Agricoltura, la truffa dei fondi europei  Anche Cosa Nostra torna alla terra

A Ennafondi europei per l’agricoltura arrivavano direttamente nelle tasche del presunto reggente di Cosa Nostra. A Caltagirone il capitano della Guardia di finanza che lo scorso febbraio ha condotto una vasta operazione ha sequestrato beni per quasi tre milioni di euro, precisando che si trattava di appena «un quarto dei finanziamenti sottratti illecitamente». La scorsa settimana ancora le Fiamme gialle hanno messo i sigilli a terreni e fabbricati tra Siracusa e Ragusa per un valore di 600mila euro, perché una società di allevamento per sei anni avrebbe ottenuto risorse comunitarie usufruendo di terreni, all’insaputa dei legittimi proprietari. In Sicilia il ritorno alla terra non vale solo per giovani e motivati imprenditori. Ma anche per truffatori e, in molti casi, per la criminalità organizzata. Lo certificano le numerose inchieste portate avanti recentemente da diverse Procure. Lo dimostrano le denunce delle istituzioni coinvolte e le storie dei contadini vessati dalle nuove forme di violenza e intimidazione. Costretti a cedere i propri appezzamenti o catapultati senza neanche saperlo dentro indagini per truffa. 

Diego Gandolfo, originario di Favignana, e il bolognese Alessandro Di Nunzio sono due giovani giornalisti che hanno percorso in lungo e in largo l’Isola per cinque mesi, mettendo insieme i racconti degli agricoltori. Con la loro inchiesta, Fondi rubati all’agricoltura, hanno vinto il premio di giornalismo d’inchiesta dedicato a Roberto Morrione, ex direttore di RaiNews24. «In tutte le province siciliane la terra è un obiettivo della criminalità organizzata – spiega Gandolfo – perché alla terra corrispondono ricchi finanziamenti europei, la mafia rurale non è passata, è più viva che mai. E chi è custode della terra, sia agricoltori che istituzioni, è costretto a subire». È il caso ad esempio del sindaco di TroinaSebastiano Fabio Venezia, che ha sfidato la mafia dei Nebrodi e da dicembre è costretto a vivere sotto scorta per le minacce ricevute. «Il territorio dei Nebrodi è stato per lungo tempo terra di nessuno – ha spiegato a MeridioNews – e la criminalità rurale è riuscita ad avere un controllo capillare e a curare indisturbata i propri interessi economici. Per scardinare questo sistema occorrerà una forte sinergia tra cittadini ed istituzioni. Si tratta di uno sforzo collettivo che deve riguardare non solo le forze dell’ordine e la magistratura inquirente: anche le altre istituzioni devono fare la propria parte».

Violenza, intimidazione e corruzione sono alla base delle truffe nei confronti dell’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, l’ente che sta a Roma e che gestisce i fondi stanziati dal Fondo Europeo Agricolo di Garanzia e dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale. Dal 2013 gli investigatori di Caltagirone, coordinati dalla locale Procura, portano avanti indagini che si sono estese su tutta la Regione. Nel marzo di due anni fa è finito nella rete dei carabinieri Salvatore Seminara, 66 anni, ritenuto il fiduciario del boss La Rocca di Catagirone, e che si trovava già nel carcere di Parma per associazione mafiosa; a gestire sul territorio gli affari sarebbe stata la moglie Maria Concetta Sciarpa, per cui in quell’occasione sono scattati gli arresti domiciliari. Un’altra operazione della Finanza – a maggio del 2014 e nel febbraio del 2015 – ha fatto luce su una truffa di 2,7 milioni di euro. Tra le vittime, cioè i proprietari dei terreni ignari di quanto succedeva, c’erano la Diocesi di Agrigento, il Consorzio Sviluppo Industriale di Gela e il Comune di Termini Imerese. E anche in quell’occasione finirono in manette soggetti vicini a Cosa nostra.  

«C’è un canovaccio comune – spiega il giornalista Diego Gandolfo – la mafia si prende le terre in due modi: o costringendo gli agricoltori ad abbandonarla, a venderla a niente, come sta succedendo a Enna e Caltanissetta, a 12 euro all’ettaro. Il secondo pilastro di questo metodo è la documentazione falsa, contratti di affitto e di vendita taroccati». Vengono selezionate le terre per le quali non sono stati mai chiesti contributi all’Agea. «Fino al 2011 bastava l’autocertificazione, adesso il sistema di controllo è molto più forte», precisa Gandolfo che individua nei Centri di assistenza agricola il vero buco nero. «Sono enti privati che fanno da tramite tra gli agricoltori e l’Agea – spiega – sono quelli che dovrebbero fare i controlli, ma non hanno un obbligo, si limitano quindi a un controllo superficiale. E spesso non denunciano, per paura e complicità». 

L’ammontare delle truffe legate alla terra è difficilmente quantificabile. «Secondo la Corte dei conti nazionale – conclude Gandolfo – nel 2013 le truffe acclarate in Sicilia e in Campania ammontavano a 200 milioni di euro, di cui al 70 per cento irrecuperabili. Ma ce ne sono molte di più, alcune mai emerse, altre andate in prescrizione». 

Salvo Catalano

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