«Ho detto anche in presenza del capo dello Stato che sugli scranni di Sala d’Ercole si sono seduti fior di mafiosi. Addirittura chi non era apertamente mafioso era complice della mafia, perché si girava dall’altro lato e nel corso di questi settant’anni ha perfino negato l’esistenza della mafia. Ora si è trasformata e quindi bisogna stare attenti e vigilare». Giovanni Ardizzone, presidente uscente dell’Ars (il suo mandato dura fino al giorno precedente alla convocazione della prima seduta, il 15 dicembre) torna ancora sul tema della mafia nelle istituzioni e lancia un appello al nuovo presidente della Regione Nello Musumeci: «Cancelli il voto segreto, altrimenti sarà sottoposto a ricatti».
Crede che Musumeci possa essere un buon governatore?
«È una persona che stimo e che continuo a stimare, nonostante le difficoltà operative nel tenere insieme la sua maggioranza, mi auguro possa fare da freno rispetto agli appetiti degli impresentabili, che oggi sono più o meno palesi.«Ho posto il tema degli impresentabili per primo, nel mio ruolo di presidente dell’Ars. Purtroppo i partiti sono stati deboli, abbiamo visto quello che è successo, non so cosa succederà. Mi auguro che si possa fermare qui, ma le avvisaglie non depongono bene anche perché i partiti sono venuti meno al loro ruolo».
Miccichè ha detto che abolirà il tetto degli stipendi ai dirigenti dell’Ars, modificando una norma importante da lei proposta.
«Non intendo commentare quello che hanno fatto i miei predecessori né tantomeno i successori».
Lei ha detto che spesso essere un uomo delle istituzioni non paga, che spesso ad esserlo ci si perde. Si sente lasciato solo?
«Non mi sento lasciato solo, sono a posto con la mia coscienza, posso guardare a testa alta tutti i siciliani, convinto di avere fatto il mio dovere fino in fondo. Questo ti ripaga anche da risultati elettorali che indipendentemente dalla mia persona non sono stati soddisfacenti».
Ha un rimpianto?
«Ho un paio di rimpianti, da presidente dell’Ars: di certo quello di non essere riuscito a portare fino in fondo un’idea di Musumeci che era quella del codice etico. Ci sono state tantissime resistenze, ma soprattutto le resistenze più antipatiche erano quelle meno palesi, che alla fine portavano sempre fuori strada. Un altro rimpianto è non essere riuscito a far abolire il voto segreto. Dietro a quello si nascondono le imboscate. L’invito che faccio a Musumeci è di avere la capacità di portare a termine questo obiettivo. Altrimenti sarà sottoposto a ricatti che sono stati il condizionamento di settant’anni di storia, ma soprattutto degli ultimi cinque anni di governo Crocetta».
Il suo futuro? Si candiderà a Messina come sindaco?
«Intanto sono avvocato e torno a fare la mia professione. Accorinti rappresenta il male minore rispetto a quello che sta succedendo in città. Da messinese ho molta tristezza e ho dichiarato che il mio partito in futuro potrà essere Messina. Abbiamo avuto tanti cambi di casacca, un segretario regionale del Pd che è diventato responsabile di Forza Italia e che risponde al nome di Genovese, abbiamo nel Pd persone che di sinistra non hanno assolutamente nulla. C’è da rimanere smarriti. C’e bisogno di recuperare tanta coscienza civica a Messina e fare uscire le persone dallo stato di bisogno. Perché quando c’è questo, il voto è condizionato».
Come?
«Sto costruendo un programma insieme a tanti. Liberi e forti è il nome del progetto che richiama il messaggio di don Luigi Sturzo, però bisogna essere forti veramente sapendo qual è il rischio che si corre in una città molto complessa come Messina».
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