Dopo i recenti atti di vandalismo, la statua di Sant’Agata in via Cardinale Dusmet è tornata alla luce circondata da un intonaco color rosa confetto, che non può non catalizzare l’attenzione e la curiosità dei passanti. Ma perché è stato scelto proprio questo colore e, soprattutto, chi si è occupato del restauro? A chiederselo non sono solo i cittadini e i commercianti della zona. La stessa soprintendenza ai Beni culturali, guidata da Mirella Patanè, ha disposto immediatamente accertamenti. «Vi ringrazio per la segnalazione – commenta Patanè – il colore scelto è a dir poco singolare e siamo i primi a voler sapere chi sia il responsabile del restauro, perché agli atti non abbiamo traccia di alcuna proposta di progetto».
A chiedere chiarezza all’amministrazione è stato, in Consiglio comunale, il consigliere del Pd Niccolò Notarbartolo, ma anche all’interno dell’assessorato al Decoro urbano e alla manutenzione, a quanto pare, si brancola nel buio: «Non me ne sono occupato io», dichiara l’assessore all’Urbanistica Salvo Di Salvo. Il tecnico archeologo Iorga Prato ha espresso seri dubbi sul rispetto da parte del responsabile dei lavori del cosiddetto piano del colore, «una sorta di piano regolatore cromatico della città – commenta Prato – di cui Catania non è dotata ufficialmente, a quanto ne so».
Prato sottolinea il valore della fontana del 1621, chiamata oggi Lanaria, «inserita in una edicola di primo barocco, caratterizzata da due colonne o semicolonne reggenti un frontone spezzato. Al di sotto del busto della Santa – spiega – si possono contare tre getti della fontana, oggi sostituiti dall’epigrafe relativa ai lavori di ristrutturazione delle mura». Sulla destra, invece, «si può vedere una panca rettangolare. Quest’ultima, insieme alle decorazioni dell’edicola, è andata irrimediabilmente perduta».
A questo punto, però, per la soprintendente ai Beni culturali l’interrogativo non riguarda solo il rosa acceso. «Stiamo cercando di capire chi si è preso la briga di ritinteggiare l’altare dedicato alla Santa», assicura Patanè. Frattanto gli esercenti della zona confermano di aver visto in questi giorni alcuni operai dare colore all’edicola votiva. «Erano dei signori con dei camici colorati e un furgone, li ho visti martedì mattina, ma non saprei dire chi fossero», racconta un ristoratore di via Dusmet.
Che si sia trattato di una libera iniziativa? «A caldo, direi che è possibile che se ne siano occupati autonomamente dei devoti», aggiunge Mirella Patanè. «Statue come questa hanno sì un grande valore artistico, ma soprattutto hanno un forte significato religioso per molti cittadini». La soprintendente chiarisce però che, al momento, si tratta soltanto di supposizioni.
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