A giugno si vota. E se anche a Catania la politica sembra sospendersi nei riti della campagna elettorale permanente, non lo fanno invece le decisioni da prendere, tutte lì sul tavolo. L’ultima dovrà concretizzarsi stasera: il Consiglio discuterà una nuova rimodulazione del Piano di riequilibrio finanziario del Comune. La giunta di Enzo Bianco ne vuole anticipare la scadenza al 2021. Prima, però, la stessa amministrazione aveva dilazionato su trent’anni il pagamento dei debiti dell’ente in luogo dei dieci anni del piano varato nel 2013 dal sindaco Raffaele Stancanelli. Scelta cruciale, da non prendere alla leggera secondo i sedici consiglieri, capitanati da Sebastiano Arcidiacono e Tuccio Tringale, che in una nota hanno chiesto formalmente al sindaco Bianco di partecipare alla riunione del Consiglio. Convocato per il 13 marzo appunto, che è anche il termine ultimo per votare la modifica.
Il vicepresidente del Consiglio Arcidiacono, conversando con
MeridioNews, prova a fare il punto. Andando inevitabilmente con lo sguardo più in là, alle Amministrative. «La seduta di oggi è convocata in urgenza, senza pareri delle commissioni, come tutte le cose di un’amministrazione che sfugge al dialogo – attacca l’ex esponente di Articolo 4 – Non c’è traccia di discussione con la città, le imprese, la Confcommercio, gli industriali, l’associazionismo, il terzo settore. Si può varare un piano che impegna la città per trent’anni senza parlarne con nessuno? Senza che mai il Consiglio sia stato messo in condizione di poter approfondire. Per questo abbiamo convocato il sindaco, che anche ai sensi del regolamento deve essere presente. Lui però è abituato a scappare, non solo dal Consiglio dove non viene da un anno. Bianco scappa anche dalla città. Vediamo che succederà, lo aspettiamo».
Sull’idea di convocare il sindaco si aspettava più appoggio dai suoi colleghi consiglieri?
«Abbiamo avuto l’ok della conferenza dei capigruppo. La proposta che ho presentato è stata accolta da tutti i capigruppo presenti, anche di maggioranza come Pd e Articolo 4, perché tutti ritengono che non si possa sfuggire al confronto. La richiesta ha tutti i crismi regolamentari e soprattutto politici. Il sindaco deve essere presente, ovviamente se ha un minimo di rispetto per il Consiglio».
Nel merito, ritiene errata la soluzione adottata sul Piano di rientro? Perché?
«Non c’è solo questo. Mi preoccupa la mistificazione messa in atto attraverso comunicati infondati, fuorvianti. Il Piano del 2013 è stato svuotato pezzo per pezzo in questi anni e rinviato a trent’anni. Le future generazioni sono già inguaiate. Non possono dire che è stato accorciato di un anno il piano originario: dovrebbero invece dire che è stato accorciato un piano originario di cui rimane molto poco, mentre tutto è stato allungato di trent’anni. Pagano i giovani che, nel frattempo, se ne sono anche andati da Catania».
Le Comunali sono dietro l’angolo. Il futuro sindaco si troverà davanti questo piano. Cosa significherà per chi ci sarà?
«Chi subentrerà dovrà davvero guardarsi tutte le carte e quanti pasticci ci sono. Dietro questa mistificazione può esserci di tutto. Il sindaco che verrà dovrà fare un’operazione verità, con le carte sul tavolo e discutendo con le le parti sociali. Poi si dovranno prendere decisioni, perché l’amministrazione Bianco si è contraddistinta per le non scelte: non fare il piano regolatore, non fare il piano dei rifiuti per cui siamo ancora con proroghe e la differenziata al 7 per cento. Non fare scelte sulle partecipate con dieci milioni di euro di perdite d’esercizio certificate nell’ultimo quinquennio Bianco. Chiunque sarà eletto dovrà vedere le carte, la città anche in termini di conti è peggiorata molto».
Lei chiede che la città venga interpellata. In realtà pare proprio che Catania fatichi a interessarsi a tali vicende..
«La città è stata messa sotto anestesia da un sindaco blindato, impossibile da trovare, irragiungibile. Bianco ha anche attuato una forte cooptazione. Non dimentichiamo che due dei tre maggiori sindacati, Cgil e Uil, sono dentro l’amministrazione, ridotti al silenzio (Angelo Villari, ex segretario Cgil, è stato assessore, per poi
cedere il posto a Fortunato Parisi della Uil, ndr). Ci sono comunque forze che hanno fatto la loro parte, penso a Confcommercio, ma senza essere mai ascoltati. Credo che la gente confidi ormai nel segreto dell’urna per cambiare rotta».
Intanto, però, anche qualcun altro oltre a lei si è posto il problema dell’alternativa al centrosinistra di Bianco. Ad oggi si sono proposti Salvo Pogliese per il centrodestra ed Emiliano Abramo da candidato civico. Crede che siano già sulla strada giusta? Per il secondo dei due, tra l’altro, lei ha fatto un endorsement importante..
«Spero innanzitutto che Bianco si ricandidi, perché la sua bocciatura deve passare dalle urne. Mi auguro che non scappi come fatto negli anni passati. Ho incoraggiato Abramo così come ho incoraggiato, incontrandolo personalmente, Pogliese. Hanno entrambi l’identikit giusto rispetto alle cose per cui mi sono battuto: sono giovani, assicurano un ricambio generazionale. Hanno poi molto in comune, più di quanto loro stessi pensino: sono cattolici, hanno abbozzato linee programmatiche simili su cui battiamo da anni. Mi sento equidistante da loro..»
Dunque la sua adesione al progetto di Abramo non è così scontata come sembrava..
«Ho fatto un incoraggiamento a entrambi. Credo poi che spunteranno anche altri attori. Viviamo un momento particolare, a Catania e nel Paese. La politica deve concentrarsi sui temi e sulla necessità di unire anziché dividere. Non serve un un confronto muscolare come già fanno loro due, senza rendersi conto delle cose che li uniscono».
Sembra quasi che lei auspichi un vero e proprio accordo fra i due.
«Non so se possono riuscirci, potrebbero però esserci altre vie. Magari altre personalità che si mettono in gioco per stare assieme mentre la città grida aiuto. A entrambi dico: provino più a dare risposte alle persone, e pensino meno a vincere le elezioni. Avendo il coraggio di essere anche impopolari, se necessario. Quasi un terzo dei consiglieri in carica sta nel gruppo misto, non si riconosce in nessun gruppo politico o ideologia. Il Consiglio è rappresentativo della città più di quanto immaginiamo».
Lei stesso, lo scorso settembre, aveva indicato nel modello Musumeci delle Regionali la via giusta per costruire l’alternativa a Bianco. Una personalità credibile che rimette in sesto il centrodestra, anche con apporti nuovi. Non crede che Pogliese ci stia già riuscendo, avendo già incassato l’appoggio di varie forze politiche?
«Pogliese è certamente autorevole, vedremo se ci riuscirà. Io vorrei però che si andasse oltre le persone. Musumeci era candidato autorevole, eppure il dibattito delle Regionali è stato penoso, e non per colpa sua. Si è parlato solo di impresentabili. Il rischio, a giudicare dai primi dibattiti, è che si ripeta tutto anche su Catania. Alle Amministrative bisognerà alzare la qualità del dibattito e trovare le convergenze. Sarà da sognatori, ma io ci credo».
A proposito di impresentabili, Abramo ha criticato duramente Pogliese, dicendo anche che farà le liste guardando al casellario giudiziario.
«Si va a sensazioni preventive, quando basterebbe guardare a quello che dice la Costituzione. Ѐ proprio questa qualità del confronto che mi preoccupa. Quando tutto diventa muscolare l’interesse dei cittadini scompare. A chi sarà sindaco tremeranno i polsi, meglio cercare alleanze che divisioni».
Anche il Movimento 5 stelle sta per avanzare un candidato sindaco. Replicheranno il boom delle Politiche?
«Non penso male di loro, sono stati una via democratica per far esprimere alla gente rabbia e delusione verso decenni di scarse proposte politiche. Bianco negli ultimi 25 anni è stato sindaco per 15. Ora vuole pure ricandidarsi in barba a risultati sotto gli occhi di tutti. La crescita della classe dirigente però ha bisogno di più tempo. Penso che saranno presenti in Consiglio, ma in realtà le regole elettorali determinano gli scenari. Il voto di trascinamento li indebolisce, visto che presentano una sola lista. Se vogliono vincere devono per forza arrivare al ballottaggio».
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