Agrigento, due incendi dolosi in una chiesa Parroco nel mirino, in passato scritte su di lui

Chi ce l’ha con padre Giammusso? È quello che si stanno chiedendo gli investigatori, dopo i due incendi che, in appena sei giorni, hanno devastato la sagrestia e lo studio del parroco della chiesa Santa Teresa del Bambin Gesù di Agrigento.

Padre Giuseppe Giammusso, originario della vicina Campobello di Licata, ma da sempre residente nel capoluogo di provincia, è molto apprezzato dai fedeli del tempio di via Luciani, ma anche da tutti coloro i quali abitano nel quartiere prossimo al centro storico di Agrigento e, praticamente, ogni giorno scambiano un saluto, una battuta, una stretta di mano con quel sacerdote che stimano e rispettano, e non da ora. Eppure il parroco è finito nel mirino di criminali che non si sono fatti scrupolo di porre in atto gesti sacrileghi pur di intimidirlo.

Alla fine della scorsa settimana, di notte, il fuoco è stato appiccato alla sagrestia della chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù. Le navate del tempio sono state appena sfiorate dalle fiamme, solo in piccola parte annerite dalle fuliggine, ma dei locali attigui non è rimasto nulla: paramenti sacri, volumi, mobili e suppellettili sono andati distrutti. Non erano state trovate tracce di liquido infiammabile, né segni di effrazione. Perciò per i vigili del fuoco c’erano pochi dubbi sul fatto che il fuoco fosse stato provocato da un corto circuito. Però cinque giorni dopo gli inquirenti si sono dovuti ricredere. Perché ancora di notte, ad essere distrutto dalle fiamme è stato lo studio di padre Giuseppe Giammusso, che si trova negli stessi locali che ospitano la parrocchia e la sagrestia. Anche stavolta il fuoco ha divorato tutto: libri, registri della chiesa, persino le chitarre dei giovani del gruppo parrocchiale. E a non lasciare dubbi sulla natura dolosa è stata la scoperta fatta da carabinieri e polizia: il fuoco era partito da un armadietto dello studio che i piromani avevano scardinato, prima di incendiarlo.

Ora per gli inquirenti, visto che sono stati messi a segno nel giro di pochi giorni, è certo che entrambi i roghi sono dolosi. Gesti gravissimi, oltre che sacrileghi, compiuti contro un parroco che qui tutti amano. Tanto che all’indomani del secondo incendio, non solo i fedeli della chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù sono corsi in via Luciani per abbracciare il loro parroco, quasi a volergli fare da scudo contro chi ce l’ha con lui. Ma anche il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo metropolita di Agrigento, a sorpresa, senza avvisare, di pomeriggio si è presentato in chiesa, proprio mentre padre Giammusso diceva messa davanti ad una folla di devoti, per manifestargli solidarietà e pieno sostegno.

«Il Signore ci chiede di avere il coraggio – ha detto il cardinale parlando dal pulpito – della nostra fede e del suo amore, diciamo di no a chi compie determinati gesti, qualunque sia il suo motivo. Il nostro territorio è un po’ litigioso, quanti cristiani vanno a messa e quanti tra di loro non si parlano. Cerchiamo di essere luce in questo buio, cerchiamo di fare in modo che chi incontra noi possa sentirsi vicino al cielo, possa avere il desiderio del bene».

Carabinieri e polizia non stanno tralasciando alcun dettaglio, nel tentativo di fare luce sulla vicenda. Stanno verificando anche se i due incendi possano essere collegati, in qualche modo, con delle frasi minacciose, rivolte a don Giuseppe Giammusso, comparse su alcuni muri del centro qualche tempo fa, e che facevano riferimento a Salvatore Rotolo, carabiniere agrigentino condannato a 18 anni in appello per l’omicidio della compagna. In quell’occasione padre Giammusso, rispondendo alle domande dei cronisti, aveva detto che lui quell’uomo non lo aveva mai conosciuto, e che si era limitato a dare conforto spirituale alla famiglia del giovane, che aveva raggiunto la parrocchia per chiedere consolazione in seguito ad una vicenda che li aveva devastati. Ma quella è una storia ormai dimenticata, difficile dire se c’entri con le intimidazioni degli ultimi giorni. 

Giacinto Pira

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