È stata definita «una delle più lunghe allucinazioni collettive da Lsd mai sperimentate». Tra il 1902 e il 1905 Alicudi, la piccola isola dell’arcipelago delle Eolie, è stata teatro di misteriosi eventi: gli abitanti dell’epoca hanno testimoniato di avere visto essere umani trasformarsi in corvi o gatti e fantasmi di animali fantastici sparire nel nulla. Oscure presenze con cui avevano imparato a convivere pensando di essere stati vittima di una maledizione. Tra miti e leggende che si tramandano fino a oggi, una spiegazione sarebbe arrivata dalla scienza con le panificazioni psichedeliche. «Una delle ipotesi più accreditate – spiega a MeridioNews Massimiliano Palmesano, ricercatore universitario di Storia delle religioni ed esperto di streghe del Sud – è che venisse mangiato pane prodotto con farina di segale infestata dalla claviceps purpurea, un fungo parassita delle graminacee che provoca effetti allucinogeni».
Alla base delle allucinazioni collettive durate almeno tre anni ad Alicudi ci sarebbe, dunque, quella che nella tradizione popolare è conosciuta con il nome segale cornuta. Un cereale con potenti proprietà psichedeliche che fu utilizzato dallo scienziato Albert Hoffman durante i suoi esperimenti che portarono alla scoperta dell’Lsd (l’acido lisergico), uno dei più forti allucinogeni conosciuti. Mahare (streghe) in grado di volare in sella alle loro scope fino a Palermo o all’Africa (da dove sarebbero rientrate portando oggetti mai visti prima sull’isola) e capaci di gettare il malocchio e fare potenti incantesimi; uomini che si trasformano in animali; pescatori che tagliano le trombe marine con formule magiche. Storie che, ancora oggi, conservano un’aura di mistero e di magia. «Gli arcudari affermano di non vedere più nulla del genere da tempo ma – racconta Palmesano – molti sostengono di credere alla veridicità di quelle visioni straordinarie talmente frequenti da essere ritenute reali».
La questione del pane allucinogeno, però, non spiegherebbe a tutto e lascerebbe comunque diversi interrogativi in sospeso. «Innanzitutto, sembra strano che sia accaduto solo nell’arco di tre anni – fa notare il ricercatore – Poi, c’è da tenere in considerazione che l’assunzione di grandi quantità del fungo provoca l’ergotismo cancrenoso, ovvero il fuoco di Sant’Antonio detto anche fuoco sacro. Come è possibile che non ci sia stata un’epidemia?». Si chiede l’esperto che non esclude che possa essersi trattato di un uso non inconsapevole, bensì «conscio e culturale della pianta, retaggio di antiche pratiche religiose, da parte delle mahare di Alicudi che conoscevano bene le sue proprietà visionarie e lo utilizzavano a scopi rituali. Non bisogna dimenticare – aggiunge – che la spiritualità antica nell’area del Mediterraneo è fatta soprattutto di estasi». Del resto, contadini e pescatori sono sempre stati anche custodi di tradizioni millenarie, «e non sarebbero stati così stupidi da mangiare per tutto quel tempo del cibo amaro: chi ci dice – conclude Palmesano – che non fossero già capaci si separare le parti tossiche dalle componenti psicoattive?».
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