Rimane sotto sequestro il patrimonio dell’imprenditore Sebastiano Scuto. Il patron di Aligrup è al centro di un’intricata vicenza giudiziaria che lo vede accusato tra i tanti fatti contestati – di aver avuto rapporti di affari con il boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo per la gestione di alcuni centri commerciali a Palermo. La Corte d’appello di Catania ha rigettato oggi la richiesta di dissequestro di una parte dei suoi beni, quella che riguarda la sentenza della Cassazione del mese scorso che ha annullato la condanna a 12 anni emessa ad aprile 2013 proprio sulla parte che riguarda i legami con Cosa nostra palermitana.
Il patrimonio dell’imprenditore – ribattezzato il re dei supermercati – è valutato in diverse centinaia di milioni di euro, tra beni immobili e quote societarie di proprietà anche dei familiari più vicini. Dal suo arresto nel 2001 alla condanna in primo grado ci sono voluti nove anni, ma si è corso il rischio di non celebrare affatto il processo. In un primo momento, infatti, la procura catanese aveva chiesto larchiviazione. Linchiesta venne avocata dalla procura generale etnea che rilevò «inerzia e mala gestio» nelle indagini dei magistrati. Per gli inquirenti Sebastiano Scuto avrebbe condotto i suoi affari soprattutto grazie al rapporto con il clan Laudani. Dopo larresto, l’Aligrup è rimasta per nove anni in amministrazione controllata. Solo nel 2010, con la sentenza di primo grado, l85 per cento delle quote sono state restituite, mentre il restante 15 per cento è stato confiscato. È in questo arco temporale che lazienda, in mano allo Stato, priva dei canali preferenziali di cui aveva goduto, si indebita per 150 milioni di euro.
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