Messo al bando 26 anni fa con una legge nazionale, l’amianto continua ancora a minacciare l’ambiente e la salute dei cittadini nonostante sia stata dichiarata fuori legge sia la produzione che la lavorazione di questo materiale. In Sicilia, otto Comuni su dieci non hanno un piano comunale amianto e anche il censimento dei siti contaminati procede a rilento. È preoccupante il quadro fornito dai dati raccolti nel report sull’amianto di Legambiente Sicilia che fa emergere la gravità dei rallentamenti negli adempimenti richiesti e i ritardi legati agli obblighi di legge. «In particolare – specifica a MeridioNews Tommaso Castronovo, responsabile per Legambiente della campagna Liberi dall’Amianto – il problema sta nell’esiguo numero di piani comunali approvati». Sono solo 84 Comuni siciliani su 390 a essersi dotati di questo strumento, appena il 21,5 per cento. Insomma, la cosiddetta fibra killer continua ancora a tenere sotto scacco ampie fette di territorio siciliano.
«Il piano comunale servirebbe innanzitutto a fare una mappatura della presenza dell’amianto e capire dove è diffuso, come si presenta e come si può agire bene per eliminarlo», precisa Castronovo. In pratica, questo strumento dovrebbe essere una radiografia del territorio utile a fornire non solo indicazioni in merito alla collazione delle strutture in cemento amianto – serbatoi, coperture o altro – ma anche sulle modalità per lo smaltimento. Per la rimozione e il riutilizzo dell’amianto, nel maggio del 2013, la commissione Sanità dell’Ars ha dato il via libera al disegno di legge 381, «Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto». Approvata nell’aprile del 2014, la legge definita rivoluzionaria prevede la mappatura della zone a rischio, la creazione di centri di stoccaggio nei Comuni e di una centrale regionale per la bonifica e il riutilizzo, l’istituzione di una struttura ospedaliera per la cura dei soggetti contaminati e per la prevenzione. Il tutto finanziato dalla Regione con il fondo europeo per lo sviluppo regionale e quello sanitario nazionale. Dalla promessa della rivoluzione alla deriva del fallimento però c’è voluto poco. A lungo rimasta solo sulla carta, ancora oggi quella legge è lontana dalla piena applicazione.
«Probabilmente era troppo ambiziosa e, in sostanza, è rimasta inapplicata perché – argomenta Castronovo – la premessa era un piano regionale aggiornato, che era propedeutico a quelli comunali, ma che non è mai stati fatto». Dalle direttive della Regione sarebbero poi dovute conseguire le possibilità di azione per i singoli enti locali. «Ma è un cane che si morde la coda e la sola cosa su cui si possono basare i dati attuali, infatti, solo le autonotifiche che arrivano direttamente dai cittadini in possesso di questo materiale che le inviano all’Arpa competente per territorio che, a sua volta – spiega – le fanno arrivare all’ufficio amianto regionale che si occupa poi di fare il censimento. In pratica siamo all’anno zero». Nel 2017, di autonotifiche ne sono pervenute solo 381, un terzo rispetto a quelle registrate durante l’anno precedente con 1.113 comunicazioni da parte dei cittadini. Ed è la mancata approvazione del piano regionale ad aver messo in stand-by tutto il resto, bonifiche comprese. Con queste modalità sono state censite 12.057 strutture con presenza di cemento amianto e si tratta in prevalenza di edifici residenziali che sfiorano la soglia del 70 per cento del totale. «Ma questa è solo una goccia nel mare – precisa il curatore del report – Per altro, la maggior parte di questi stabili sono stati costruiti prima del 1990 e, quindi, saranno probabilmente soggetti a ristrutturazioni con il rischio che a intervenire siano ditte non specializzate che provocano la dispersione delle sostanze killer».
Questo quadro della situazione alimenta anche «comportamenti deprecabili sullo smaltimento. Da un sondaggio condotto su circa duemila cittadini siciliani – racconta Castronovo – è emerso che oltre il 70 per cento di coloro che hanno posseduto strutture in eternit ha ammesso di averle dismesse senza fare riferimento a una impresa autorizzata ma provvedendo da sé senza alcuna precauzione o abbandonandole in strade poco frequentate». L’esposizione all’amianto, però, si traduce anche se non immediatamente nell’insorgenza di patologie mortali, prima fra tutte il mesotelioma pleurico. Tra il 1998 e il 2016 nell’Isola i casi registrati sono più di 1.500. Il triste primato in valore assoluto spetta a Palermo, mentre rapportando i dati alla popolazione residente la provincia a più alta incidente annuale è Siracusa, seguita da Palermo e poi da Ragusa. «In pratica sono più delle morti sul lavoro, ma il fenomeno non è percepito in maniera così forte, forse anche a causa del lungo periodo di latenza delle malattie connesse all’asbesto che, in alcuni casi – dice il rappresentante di Legambiente – può anche durare 60 anni e rende la correlazione più complicata».
Rispetto a un rischio conclamato che miete migliaia di morti all’anno e che provoca danni all’ambiente, le misure messe in campo dalle amministrazioni pubbliche «sono inadeguate e insufficienti, a partire dall’informazione alla popolazione sui pericoli per la salute e per finire agli interventi di risanamento ambientale, bonifica e corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto». Lo sa bene Calogero Vicario, coordinatore regionale dell’Osservatorio Nazionale Amianto che da ex saldatore del polo petrolchimico di Priolo Gargallo è affetto da una patologia asbesto correlata ed è dovuto andare a Siena per la sorveglianza sanitaria. A dicembre scorso, l’azienda sanitaria provinciale di Siracusa ha dato il via al servizio di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie legate all’amianto con l’attivazione del centro regionale all’ospedale Muscatello di Augusta. «È vero che, in teoria, la struttura è aperta ma in pratica – lamenta Vicario – non funziona: dovrebbe dare a tutti i lavoratori la possibilità di sottoporsi a controlli specifici e non fungere solo da deposito cartaceo, ma senza le adeguate strumentazione non è possibile. Così, nonostante la legge, la gente continua a morire e oggi, in occasione della giornata mondiale delle vittime dell’amianto – conclude Vicario – vorrei sollecitare tutti gli organi preposti ad attivarsi il prima possibile per evitare che la scia lasciata dalla fibra killer continui».
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