il sottogoverno si saldano e si consolidano anche gli equilibri di Governo.

Ma, a quanto si sussurra, il presidente Crocetta e il senatore Giuseppe Lumia, con le nomine di sottogoverno, stanno saldando e consolidando solo gli equilibri del Megafono. Lasciando tutti gli altri a bocca asciutta.

“Si comportano come se questi dovessero essere gli ultimi atti di Governo”, ci dice un parlamentare di quella che dovrebbe essere la maggioranza che sostiene il Governo Crocetta: che, però, è tale solo sulla carta.

Che fanno i deputati a fronte di un Governo che governa solo con annunci, conferenze stampa e facendo incetta di poltrone di sottogoverno? Mettono in pratica l’unico strumento che hanno a disposizione: bloccano l’attività parlamentare.

Nelle Commissioni legislative – a cominciare dalla Commissione Bilancio e Finanze – ormai da quasi un mese vanno in scene continue audizioni. Regolarmente disertate dagli assessori regionali ‘tecnici’ che, nella migliore delle ipotesi, tranne qualche caso, spediscono i propri capi di gabinetto.

Di fatto, il dialogo tra gli assessori e i parlamentari non esiste. Se fino a qualche mese fa, bene o male, si era stabilito, a malapena, un metodo di lavoro, adesso è saltato anche questo. I parlamentari sono molto infastiditi. “Noi ci mettiamo i voti, frutto del lavoro continuo nei territori, e poi il Governo va per i fatti suoi. Così le cose non possono funzionare”: questa è la voce ricorrente che si raccoglie nei corridoi di Palazzo Reale, la sede del Parlamento dell’Isola.

Il risultato è che, all’Ars, non si parla di rendiconto, né di assestamento, né di proroga dei precari. Tutto sembra bloccato. Ci sono da risolvere problemi contabili enormi. “Ma se il Governo non se ne preoccupa, perché dovremmo preoccuparcene noi?”, sussurrano nel ‘Palazzo’.

Già, i problemi contabili. Il presidente Crocetta e l’assessore Bianchi avrebbero già messo a punto le modalità con le quali costituire il cosiddetto fondo di ‘garanzia’ (sarebbe più corretto dire ricostituire, visto che era già stato costituito ed è stato sbaraccato dal precedente Governo di Raffaele Lombardo).

Stando ai conti che si conoscono, 76 milioni di euro dovrebbero arrivare da un riconteggio del ‘buco’ (che ammonterebbe a 924 milioni di euro e non a un miliardo di euro). A questi si aggiungerebbero le minori spese frutto della Tabella H impugnata (36 milioni di euro). Poi 110 milioni di euro raccattati non si capisce da dove.

Di fatto, i 110 milioni e i 76 milioni, alla fine, non sarebbero altro che i soliti ‘artifizi’ contabili dei soliti burocrati dell’assessorato all’Economia. Mentre gli unici soldi veri sarebbero i 36 milioni di euro della Tabella H. Troppo pochi.

Stando a indiscrezioni, gli uffici del Commissario dello Stato avrebbero fatto sapere che il fondo di ‘garanzia’ di appena 36 milioni di euro non può garantire oltre 3 miliardi di euro di mancate entrate. Insomma, se l’Ars dovesse approvare un assestamento di Bilancio con una ‘garanzia’ di appena 36 milioni di euro rispetto a probabili mancate entrate di oltre 3 miliardi di euro, beh, è probabile che la legge venga impugnata.

Bisogna trovare altri soldi per irrobustire il fondo di ‘garanzia’. Occorrerebbero non meno di 350-400 milioni di euro di soldi veri. Da dove prenderli? In bilancio tale disponibilità la si trova solo tra i fondi globali.

In un Paese ‘normale’, in una Regione ‘normale’ i fondi globali dovrebbero essere quelli utilizzati per finanziare nuove leggi nell’interesse della collettività. Nel bilancio della Regione i circa 300 milioni di fondi globali dovrebbero servire, invece, per finanziare la proroga dell’esercito dei precari fino a dicembre.

Ma, adesso, la proroga dei precari è in forse, perché per finanziare questa proroga bisognerebbe lasciare scoperto il fondo di ‘garanzia’ chiesto dalla Corte dei Conti: manovra, questa, che difficilmente il Commissario dello Stato farà passare.

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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