L’Assemblea Regionale Siciliana ha bocciato, a maggioranza e a scrutinio segreto, l’articolo del disegno di legge sulla garanzia del 40 per cento di presenza di genere nelle giunte comunali. «Così è stata affossata una norma di civiltà politica e di buon senso – dichiara Claudio Fava – peraltro già prevista dalla legge nazionale. Un’altra occasione perduta per la Sicilia grazie a un accordo trasversale e imbarazzante fra destra e una parte dell’opposizione».
Il disegno di legge in questione riguarda le Norme in materia di composizione della giunta comunale e di incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e la carica di assessore comunale. Il primo articolo del ddl prevedeva che «nei Comuni con popolazione fino a 15mila abitanti, la giunta è composta in modo da garantire la rappresentanza di entrambi i generi». Il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè ha commentato dopo il voto dicendo che «quella scritta oggi è una brutta pagina: un emendamento dei cinquestelle ha proibito la rappresentanza delle donne nelle giunte comunali».
La deputata del gruppo Popolari e Autonomisti Marianna Caronia ha definito la bocciatura della norma in Sala d’Ercole un «fatto grave, confermato proprio dalla modalità di voto, un codardo escamotage di chi non ha il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie scelte. C’è chi pensa, ma non ha il coraggio di dire pubblicamente – aggiunge – che le donne in politica devono avere una posizione residuale e soprattutto non devono sedere nei luoghi di governo». Caronia ha già annunciato che presenterà una proposta di legge di iniziativa popolare per inserire la doppia preferenza di genere anche per l’elezione dell’Ars e la quota minima del 40 per cento della presenza di donne nelle giunte comunali e in quella regionale. «È una battaglia di civiltà», afferma.
«Le donne avranno meno possibilità di essere rappresentate negli enti locali siciliani», critica Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc all’Ars che insiste sul «valore educativo delle leggi che servono
a cambiare le condotte e i comportamenti. Se non ci fossero state
leggi come quelle che hanno introdotto il suffragio universale e in
modo forzoso la presenza delle donne nelle istituzioni – continua Lo
Curto – oggi la politica sarebbe solo in mano agli uomini».
Intanto, con la norma approvato oggi pomeriggio si allarga il numero degli incarichi come assessori nei municipi: in totale 355 poltrone in più, distribuite tra Comuni grandi e piccoli. Saranno comunque i singoli enti locali a stabilirne il numero, secondo la legge. Per esempio, a Palermo gli assessori sono otto ma il sindaco Leoluca Orlando, in base alla norma appena varata, può portare il numero a undici; a Catania invece, Salvo Pogliese, da otto può farli salire fino a dieci.
La norma, infatti, prevede quattro assessori per i Comuni fino a diecimila abitanti; cinque per i Comuni tra i dieci e i 30mila abitanti; sette tra 30 e 100mila; nove tra 100 e 250mila; diece tra 250 e 500mila; undici sopra i 500mila abitanti. «Si tratta di una norma di buon senso – dice il vicepresidente dell’Ars, Giancarlo Cancelleri – che allinea la Sicilia al resto del Paese. Fino ad ora i sindaci, soprattutto nei piccoli Comuni, hanno dovuto tenere per sé deleghe importanti agendo con molta difficoltà».
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