Trenta giorni, da oggi scatta il conto alla rovescia. Dopo il secco rifiuto all’accordo partorito dal Mise, i lavoratori tornano a far sentire la loro voce per ribadire il loro no ai 2988 licenziamenti annunciati il mese scorso dall’azienda. Oggi due ore di sciopero (una a inizio e una a fine turno) e per domani un’intera giornata di protesta con il concentramento previsto in piazza Marina; da lì corteo raggiungerà piazza Indipendenza, sede della Presidenza della Regione. L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione sulla vertenza e trovare un’alternativa al piano di esuberi annunciato dall’azienda il 21 aprile scorso (1670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli). La speranza è di far ripartire il dialogo tra le parti (sindacati e azienda) con il ruolo attivo delle istituzioni locali e nazionali, il Governo nazionale in particolar modo.
Una strada in salita dopo che al termine delle assemblee, una valanga di no ha travolto la proposta di accordo frutto del braccio di ferro tra parti sociali e azienda, con la mediazione del Mise. La bozza che prevedeva lo stop alla procedura di mobilità e contratti di solidarietà per 6 mesi a partire dal primo giugno non ha mai convinto i lavoratori. Per la maggioranza di loro, si sarebbe trattato solo di un rinvio dell’iter, a fronte della certificazione dell’esistenza degli esuberi stabilità dalla società. Con oggi si conclude la fase sindacale del procedimento e la vertenza passa formalmente al ministero del Lavoro anche se al momento non sono partite convocazioni ufficiali.Trenta giorni di tempo per individuare soluzioni alternative. A partire dal 5 giugno, l’azienda avrà a disposizione quattro mesi per formalizzare i licenziamenti.
Il futuro al momento è assai incerto. Dopo i referendum, quindi, riparte l’iter dei licenziamenti annunciato dall’azienda. Almaviva, preso atto della bocciatura, ha ribadito la necessità di individuare soluzioni strutturali per il settore, con un quadro normativo certo e l’applicazione delle sanzioni per chi trasgredisce le regole. Un appello al Governo, che su questo fronte si è impegnato con il viceministro Teresa Bellanova, ma ha anche sottolineato lo sforzo fatto fin qui per raggiungere un accordo: «Nel quadro di possibile intesa che si era individuato con il sindacato – ha detto ieri Andrea Antonelli, amministratore delegato di Almaviva Contact – avevamo ufficialmente confermato, assumendo un onere aggiuntivo estremamente rilevante, che nessuna delle soluzioni indicate per il nuovo contratto di solidarietà avrebbe comportato alcuna forma di peggioramento della posizione reddituale di ogni singolo lavoratore, rispetto a quanto previsto dall’accordo attualmente in vigore».
Sull’altro versante, i sindacati che contestano punto per punto i contenuti della bozza sottoposta ai lavoratori: «Sicuramente prevedeva un peggioramento delle condizioni contrattuali – ha detto il segretario Slc Cgil Palermo, Maurizio Rosso – a partire dal passaggio dal part time verticale a quello orizzontale e poi la mancanza di certezze del rimborso della quota Inps di solidarietà». E poi puntano il dito contro l’addio della sede di via Marcellini, a Palermo: in assenza di novità, entro la fine di giugno tutti i lavoratori saranno concentrati in quella di via Cordova: «L’unico modo per farli stare tutti lì – prosegue – e con una solidarietà fissa al 45%. Ma in questo modo – ha aggiunto – si certifica il licenziamento dei lavoratori». E per i prossimi 30 giorni promettono battaglia: «Quando incontreremo l’azienda chiederemo un piano industriale serio, mentre al Governo garanzie sulle regole, stop ad appalti al massimo ribasso, ammortizzatori sociali dedicati al settore e una politica industriale. Nessun lavoratore – ha concluso – deve rimanere a casa».
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