Il ricorso è respinto, ma era fondato. Solo che «il pubblico interesse» è più rilevante di un eventuale danno economico ai danni dei privati. È quanto scrive il Tribunale amministrativo regionale di Catania a proposito dell’opposizione che le ditte Ipi e Oikos avevano presentato rispetto alla proroga del contratto per il servizio della raccolta dei rifiuti. Una continuazione dell’affidamento pre-esistente fino al 30 giugno 2016, quattro mesi dopo la scadenza naturale del 19 febbraio. Una decisione del Comune di Catania sulla quale le due aziende consorziate avevano fatto ricorso al Tar. Adesso è un’ordinanza dei giudici amministrativi a dare ragione a Palazzo degli elefanti, seppure con qualche riserva.
La raccolta della spazzatura nel capoluogo etneo è stata affidata alle aziende Ipi e Oikos nel 2011. Un appalto quinquennale da quasi 164 milioni di euro, vinto da un consorzio finito al centro delle cronache giudiziarie. È l’inchiesta Terra mia della procura di Palermo a fare luce su un presunto sistema di corruzione per la gestione dei rifiuti. Agli arresti finisce Domenico Proto, numero uno della Oikos, che gestisce le discariche delle contrade Tiritì e Valanghe d’inverno, tra i territori di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia. Pochi giorni dopo, la prefettura rende noto che alla romana Ipi era stata inviata un’interdittiva antimafia a giugno 2014, mentre quella per la Oikos era arrivata due mesi dopo. A questo punto il contratto catanese sarebbe dovuto essere sciolto. Ma per evitare «problematiche igienico-sanitarie nonché di ordine pubblico», la prefetta Maria Guia Federico concede all’amministrazione etnea tre commissari, nell’attesa che il Comune prepari e avvii la nuova gara d’appalto.
Erano stati gli stessi tecnici del municipio a stabilire la necessità, al massimo, di un anno per il corretto svolgimento delle procedure. Una stima temporale effettuata a settembre 2014 che arrivava fino allo stesso periodo del 2015. Dalla data che gli stessi uffici di Palazzo degli elefanti avevano suggerito sono passati cinque mesi senza che il bando per l’igiene urbana catanese fosse pronto. Motivo per il quale, a febbraio 2016, l’amministrazione determina una proroga dell’affidamento. Ed è a questo punto, lamentando notevoli perdite di carattere economico, che Ipi e Oikos presentano ricorso. In una lettera inoltrata anche all’Autorità nazionale anticorruzione, Ipi aveva anche chiesto ufficialmente chiarimenti al Comune di Catania e alla prefettura. L’impresa romana domandava tutti gli atti che avrebbero giustificato «la sussistenza di difficoltà tecnico operative, nonché problematiche di carattere giuridico, che hanno impedito di procedere, entro i termini di scadenza contrattuale, alla indizione di una nuova gara per l’affidamento dei servizi di igiene urbana e ambientale dello stesso Comune».
Oggi a esprimersi è il Tar, con un’ordinanza depositata ieri. Nonostante il ricorso non sia privo di fondamento, «in particolare con riferimento al tipo di potere esercitato dall’amministrazione, e al tempo che quest’ultima ha certamente avuto a disposizione per avviare tempestivamente la procedura di gara per l’affidamento ex novo del servizio», l’interesse dei privati deve essere considerato «recessivo rispetto al pubblico interesse al regolare espletamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel territorio di riferimento». In altri termini: il rischio igienico-sanitario motiva la proroga, sebbene il Comune fosse nelle condizioni di evitare l’eventuale emergenza-rifiuti. I giudici, però, al respingimento del ricorso aggiungono una nota: «Resta fermo per il Comune il preciso obbligo di avviare concretamente, entro la data prevista di cessazione della disposta proroga, e nelle forme di legge, la procedura di gara per il nuovo affidamento del servizio, quanto meno con la pubblicazione del bando di gara». Cosa che, quindi, dovrà avvenire almeno entro il 30 giugno. Palazzo degli elefanti ha a disposizione poco più di due mesi.
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