Il piccolo Andrea potrà finalmente stare tra i banchi di scuola. Affetto da encefalomiopatia mitocrondriale, una malattia genetica rara, questo bellissimo bambino di dieci anni si è visto negare, fino ad oggi, l’inalienabile diritto allo studio. Adesso, però, un istituto di Villabate, un centro di 20mila abitanti alle porte di Palermo, ha deciso di accoglierlo. «Tanti dirigenti ci hanno sbattuto le porte in faccia, probabilmente mentendo sulle proprie richieste al provveditorato, visto che adesso sta andando tutto liscio» racconta a MeridioNews Marianna, la mamma di Andrea. Su Facebook è in contatto con famiglie di altre città d’Italia. «So che i bambini in altre regioni frequentano la scuola regolarmente, ma per molti istituti è una responsabilità eccessiva».
Viaggi inutili tra un ufficio e un altro, telefonate e documentazioni, sindaci, magistrati e dirigenti scolastici. Marianna e Giuseppe hanno combattuto a testa alta l’estenuante battaglia contro le istituzioni per il diritto allo studio del loro piccolo Andrea, che si è risolta soltanto dopo tre anni. «Ora siamo in buone mani – raccontano – quelle del sindaco di Villabate Vincenzo Oliveri, della dirigente scolastica Rosalba Florìa e dell’assistente sociale del paese che è riuscita a ottenere il servizio di trasporto». Grazie alla cooperativa vincitrice della gara d’appalto i trasferimenti da casa a scuola saranno sicuri. «Oltre alle difficoltà di essere accettati in una scuola c’era anche il problema della mobilità – spiega Marianna -. Solo con l’approvazione del trasporto si poteva pensare ad andare a scuola, io non posso guidare la macchina con Andrea. Devo stare con lui sul sedile posteriore perché se si stacca il respiratore va riattaccato immediatamente». Per un anno il piccolo, comunque, è stato seguito da una maestra in pensione che gli ha dato lezioni a casa. «Ma più questi bambini stanno con i loro coetanei – continua Marianna – e meglio vivono quel poco di vita che hanno a disposizione».
Andrea e i suoi genitori sono stati tra i primi ad far parte della campagna #nonmiarrendo promossa dalla Fondazione Telethon. Le malattie mitocondriali sono un gruppo di malattie causate da una disfunzione dei mitocondri, presenti in qualsiasi cellula. Di conseguenza possono colpire qualsiasi organo, ma più spesso interessano i muscoli e il cervello. Andrea ha appena otto mesi quando si accorgono di alcuni problemi legati al movimento degli arti superiori e inferiori. Il mese successivo non si regge più in piedi se non tenuto per mano e per non più di qualche secondo. «A quel punto abbiamo fatto dei controlli al Gaslini di Genova, un ospedale specializzato – racconta ancora Marianna -. Hanno supposto che si trattasse di una malattia genetica rara non appena hanno visto Andrea, ma dagli esami risultava un bambino sano». La conferma diagnostica viene data solo dalla biopsia muscolare.
«Colpisce i muscoli di tutto il corpo compromettendo il livello motorio, ma Andrea parlava ancora e si muoveva grazie a un deambulatore». A due anni, però, un’acidosi metabolica lo costringe a ripetute flebo e inizia a trascorrere lunghi periodi presso strutture ospedaliere. «Anche un raffreddore ne sconvolgeva il metabolismo. A quattro e cinque anni, però, frequentava la scuola materna. Aveva una vita normale, sebbene vissuta tra casa e ospedale, tra assenze e presenze in classe» ricorda la mamma. La crisi respiratoria, che arriva a quando Andrea ha cinque anni, segna «un crollo totale che lo costringe al reparto di rianimazione per tre mesi e che si risolve con una tracheotomia». Collegato al ventilatore 24 ore su 24 oggi Andrea ha dieci anni e si nutre attraverso un sondino. «È cosciente di tutto e anche se non emette più un suono noi comprendiamo quello che vuole dire dal movimento labiale – spiega la mamma -. Fa solamente dei day hospital per tenere sotto controllo i valori. Noi cerchiamo di fargli condurre una vita normale».
In questi giorni la scuola di Villabate ha organizzato una festa per accogliere il piccolo Andrea. «L’istruzione è un diritto. Questa è la vittoria di una battaglia che non doveva nemmeno esserci» concludono mamma Marianna e papà Giuseppe, che sperano, però, che «questa storia possa essere d’esempio e d’incoraggiamento».
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