Due case d’appuntamento nel centro di Caltagirone (in provincia di Catania) in cui le vittime, arrivate dalla Colombia, sarebbero rimaste solo una settimana prima di essere spostate in altri territori dell’Isola e lasciare posto ad altre vittime. Sono stati i carabinieri a eseguire nove misure cautelari per associazione finalizzata all’induzione, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Mi amor è il nome dell’indagine preso in prestito dall’appellativo con cui le vittime chiamavano i clienti. Stando a quanto ricostruito, a capo del gruppo criminale ci sarebbero state due donne colombiane.
Sarebbero state loro a gestire il reclutamento di donne provenienti dal Sud America di età compresa tra i 25 e i 40 anni. Una vera e propria associazione, chiamata Cadena (che in spagnolo significa rete organizzativa), di cui avrebbero fatto parte anche gli altri indagati, tutti italiani. Ogni aspetto sarebbe stato curato: dal supporto logistico (servizi di accompagnamento, ricariche telefoniche, pagamento di bollette) al marketing sui siti on-line (con numerosi annunci pubblicati su svariati siti web di incontri).
Le vittime, appena arrivate all’aeroporto di Catania, sarebbero state prelevate e portate in due abitazioni nel centro di Caltagirone. Due case d’appuntamento messe a disposizione dai proprietari – e ora sequestrate – che avrebbero cambiato la biancheria all’arrivo di ogni nuova ragazza. Le donne sarebbero rimaste a Caltagirone solo una settimana, per poi essere spostate verso altri Comuni siciliani, garantendo così alla clientela un frequente turn-over. Un grande flusso di clienti che avrebbe assicurato all’organizzazione consistenti guadagni illeciti. Le prostitute, oltre a dovere cedere parte dei ricavi, sarebbero state costrette a versare giornalmente alla Cadena una tassa – tra i 50 e i 100 euro che sarebbe servita anche da canone per l’alloggio.
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