«Una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace». Le parole di Benedetto XVI in riferimento alle unioni di persone dello stesso sesso non smettono di fare discutere. Chi immaginava una reazione polemica da parte delle associazioni per i diritti degli omosessuali si è invece trovato di fronte allo sdegno e alla confusione della maggior parte dei cattolici, di qualunque orientamento sessuale. A Catania, l’Arcigay etnea ha risposto a modo suo: volantinando ai fedeli in uscita della messa delle 11 in Cattedrale una lettera al vescovo cittadino e una preghiera al Signore. Pochi giorni prima, alcuni adesivi con scritto «Io non sono un pericolo per la pace. E tu?» erano stati appiccicati per terra, sul sagrato. Dentro la chiesa, dall’altare, nessuna risposta. Nemmeno un cenno all’iniziativa.
«Chi di noi crede continuerà ad andare a messa – spiega il presidente Giovanni Caloggero – Le parole del papa non cambiano niente. Sono state solo un clamoroso autogol per la Chiesa stessa: non fanno male a noi omosessuali, ma al Cristianesimo». La stessa calma, senza alcuna sorpresa, di Seby Cammisuli, responsabile del gruppo giovani dell’Arcigay catanese. «Quello che a me dà più fastidio è l’ipocrisia – commenta – Quella di un’istituzione all’interno della quale ci sono moltissimi omosessuali». Cammisuli non entra a seguire la messa. Resta fuori dalla Cattedrale a dividere i volantini a passanti e fedeli. Per lo più distratti. Molti rifiutano proprio di prendere in mano il pezzo di carta, come fosse una nuova invasiva forma di pubblicità sul sagrato. «Chi lo prende, però, non lo butta. E questo è già un bene», dice. Soprattutto i giovani e giovanissimi, tra i pochi che si soffermano a leggere almeno di cosa si tratta.
Cammisuli, 30 anni, da dieci anni trasferitosi a Catania da Pachino, è lì per spirito civile e non perché si senta offeso. «Da ragazzo ho frequentato per anni la parrocchia e mai ho visto capitare altrove le cose che capitano tra quelle mura», racconta. Su tutto, la demonizzazione degli affetti e delle sue manifestazioni fisiche: «A partire dall’abbraccio spontaneo di un bambino al suo catechista». «Una preoccupazione che nasconde una grande ipocrisia», sottolinea.
E lo sa bene Cammisuli. Che di sacerdoti ne ha frequentati, anche in senso biblico. «Sono stato a letto con due preti giovani – racconta – Non lo sapevo prima ma, quando l’ho scoperto, sono rimasto turbato. Come si fa a predicare una cosa e poi fare tutto il contrario?». Una pratica non troppo inusuale considerato l’alto numero di messaggi espliciti nelle chat room frequentate da omosessuali: «Prova l’emozione di scopare con un prete», recitano. «Io dico sempre a mia madre che mi dispiace solo di essere nato in questo periodo storico – spiega Cammisuli – Sono certo che in futuro non ci sarà più così bisogno di nascondersi o di combattere per essere accettati».
Una battaglia che non sempre trova sensibile chi ha ruoli di responsabilità. Come il pontefice appunto. «Il Signore ci ha dato due soli comandamenti: “Ama Dio più di te stesso e il prossimo tuo come te stesso”. Ma il papa il secondo deve averlo dimenticato», commenta Caloggero che, da fedele autentico, cita la Bibbia in scioltezza. Una frase, quella di Benedetto XVI, ancora più preoccupante perché quasi contemporanea a un’azione: «L’accoglienza rivolta al presidente del parlamento ugandese Rebecca Kadaga che si appresta a proporre e far approvare la Kill the gay bill. Una legge che, come chiaramente indica la sua denominazione, prevede anche la pena capitale per atti omosessuali – spiega l’Arcigay nel volantino – La “gentile signora” non solo è stata accolta ma anche benedetta dallo stesso pontefice».
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