«Laddove il sorteggio mediante piattaforma informatica dovesse avvenire con la partecipazione del solo Rup o di testimoni riconducibili alla stessa amministrazione si potrebbe configurare la violazione dei principi di pubblicità e trasparenza». Poche righe, a chiusura di un parere rilasciato da uno studio legale, che potrebbero trasformarsi in un precedente importante nel mondo degli appalti. Perlomeno in Sicilia, dove la digitalizzazione, anziché andare verso la direzione della velocizzazione delle procedure, ha contribuito, complice l’uso di software che non di rado danno problemi, ad alimentare un clima di sospetto. A volte per poca dimestichezza con la tecnologia – tanto da parte degli imprenditori quanto dei funzionari -, altre a causa di scelte contestate.
A Catania nei mesi scorsi aveva destato scalpore la scelta del Comune di chiedere alle imprese di inviare via mail le offerte per la gara d’appalto per i lavori da effettuare nell’istituto scolastico Fontanarossa. Ne era nato un polverone, e gli uffici alla fine hanno deciso di annullare la procedura per il rischio di non garantire la segretezza dei ribassi. Adesso a fare discutere è una decisione della direzione Lavori pubblici in merito all’appalto per l’immobile di via Cefaly, passato al patrimonio comunale dopo essere stato confiscato alla mafia e destinato a diventare un albergo sociale.
I lavori, del valore di oltre 1,3 milioni di euro, verranno banditi con una procedura a inviti. La formula più utilizzata dalle stazioni appaltanti, specialmente dopo l’approvazione del decreto Semplificazioniche ha innalzato le soglie entro le quali si può rinunciare a una gara aperta. Nello specifico il Comune ha spiegato che a essere invitate saranno 15 imprese tra quelle che hanno risposto all’avviso pubblicato sul sito dell’ente. «Il Rup procederà a individuare, tra le imprese candidate, quelle da invitare a partecipare alla successiva procedura negoziata,
mediante sorteggio telematico che avverrà in forma anonima».
Con questa formula si intende un’estrazione delle imprese effettuata tramite un software e in una modalità che non consente di sapere, prima dell’apertura delle buste, quali sono le aziende invitate. Così da evitare di dare la possibilità di fare cartelli per pilotare l’andamento della gara. Al contempo, però, l’eccessiva riservatezza della selezione ha fatto sorgere dubbi in materia di trasparenza. In tal senso l’Ance – l’associazione nazionale costruttori edili – ha chiesto a uno studio legale un parere sulla scelta del Comune. Lo studio legale, citando una sentenza del Tar della Basilicata, ha sottolineato che «la stazione appaltante dovrebbe rendere edotte le imprese che hanno manifestato il loro interesse alla procedura, indicando la data e il luogo del sorteggio che dovrà avvenire in seduta pubblica alla quale potranno assistere i legali rappresentati delle imprese interessate, fermo restando – si legge nel parere – che sarà cura della stazione appaltante porre in essere tutti gli accorgimenti necessari affinché i nominativi dei sorteggiati non vengano resi noti prima della scadenza del termine di presentazione delle domande».
Adesso toccherà al Comune di Comune decidere – il termine per rispondere alla manifestazione di interesse scadeva mercoledì scorso – se rimettere mano all’avviso, fornendo maggiori dettagli sulla modalità con verrà gestito il sorteggio, oppure se proseguire su una strada che, di fatto, finora è stata percorsa dalla maggior parte delle stazioni appaltanti. Nelle settimane scorse, ad attaccare pesantemente il decreto Semplificazioni e le deroghe concesse al codice degli appalti era stato il presidente regionale di Ance Santo Cutrone. «In Sicilia rischiamo anche di tornare indietro di quarant’anni, quando a decidere a tavolino le gare erano i boss mafiosi, anche al di fuori delle stazioni appaltanti».
Cutrone ha puntato il dito proprio nei confronti delle opacità nelle fasi di selezione delle imprese. «Espletare una gara fino a cinque milioni di euro con procedura negoziata chiusa, invitando cinque, dieci, massimo 15 imprese a libera scelta della stazione appaltante, senza che si conoscano prima i criteri adottati per la selezione delle aziende, le modalità di sorteggio e come avviene la rotazione delle ditte iscritte all’albo di quell’ente, non solo rende eccessiva la discrezionalità della stazione appaltante e limita la concorrenza, ma crea anche le condizioni affinché le imprese invitate e qualcuno all’interno della pubblica amministrazione possano mettersi d’accordo fra loro, esattamente come avveniva ai tempi di Mani pulite».
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