Non si placano le polemiche sul Piano farmacie approvato, dopo un percorso tortuoso, domenica scorsa dal Consiglio Comunale di Palermo.
Hanno votato a favore del provvedimento 16 consiglieri comunali (tutti gli orlandiani del Mov. 139). Si sono astenuti in 8 (6 rappresentati del Pd, Alessandro Anello di Forza Italia e Filippo Occhipiti di Italia dei Valori). Contro ha votato Mimmo Russo del gruppo misto. Altri consiglieri hanno abbandonato Sala delle Lapidi prima del voto.
La questione, come è facile intuire e come si deduce da un iter cominciato più di due anni fa, ha messo in fibrillazione il mondo dei farmacisti palermitani. Divisi tra quelli che riconoscono l’utilità dell’apertura di 29 nuove farmacie e quelli ‘preoccupati’ di perdere una parte di business.
Voci critiche anche tra i consiglieri comunali che, pure non hanno votato contro. Tra questi Sandro Leonardi del Pd, che ha parlato di una occasione mancata. Gli abbiamo chiesto perché.
Può spiegare un po’ più nel dettaglio le su critiche?
«Questa era l’occasione per ridisegnare il servizio a Palermo tenendo conto della evoluzione demografica e di flusso della città, per cercare il più possibile di aprire il mercato e ridistribuire reddito aumentando i servizi per i cittadino».
Perché parla di un’occasione mancata?
«Si sarebbe potuto aprire un confronto con il territorio, i farmacisti, l’Asp e i cittadini, scegliendo insieme criteri e modalità con l’obiettivo di dare risposte ai palermitani. E invece ci siamo trovati fra le mani un pasticcio su cui il Tar è intervenuto più volte».
Perché è sicuro che ci saranno contenziosi?
«A causa dei criteri non univocamente utilizzati e dei forti interessi particolari in gioco. Alcuni farmacisti hanno peraltro annunciato il ricorso alle vie legali. L’aula è frequentata non da cittadini qualsiasi, ma dai farmacisti oggi, così come fai lavoratori Gesip domani e dai conducenti di Apetaxi ieri. Questo testimonia la debolezza della politica e i mezzi con cui si tenta di influenzarla. Con pessimi risultati».
Lei cosa avrebbe fatto, quali modifiche?
«Il consigliere non è un tecnico, non poteva apportare modifiche con il rischio di favorire qualcuno».
Perché fa riferimento ai giovani farmacisti?
«Questo è ancora il Paese delle corporazioni, la vera rivoluzione sarebbe lasciare alle esigenze, alla scelta dei cittadini e alla capacità dei singoli farmacisti l’esistenza o meno di una farmacia. Alla fine tutto nasce dall’apertura di un mercato per una norma nazionale del 2012 che fa passare da 4-5.000 abitanti per farmacia ai 3.300 il rapporto e questo significa più farmacie e una torta che per ciascuno diventa un pochino più piccola».
Come si è comportato il suo partito?
«I miei compagni di gruppo si sono astenuti, credo per le motivazioni che ho espresso, ma abbiamo preferito restare in aula ed aiutare la maggioranza ad approvare il piano che prevede comunque una cosa importante: l’apertura di nuove farmacie a Palermo, che poi non sono altro che nuove aziende e servizi più capillari per il cittadino. Le opposizioni non potevano essere presenti al completo perché l’atto avrebbe rischiato di essere bocciato».
Cosa ne pensa della vicenda di Serafino Di Peri, denuncia da Orlando?
«L’ultima volta che il sindaco ha annunciato l’invio di atti in Procura è stata per le motocarrozzetta, forse sarebbe il caso di abbassare i toni, compreso il sindaco. Comunque stiamo parlando di un processo condotto dall’amministrazione su indicazione del sindaco, che era stato taciuto ed è venuto fuori solo grazie al consiglio».
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