Alluvione, a Ramacca intere famiglie ancora isolate «Strade trasformate in fiumi, diversi ponti crollati»

Ci sono famiglie, a Ramacca, che sono ancora chiuse nelle loro abitazioni e isolate da tutto il resto della cittadinanza. Sono quelle che abitano a ridosso della strada provinciale 103, a circa un chilometro di distanza dal centro ramacchese. Non serve neanche essere in periferia, lì, per soffrire i danni più gravi dell’alluvione che ha colpito l’intero territorio calatino la scorsa notte. Anche in questo caso, non ci sono ancora stime precise sui danni, visto che gli interventi della protezione civile sono ancora in corso. «Sto andando in questo momento a verificare lo stato del ponte in contrada Capizzi, alcuni altri sono crollati», spiega il dirigente della protezione civile comunale di Ramacca Salvatore Consoli, intorno alle 17.30, nel corso di una giornata «che è cominciata prestissimo». Le scuole ramacchesi sono chiuse e lo rimarranno anche domani, mentre si tenta di calcolare i danni a edifici scolastici e pubblici, prima di passare alla ricognizione sulle abitazioni private. E sui campi.

«In totale ho subito danni per circa 350mila euro», interviene l’imprenditore agricolo Carmelo Ricca. I suoi terreni sono in contrada Monaci, uno dei punti più alti del territorio di Ramacca, al confine con quello di Mineo. «Qui da noi non ci sono torrenti o canali che ci hanno dato problemi, è solo l’acqua che è caduta dal cielo ad averci distrutti – prosegue – Negli agrumeti ci sono circa cinquanta centimetri di acqua: le piante sono state sradicate, i frutti vengono rigettati perché sono ormai fradici». Un’intera produzione che con ogni probabilità andrà perduta. Assieme a quella del grano, per cui era periodo di semina: «La terra vomita acqua. Dobbiamo aspettare che si asciughi prima di poter piantare i semi: serve che non piova una sola goccia d’acqua per almeno un mese per non perdere il raccolto futuro». Una ipotesi che, però, fa a pugni con la probabilità che per questo autunno le piogge straordinarie siano cessate.

Il problema, sottolinea l’imprenditore 35enne, non è soltanto di chi perde l’investimento che ha fatto. «Ma diventerà più avanti un problema di chi sarebbe dovuto venire a raccogliere i frutti, di chi ci doveva aiutare ad arare, di chi doveva vendere». Un indotto che si allarga a macchia d’olio sull’intero territorio di Ramacca e arriva fino a quelli dei centri più vicini, come Palagonia e Mineo. «Siamo più confusi che persuasi – aggiunge Carmelo Ricca – Tutto attorno si vede soltanto acqua, sembra il mare». Lui quasi non riesce a parlare. «Né mio padre né mio nonno hanno mai visto una cosa simile: la montagna che non ne vuole più. I nostri invasi sono talmente colmi che non sappiamo neanche dove buttarla». Un problema che dovranno risolvere nei prossimi giorni, assieme a quello del muro che cingeva il piccolo gruppo di abitazioni in cui lui e la sua famiglia vivono: «Era alto sei metri ed è crollato. Ci ha liberati il Comune intorno all’una del pomeriggio, siamo rimasti tutta la mattina intrappolati in casa».

Luisa Santangelo

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