Aleph occupa palazzo Ursino Recupero «Se non vanno via, il restauro non inizierà»

Dopo l’ex Collegio dei Gesuiti, il collettivo Aleph accende i riflettori su un altro edificio di grande valore, ma a rischio degrado, in pieno centro storico: il palazzo di via Gallo che fu la residenza del barone Antonio Ursino Recupero, lasciato poi in eredità alla fondazione che porta il suo nome. I militanti dell’Aleph usano la via già praticata in passato: l’occupazione. Da ieri mattina sulla facciata dell’immobile che sorge in una traversa di via Crociferi, a pochi metri dal dipartimento di Giurisprudenza, sono esposti due striscioni, «Istruzione, casa, reddito, spazi sociali. Tutto per tutti», sono queste le parole d’ordine. Allo spazio è stato dato anche un nuovo nome: Centro sociale occupato Liotru. «Vuole essere un luogo aperto alla città fuori dalle logiche del commercio, dove sia possibile esprimere il proprio bisogno di aggregazione, creatività e libertà tramite la condivisione di idee e sapere», scrivono in un comunicato gli occupanti.

Ma a poche ore dall’occupazione, al portone di via Gallo si sono presentati la Digos, insieme alla direttrice della biblioteca Ursino Recupero, Rita Carbonaro. «Ci hanno detto che proprio in questi giorni era previsto l’inizio dei lavori di restauro e che la nostra presenza rendeva le cose più difficili», raccontano gli attivisti che preferiscono rimanere anonimi. La direttrice conferma la visita, ma sottolinea che gli occupanti non hanno voluto parlarle. «Se fossero venuti prima, gli avrei spiegato come stanno le cose – spiega – se si agisce per il bene della città, come dicono, è bene prima confrontarsi con i proprietari».

Il palazzo è stato lasciato nel 1925 in eredità dal barone alle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero. Fino ad allora era stato usato come residenza e biblioteca dal nobile. Successivamente il piano superiore fu affittato all’Università di Catania, precisamente al seminario giuridico, che vi collocò uffici amministrativi. Mentre a piano terra le botteghe venivano usate per fini abitativi. «Questa situazione – precisa la direttrice Carbonaro – è andata avanti fino a qualche anno fa, quando si sono verificati dei crolli dal tetto. A quel punto l’università non rinnovò l’affitto e noi abbiamo convinto gli inquilini che abitavano al piano terra sin dal 1930 ad andare via, considerati i rischi per la stabilità». Scatta quindi la ricerca di un finanziamento per restaurare l’edificio. Fondi che vengono stanziati nel 2010 dal ministero dell’Economia per una cifra pari a 750mila euro.

Il finanziamento dà luogo a due diversi appalti. «Il primo – spiega Carbonaro – è in dirittura d’arrivo: l’intervento ha interessato due ambienti piccoli che si trovano sotto la biblioteca, usati in passato dai custodi. I lavori sono quasi ultimati, manca il sistema d’allarme e poco altro». Il secondo, ben più corposo, da 650mila euro, ha visto la ditta ragusana Mgm Costruzioni vincere la gara d’appalto, ma il contratto con il presidente della Fondazione biblioteche riunite, che è il sindaco della città, quindi Enzo Bianco, non è stato ancora firmato. «E’ tutto pronto, serve solo che le parti si incontrino», spiegano dalla Protezione civile di Sant’Agata Li Battiati che vigilerà sui lavori insieme alla Soprintendenza. Il restauro comporterà la messa in sicurezza con interventi sulla facciata e il tetto in primo luogo. «Ma per iniziare i lavori, l’edificio deve essere sgombro», ripetono sia la direttrice sia la Protezione Civile.

Gli occupanti dell’Aleph sono al secondo giorno di occupazione. Perché tutta questa fretta proprio adesso? «La firma del contratto dipende dalla disponibilità del sindaco – rispondono dal centro di Sant’Agata Li Battiati – ma la stipula potrebbe arrivare entro febbraio». Intanto i militanti hanno pulito alcune stanze del grande edificio, che tuttavia al momento rimane chiuso. «In questi giorni non abbiamo in programma attività e apertura causa festività agatine», affermano dall’Aleph. In futuro, però, l’obiettivo è farlo diventare palestra popolare, doposcuola popolare, biblioteca autogestita e sala proiezioni.

Dall’altro lato la direttrice già pensa a come trasferire, una volta finiti i lavori, una parte dei libri, soprattutto i fondi giuridici, che attualmente sommergono la biblioteca che ha sede al monastero dei Benedettini. «Ma se riuscissimo ad ottenere un nuovo finanziamento – conclude la direttirce – si potrebbe pensare di destinare la parte superiore come aula studio e sala multimediale aperta alla città».

Salvo Catalano

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