Era conosciuto negli anni ’80 e ’90 come lo spazzino. Carmelo Aldo Navarria, braccio destro di Giuseppe Pulvirenti ‘U malpassotu, aveva una spiccata abilità nel fare sparire i cadaveri e il suo nome adesso ritorna con l’operazione Araba fenice 3. Il killer era stato condannato all’ergastolo per sei omicidi, poi ridotto a 30 anni e scontando, alla fine, 26 anni e mezzo di carcere. Nel 2014, dopo essere tornato in libertà, avrebbe ripreso nuovamente la sua attività mafiosa, pur non risultando ufficialmente affiliato a Cosa nostra, con l’aiuto di alcuni familiari. Da quel momento il gruppo di Navarria sarebbe diventato il braccio armato di Francesco Santapaola, che nell’inchiesta Kronos veniva indicato come il nuovo reggente della famiglia mafiosa catanese. Tra le sue attività sarebbero finite estorsioni, rapine, droga ma anche un omicidio. Quello dell’imprenditore agricolo paternese Fortunato Caponnetto, ammazzato e fatto sparire l’8 aprile del 2015.
Il movente sarebbe da addebitare alla promessa, non mantenuta da Caponnetto, di assumere Navarria nella propria azienda, preferendogli un presunto appartenente ad altra organizzazione mafiosa operante nel paternese riconducibile al clan Laudani. Tra i motivi che avrebbero portato al delitto ci sarebbe stato anche il licenziamento della moglie dello spazzino, Patrizia Paratore. Uno sgarro che l’ex braccio destro del Malpassoto non avrebbe perdonato e che ha vendicato, secondo gli inquirenti, con un delitto.
Dal momento della scarcerazione il boss, come hanno detto gli inquirenti nel corso della conferenza stampa di questa mattina, è stato tenuto tenuto sotto controllo in maniera costante. Nel dicembre del 2015 Navarria torna in carcere, arrestato assieme ad altre nove persone, per estorsione pluriaggravata commessa dall’ottobre 2014 fino al 19 novembre 2015, in danno della ditta Lavica Marmi di Belpasso, i cui titolari erano stati costretti a corrispondere il pagamento di una somma di 600 euro al mese a titolo di pizzo. Un ruolo importante all’interno del gruppo era quello rivestito proprio dalla moglie di Navarria, Patrizia Paratore, la quale, secondo gli inquirenti, avrebbe favorito la «realizzazione delle finalità criminali del clan, mettendosi a disposizione del marito e degli altri associati organizzando incontri, recapitando comunicazioni, favorendo la latitanza del genero Stefano Prezzavento, e, dopo l’arresto del marito preoccupandosi delle sorti degli affiliati detenuti».
Le indagini portate avanti in questi anni dalla Direzione distrettuale di Catania si è concretizzata con l’operazione Araba Fenice scattata all’alba di oggi ed eseguita da circa 100 carabinieri del comando provinciale etneo e della compagnia di Paternò. Le indagini sono state condotte dai magistrati Giuseppe Sturiale e Alessandra Tasciotti e ha permesso di «disarticolare in modo definitivo» il gruppo capeggiato da Navarria. A finire in manette anche Patrizia Paratore, 51 anni, Michele e Rosario La Rosa, rispettivamente di 46 e 39 anni. Sono state invece notificate in carcere a Carmelo Aldo Navarria, 55 anni, Gaetano Doria, 48 anni, Gianluca Presti, 36 anni, Stefano Prezzavento, 32 anni, Mirko Presti, 30 anni, Antonino Prezzavento, 47 anni. Hanno invece l’obbligo di firma Carmelo Salvatore Asero, 60 anni, Simonetta Battaglia, 55 anni, Concetta Fichera, 52 anni, Claudio Grasso , 42 anni, Salvatore Leotta, 53 anni e Giuseppe Nicosia di 55 anni .
A tutti gli indagati sono stati contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, sequestro di persona, danneggiamento seguito da incendio, riciclaggio e favoreggiamento personale, con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, suffragate anche da alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Francesco Carmeci, hanno permesso di evidenziare le dinamiche operative del gruppo criminale per il controllo del territorio mediante la realizzazione di reati contro il patrimonio. Gli inquirenti hanno ricostruito anche due rapine con sequestro di persona, commesse a Belpasso il 14 gennaio ed il 3 febbraio 2015 in danno di autotrasportatori del settore alimentare, nonché di estorsioni nei confronti di imprenditori locali anche con danneggiamenti
«Navarria è un soggetto che, anche dopo lo scioglimento del clan Malpassotu, – spiega il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro – ha continuato a orbitare nel clan Santapaola. Tornato dal carcere ha tiranneggiato coloro che operavano in questo territorio, con rapine e estorsioni e c’è da registrare anche l’omicidio dell’imprenditore agricolo che aveva avuto il coraggio di resistere alla pressioni di questi personaggi»
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