Un educatore di una comunità per minori disabili di Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. Avrebbe abusato, insieme ad altri due minorenni che risultano indagati, di una ragazza con deficit mentale e all’epoca minorenne.
La Procura ha disposto l’arresto dell’uomo, Carmelo Angelo Grillo, di 52 anni, e il gip lo ha convalidato. Le prove sarebbero emerse sia da alcune intercettazioni ambientali che dalla perquisizione della casa dell’educatore. Elementi che avrebbero confermato quanto raccontato da alcuni testimoni e dalla stessa vittima. Secondo l’accusa, il 52enne faceva fumare hashish a diversi ospiti della comunità e gli faceva guardare video porno in cui uno dei protagonisti sarebbe stato lo stesso educatore.
«Parliamo – ha commentato il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale – di violenza sessuale nei confronti di una ragazza affetta da handicap, violenza sessuale di gruppo assieme ad altri minori. Reati che ci lasciano sgomenti ad opera di un soggetto che aveva l’obbligo di curare e sorvegliare questi minori, abusando del ruolo che aveva. Tralasciando la somministrazione di hashish e alcool a minori». Di Natale ha precisato che «i fatti si sono consumati fino al giugno del 2015, sia nelle comunità in cui operava che nell’abitazione di questo operatore in cui venivano portati minori maschi e femmine che potevano avere rapporti sessuali nella sua casa, rapporti che lui filmava o tentava di filmare o gli faceva vedere filmati in cui lui era il protagonista».
«Persistendo nella sua azione – scrivono i pubblici ministeri Salvatore Vella e Simona Faga nel decreto di fermo – l’indagato ha dimostrato di non percepire il significato antigiuridico delle proprie condotte, rendendo in tal modo indispensabile l’adozione di una misura cautelare idonea che ne argini l’azione e lo dissuada dal porre in essere qualsiasi altra forma di abuso nei confronti di chiunque ed in particolare di minori e soggetti deboli».
Il procuratore capo ha sottolineato come la vicenda sia venuta alla luce «per un mero caso», perché «una responsabile della comunità, raccogliendo le confidenze di una ragazza s’è decisa, con coraggio, a denunciare i fatti. E l’indagine è subito partita». Quindi ha rimarcato come siano insufficienti i controlli su queste comunità: «Oltre ai controlli formali – ha detto – è necessario controllare i soggetti nei cui confronti vengono accreditate queste strutture e i soggetti che vi operano. Chi ha il dovere di controllare si attivi subito ed eventualmente vengano revocati gli accrediti».
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