«A volte la legge non coglie la normalità della vita, rimane indietro rispetto ad essa. Con questo gesto cerchiamo soltanto di recuperare il ritardo». Le parole con le quali il sindaco di Palermo Leoluca Orlando trascrive il primo atto di nascita di sette bambini palermitani, con due genitori dello stesso sesso, raccoglie gli applausi commossi dei genitori – tutti emozionatissimi – e i sorrisi dei bambini, che hanno scorazzato per Palazzo delle Aquile con la maniera un po’ anarchica dei fanciulli. Con la firma del primo cittadino il Comune riconosce dunque legittimità a famiglie esistenti da tempo, ma che per le istituzioni finora erano rimaste invisibili.
Una firma che, non a caso, giunge nel giorno del Pride. E che è, oltre a essere un atto amministrativo che si traduce in un riconoscimento dei diritti, ha una chiara e innegabile valenza politica. «Significa che l’amministrazione di Palermo spiega allo Stato qual è il lavoro delle istituzioni – afferma Luigi Carollo, del coordinamento Palermo Pride -, che spesso aiuta conoscendo l’esistente, senza togliere nulla. Sembra una cosa semplice e invece appare straordinaria. I bambini e le bambine che sono oggi qui presenti hanno una rete di relazioni di persone che amano e che esiste comunque. Il fatto che le istituzioni riconoscano l’estensione di questa rete di relazioni vuol dire che da oggi i genitori sono ufficialmente parenti dei bambini. Così è riconosciuto il ruolo familiare delle mamme e dei papà non biologici, che significa riconoscere quello che è già».
E, appunto, non si può non pensare in questo caso al ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, che sin dal suo insediamento ha affermato che per lui «l’unica famiglia possibile è quella naturale, dove un bambino deve avere una mamma e un papà», mentre quelle arcobaleno «per legge non esistono». «Credo che questo sia il migliore insegnamento che da Palermo arrivi a un governo un po’ sordo su queste tematiche» chiosa Carollo. I genitori intanto si godono il momento. Al momento sono sette le coppie che hanno firmato, anche se nei prossimi giorni se ne attendono altre.
«È una vittoria di tutte le famiglie, è una vittoria di civiltà» afferma Daniela D’Anna, che per prima aveva inoltrato l’istanza al Comune per riconoscere gli stessi diritti degli altri bambini alla propria figlia Vittoria. Una richiesta che era stata rilanciata da Arcigay Palermo e Famiglia Arcobaleno nella giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e transfobia, alla luce della nuova pratica avviata da alcuni Comuni italiani come Napoli, Torino e Milano. «Da oggi i nostri due bambini non sono più bambini di serie B» afferma Domenico, padre – insieme al proprio compagno – di due maschi nati negli Stati Uniti. «Ora ufficialmente i nostri bambini possono dirsi fratelli, ciò per loro vorrà dire un arricchimento e per noi una tutela dal punto di vista legale».
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