Appuntamento il 30 marzo, per riprenderci la nostra libertà di siciliani

UNA RIFLESSIONE, TRA CRONACA E STORIA, SULLA MARCIA PER LA LIBERAZIONE DELLA NOSTRA ISOLA. IERI I SAVOIA, OGGI IL MUOS DEGLI AMERICANI. E’ ANCORA LUNGA LA VIA DA PERCORRERE PER LA VERA LIBERAZIONE DELLA SICILIA

da Salvatore Petrotto
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Nell’ormai lontano 1988, quando conseguii la mia laurea in Lettere Moderne, assieme al compianto professore Massimo Ganci, docente di Storia Moderna e Contemporanea, presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo, ebbi modo di presentare una tesi di laurea dal titolo ‘Racalmuto dell’Ottocento’. Ricordo che nel corso di un incontro con il mio concittadino Leonardo Sciascia, risalente alla primavera di quell’anno, ricevetti in dono di una pubblicazione relativa alla repressione dei moti dei renitenti alla leva obbligatoria, dal titolo “5 mesi di Prefettura in Sicilia”, edito a Firenze nel 1863 e curato dal prefetto toscano, Enrico Falconcini.

Si tratta di un volume pubblicato da un funzionario ed uomo politico, inviato nel 1862 in provincia di ‘Girgenti’, per reprimere i movimenti insurrezionali contro lo Stato piemontese. Era uno dei tanti ‘prefetti’ di ferro spediti in Sicilia per contrastare quella che fu una vera e propria guerra civile; ma l’anno successivo venne scaricato dal governo post unitario dell’epoca, a seguito di una serie di attacchi politici ricevuti da tale ‘integerrimo’ uomo, al servizio del neonato sanguinario Regno d’Italia.

Con estrema sorpresa , grande amarezza e profondo dispiacere il Falconcini scrisse allora quanto segue “ I giornali del partito d’azione, in unione a quelli ministeriali, appena salito al potere il nuovo gabinetto, hanno ripetutamente calunniato le mie azioni e le intenzioni mie come cittadino e come uomo politico; un deputato della estrema sinistra a me, assente dall’aula parlamentare, lanciò amara e falsa accusa; l’attuale ministro dell’interno parve sancire quelle calunnie e tale accusa, dispensandomi senza addurne ragione, dal governo della provincia di Girgenti … la sera del 16 gennaio 1863 mi giunse la lettera nella quale a nome del ministro dell’interno il Segretario Spaventa mi annunziava, avere il re fin dal dì 11 dello stesso mese firmato il decreto che mi dispensava dall’ufficio di prefetto di Girgenti”.

Fu cioè ‘posato’, rinnegato e denudato dei suoi pieni poteri, anche di vita e di morte, che aveva usato, non sappiamo con quanta clemenza, contro tutti gli abitanti della provincia di ‘Girgenti’.

A quanto pare, gli ordini che gli avevano impartito riuscì a portarli, comunque, a compimento con inaudita ferocia! In quei terribili frangenti, come è ormai noto, si consumarono delle violentissime stragi di Stato che insanguinarono l’intero Sud post unitario. Fu il periodo in cui decine di migliaia di giovani e meno giovani vennero prima arrestati e poi costretti a prestare 7 anni di servizio militare nei teatri di guerra.

Cosicché il Regno d’Italia oltre a colpire con gravosi balzelli le genti più povere, ci riferiamo ad esempio alla tassa sul macinato, armò la mano assassina di spregiudicati prefetti che erano il risultato di una insopportabile commistione di potere politico, militare e giudiziario.

Fu così instaurato quello stato di polizia che ci ricorda tanto i tempi attuali. Pensate per un po’ a ciò che è accaduto recentemente nella Salemi di Vittorio Sgarbi, allorquando il critico d’arte e Sindaco di quel paese ha denunciato i loschi affari miliardari della mafia grazie alla produzione di energia eolica; immediatamente hanno sciolto, paradossalmente, per mafia, gli organi istituzionali che la vera mafia avevano denunciato!

Prova ne sia che la Magistratura, un anno dopo ha sequestro 1 miliardo e 300 milioni di euro di impianti eolici riconducibili alla mafia trapanese.

La stessa cosa è avvenuta a Siculiana, allorquando qualche anno fa l’allora Sindaco, Giuseppe Sinaguglia, denunciava, ed i fatti anche a lui gli stanno dando pienamente ragione, il malaffare nella gestione di rifiuti e discariche.

Qualcosa di simile, ovviamente è capitato anche nel mio paese, nel momento in cui ho denunciato alla Procura della Repubblica di Agrigento, esattamente a febbraio del 2011, l’illegale gestione oltre che dei rifiuti, anche delle risorse idriche.

Mi direte, ma tutto questo è colpa di Garibaldi? Sta di fatto che già con i Piemontesi, un secolo e mezzo fa la nostra storia è iniziata male. Come è risaputo, i Savoia, ci hanno debitamente spogliato di tutte quante le nostre ingentissime ricchezze.

Un decennio dopo con la breccia di Porta Pia e la conquista di Roma, si impossessarono di tutti i beni della Chiesa cattolica, compresa la stessa sede dove risiedeva il Papa, ossia il Quirinale. Cosicché, il Regno delle due Sicilie che era la terza potenza economica al mondo, dopo l’Inghilterra e la Francia, è stata ridotto così, come la conosciamo ancora oggi.

Si è proseguito cioè, sempre più, a consumare una vera e propria strage di civiltà, coperta da montagne di falsità ed ipocrisie storicamente confutabili.

Oggi, così come ieri, i prefetti, ordinati e comandati alla stregua di una casta sacerdotale agli ordini dei poteri politici ed economici di turno, spesso deviati, continuano ad accanirsi contro le inermi popolazioni e le libere istituzioni comunali.

Ieri i Savoia si impadronivano, attraverso prefetti quali il nostro Falconcini, delle riserve auree dei Borboni, dei Beni della Chiesa e persino di quel poco che riuscivano a raggranellare i braccianti agricoli, imponendo loro esose ed insopportabili tasse. In cambio obbligarono intere generazioni ad andare a morire in guerre che non ci appartenevano. L’alternativa era la latitanza ed il brigantaggio.

Oggi l’accanimento terapeutico, chirurgico e capillare da parte degli eredi di quel repressivo e poliziesco potere centrale savoiardo, si avvale sempre delle prefetture per sferrare dei micidiali colpi all’autonomia, alla libertà ed alla democrazia.

Tale potere cieco ed inquisitorio si concretizza nello scioglimento e commissariamento da parte dello Stato, di quegli enti locali che sono così riottosi da ribellarsi contro la mafia dei rifiuti, quella dell’acqua o dell’energia.

Ma la repressione poliziesca viene anche esercitata contro intere popolazioni, nel momento in cui si ribellano contro delle infrastrutture militari quali il MUOS di Niscemi o le multinazionali del petrolio che inquinano e cospargono di tumori e morte mezza Sicilia. Prefetti di ieri, Prefetti di oggi, al servizio del Regno o della Repubblica, cambia ben poco!

Dal 1860 ad oggi la storia è sempre la stessa. E’ una storia sbagliata, una storia da cambiare radicalmente. Noi non vogliamo essere tacciati di essere i soliti beceri continuatori del più classico trito e ritrito vittimismo meridionalista. Ma è chiaro che un popolo quale il nostro, del tutto ‘desicilianizzato’, non ha la consapevolezza che da sempre calpesta una terra ricca di risorse.

Abbiamo ricchezze che non si vedono, perché magari si trovano in fondo al nostro mare. Mi riferisco a quei 100 miliardi di euro di prodotti petroliferi, estratti e/o raffinati in Sicilia e di cui ci resta ben poco, se non svariate migliaia di tumori che colpiscono intere popolazioni e l’un per cento di questa ricchezza che per il rimanente 99% vola via; e stiamo parlando di dati ufficiali resi noti dall’ENI.

Ogni tanto mi capita di parlare di queste cose con i miei alunni. Pensate un po’, mi lascio andare e parlo anche di sale, kainite, zolfo che potrebbero consentirci di creare un’immensa ricchezza economica ed occupazionale; basterebbe solo che ci lasciassero liberi di estrarre e lavorare questi minerali per produrre fertilizzanti ed anticrittogamici naturali per l’agricoltura, sostanze reattive per l’industria chimica, tessile e farmaceutica, oltre che resine e plastiche.

Ma i miei alunni che, dalle mie parti, hanno già sentito da tempo, dai loro padri questi discorsi, non sempre mi seguono quando dico loro che i sali potassici sono il nostro oro bianco! A volte mi prendono per matto!

Della serie, ma che vuole questo qua! Del resto, è dagli Ottanta che queste preziose miniere sono state chiuse per favorire le industrie estrattive e chimiche tedesche in Ucraina. Dei nostri bacini minerari, dopo tante chiacchiere politiche e sindacali inutili, abbiamo perso anche la memoria. Ed allora cambio discorso, parlo di agrumi, mandorle, olio, grano, ficodindia, pesche e pesca, di buon vino e della nostra cucina piena zeppa di gusti, saperi e sapori.

Solo così sfondo una porta aperta, solleticando il palato, mi capiscono un po’ meglio. Ma poi, è più forte di me, e mi dilungo nello sciorinare e tessere le lodi della mirabile magnificenza di quanto ci hanno lasciato i nostri avi; parlo dell’avvicendarsi di una miriade di civiltà .

Del quotidiano manifestarsi ai nostri occhi ed alle nostre menti di altro genere di giacimenti, quelli culturali, delle nostre sfolgoranti bellezze. Abbiamo la fortuna di vivere in un contesto in cui il nostro splendido sole ogni giorno copre con i suoi raggi delle suggestive coste, isole e vulcani, delle bellissime terre, tempestate da meravigliose gemme quali templi e teatri greci, ville romane, cattedrali e mosaici, di epoca bizantina ed arabo normanna.

Che poesia poi quella di Jacopo da Lentini o Cielo D’Alcamo; e la bella pittura di Antonello da Messina ed a seguire le scorrerie di un Caravaggio che lascia la sua indelebile impronta, anche in Sicilia. Le città barocche ed infine lo stile liberty. Verga, Pirandello, Vitaliano Brancati, Tomasi di Lampedusa, Leonardo Sciascia, vi dicono niente?

Per concludere, che ne pensate delle seguenti considerazioni risalenti a 7 secoli fa? “Il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità” (dal De vulgari eloquentia), parola di Dante Alighieri, padre della lingua italiana.

Cortesemente, vogliate scusarci se continuiamo a decantare, liberamente, la grande bellezza siciliana, seguendo le orme del sommo poeta. E non c’è stato o prefetto che tenga! Nessuno ci può cancellare con un decreto od un atto repressivo, ciò che di bello è fuori e dentro di noi.

E’ forse questo l’unico vero canto d’amore per una terra che qualcuno, dopo averla spogliata e rispogliata più volte, ed ancor più violentata, la vorrebbe rendere definitivamente irredimibile.

L’appuntamento è comunque fissato per il 30 marzo, tra le strade di Palermo; indipendentisti, autonomisti, sicilianisti ed aggiungo io, semplicemente siciliani, ci si può ritrovare nel rinfocolare il nostro smisurato, sviscerato, traboccante amore per la Sicilia, se preferite.

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Redazione

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