Sei mesi di carcere e 600 euro di multa. A tanto è stato condannato il deputato regionale (e anche consigliere comunale a Palermo) Roberto Clemente, del Pid-Cantiere Popolare, riconosciuto colpevole del reato di corruzione elettorale. Insieme a lui il gup di Palermo ha condannato a otto mesi di carcere e 800 euro di multa, per lo stesso reato, Salvatore Ingrassia e Antonio Fiorentino. Mentre è stato assolto dall’accusa di peculato Marcello Macchiano, presidente del Banco opere di carità.
Sono le sentenze del rito abbreviato scaturito dall’operazione Agorà del maggio 2015 che ha fatto luce su presunti casi di corruzione elettorale alle Comunali di Palermo del 2012 e alle Regionali dello stesso anno. Nella stessa inchiesta è finito anche il deputato dell’Udc Nino Dina.
Secondo la tesi della Procura, Clemente avrebbe potuto contare, ai fini dell’elezione alle Regionali, del pacchetto di voti portato da Giuseppe Bevilacqua, anche a lui a processo e considerato la figura centrale del sistema di corruzione. Bevilacqua si sarebbe impegnato a cercare consensi per Clemente in vista delle elezioni del novembre 2012 e in cambio quest’ultimo si sarebbe dimesso da consigliere comunale, lasciando il posto proprio a Bevilacqua, primo dei non eletti.
Dopo l’elezione di Clemente all’Ars con 7.627 voti, Bevilacqua chiama il neodeputato regionale. «Ti volevo fare gli auguri anticipatamente. Il regalo quando me lo fai, Robè?», chiede. «La prossima settimana ci vediamo», risponde Clemente. «Posso stare tranquillo?», insiste il primo. «Vai parlando assai per ora», attacca Clemente. «Sono gli amici che mi spingono», conclude Bevilacqua. Tuttavia quest’ultimo, nonostante l’impegno messo per la ricerca dei voti secondo la procura, rimarrà senza seggio al Comune, visto che Clemente non si è mai dimesso, mantenendo il doppio incarico di consigliere comunale a Palermo e di deputato regionale.
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