Agguato ad Antoci, chiesta archiviazione indagine Nessun riscontro sulle cicche di sigarette trovate

L’indagine sull’agguato a Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, va verso una possibile archiviazione. Lo ha chiesto la Procura di Messina che indaga su quanto successo la sera del 18 maggio del 2016, quando qualcuno ha costretto l’auto su cui viaggiava Antoci a fermarsi, collocando delle pietre lungo la carreggiata della strada tra San Fratello e Cesarò, e ha sparato tre colpi di fucile sulla macchina. Un agguato che è stato fermato dall’arrivo del commissario di Sant’Agata di Militello, Davide Managanaro. 

La Procura ha indagato 14 persone, orbitanti in ambienti della mafia dei Nebrodi o affiliati, per comparare il loro dna con quello dei mozziconi di sigaretta trovati a bordo strada, ma l’esito di questi accertamenti è stato negativo. In sostanza, a distanza di due anni da quei fatti, non ci sono elementi per continuare l’indagine verso una precisa direzione. La richiesta di archiviazione è stata firmata dai magistrati della Dda Angelo Cavallo, Vito Di Giorgio e Fabrizio Monaco, e dal capo della procura Maurizio De Lucia. Adesso a decidere se chiudere qui il caso o chiedere alla Procura di continuare, sarà il giudice per le indagini preliminari.

La perizia balistica che è stata affidata alla polizia scientifica ha concluso che a sparare è stata una sola persona che ha esploso tre colpi di fucile dall’alto verso il basso. Secondo la perizia i colpi dovevano servire non per uccidere, ma ad arrestare la corsa dell’auto per poi lanciare le bottiglie molotov per incendiare l’auto costringendo così Antoci e gli uomini della scorta ad uscire dall’auto blindata e probabilmente ucciderli. Un piano che non sarebbe stato realizzato grazie all’arrivo del dirigente di polizia Manganaro che ha sparato sui killer. A bordo strada sarebbe stata infatti trovata anche una macchia di sangue, ma pure su questo non sono stati trovati riscontri dagli investigatori della squadra mobile di Messina. 

«Il tempo è galantuomo, e prima o poi la verità verrà a galla. Chi in questi mesi si preoccupava morbosamente di verificare che sulla sua auto non ci fossero microspie lo faceva per un motivo che prima o poi verrà fuori – dice Antoci a MeridioNews facendo riferimento all’indagine su alcuni soggetti legati a Cosa Nostra messinese – La richiesta di archiviazione di oggi mi rattrista, ma allo stesso tempo mi conferma che ero sulla strada giusta. La procura non ha potuto fare diversamente ,ma sono contento perché comunque è stato messo un punto fermo. Chi ha organizzato il mio attentato voleva uccidermi e ringrazio i magistrati per averlo chiarito». 

Non ha dubbi l’ex presidente del parco dei Nebrodi che ricorda anche uno degli uomini della sua scorta che quel giorno gli salvarono la vita. «Mi spiace che oggi non ci sia Tiziano Granata a leggere le motivazioni di questa richiesta di archiviazione. È anche grazie a lui suo se io oggi posso commentare questa richiesta. Loro mi hanno salvato da un attentato di chiara matrice mafiosa eseguito utilizzando modalità tipiche della ‘Ndrangheta. Hanno bloccato la ruota e avrebbero lanciato le molotov per costringerci a scendere dall’auto. Non volevano intimidirmi. E chi ha fatto di tutto per evitare che il protocollo di legalità diventasse legge, forse dovrebbe cominciare a preoccuparsi».

Simona Arena

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