Antonino Duchi, ragusano che segue i rapaci Da antibracconiere a Messina agli Appennini

Da Messina a Istanbul, passando per il parco dell’Aspromonte, a studiare i comportamenti migratori dei rapaci. E’ la vita di Antonino Duchi, 50 anni, nato a Modica ma residente a Ragusa, biologo libero professionista. «In realtà sono esperto di fauna ittica, corsi d’acqua e inquinamento – racconta – Ma da anni ho ormai questa passione». Nata da una spinta civile e ambientalista, i campi di volontariato antibracconaggio organizzati nello stretto di Messina a partire dagli anni ’80. Fino all’ultima impresa, da metà agosto a metà ottobre, lungo la dorsale appenninica italiana per censire la migrazione post riproduttiva dei rapaci.

«Qualche anno fa il parco dell’Aspromonte ha redatto un elenco di esperti da tutta Italia, scelti dopo invio di curriculum, da cui attingere per attività di studio e di indagine». Ornitologi, studiosi di insetti o pesci, biologi tra cui Duchi. Che quest’anno ha trascorso turni di otto, nove ore al giorno, per due mesi, a osservare il passaggio degli uccelli da apposite postazioni più o meno alte lungo la dorsale. «Dovevamo registrare diversi parametri – spiega – come la specie e il numero degli individui, la loro età, il sesso, le condizioni meteo e la direzione della migrazione». Per confrontare i dati di anno in anno, «notare se si sono verificate delle variazioni e, soprattutto, se gli interventi di conservazione hanno avuto successo».

Perché, tra i rapaci che ogni anno attraversano i cieli dell’Italia, ci sono anche specie a rischio. «L’avvoltoio capovaccaio, per esempio, è fortemente in diminuzione». Insieme a lui, ad essere stati avvistati dagli esperti nel parco dell’Aspromonte anche aquile, falchi, albanelle e nibbi. Tutti alle prese con gli stessi problemi: «L’aspetto più critico è di certo l’alterazione dell’habitat, insieme al disturbo antropico – spiega Duchi – Problematica in diminuzione, ma ancora presente, è poi il bracconaggio». Pratica illegale e dal forte impatto su animali e ambiente che da anni porta anche i volontari siciliani a voler monitorare lo stato di salute degli uccelli migranti di passaggio sullo stretto di Messina.

Lì insieme al naturalista Nicolantonio Agostini, ex compagno di università, oggi tra i maggiori esperti di migrazione dei rapaci nel Mediterraneo centrale, Duchi ha cominciato a interessarsi a quest’ambito. Insieme, i due, hanno svolto ricerche a Capo Bon, in Tunisia, e nello stretto del Bosforo, in Turchia. «Dopo Messina, la ricerca a Istanbul serviva a monitorare il comportamento migratorio degli animali in una zona diversa ma sempre ad alta concentrazione. Preferiscono gli stretti, perché hanno difficoltà ad attraversare grandi specchi d’acqua – spiega il biologo – Ampi spazi come è invece quello dalla Tunisia alla Sicilia. Proprio per questo è stato interessante nell’altra ricerca capire i comportamenti adottati dagli uccelli per riuscire comunque ad attraversarli».

[Foto di Antonino Duchi]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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