Aggredito e derubato della bici in pieno centro La vittima: «Preoccupante senso di impunità»

Aggredito alle spalle e derubato della sua bicicletta. È successo nei dintorni della centrale piazza San Placido, mercoledì sera. A raccontare l’episodio a MeridioNews è Stefano Mortellaro, protagonista suo malgrado: «Erano le 20.30 circa. Uscito dal panificio, con la bici a fianco, avevo appena svoltato in via Mazza. Improvvisamente non ho visto più nulla e mi sono ritrovato a terra». Rialzatosi, «ho visto quattro ragazzi allontanarsi in direzione degli archi della marina. Uno pedalava sulla mia Brompton». Una bicicletta costosa perché particolare, è pieghevole. Spiega il 41enne, precario dell’ateneo di Catania: «Sei anni fa, in piazza Università, rubarono la mia bici d’infanzia. Costava una ventina di euro ma aveva un immenso valore affettivo». Allora «decisi di comprare una bicicletta pieghevole, per portarla sempre con me e custodirla da vicino. L’unico modo per rubarla era aggredirmi, e pensavo non sarebbe mai capitato». 

Sorpresi anche i poliziotti a cui ha sporto denuncia: «Era la prima volta che sentivano di un furto con queste modalità», dice Mortellano. «Mi hanno detto di tenere sott’occhio i mercatini dell’usato e il sito internet Subito.it». È già capitato che i ladri utilizzassero questi canali come rivendita. Diversi gli elementi che tengono accesa la sua speranza di ritrovare la bicicletta, spiega: «Non è un pezzo facile da piazzare. A Catania ne circolano due o tre e, anche se usata, ha un costo non inferiore ai mille euro». Inoltre «ho segnalato alle forze dell’ordine la presenza numerose telecamere, sia nel punto dell’aggressione sia nel percorso di fuga dei quattro ragazzi». 

«Avranno notato la bici perché l’ho lasciata piegata fuori dal panificio – prosegue – Ho perso un po’ di tempo perché c’era fila. Quando l’ho ripresa ero distratto, stavo parlando al cellulare». L’aggressione è stata fulminea: «Non sono riuscito a opporre resistenza e forse è stato meglio così, altrimenti chissà cosa poteva succedere». Gli effetti: «Jeans strappati, ginocchio sanguinante, dolore al collo. Ma lì per lì non mi sono accorto di nulla, li ho rincorsi». L’inseguimento è durato 50 metri, quanto basta per tracciare un vago identikit degli aggressori: «Li ho visti solo di spalle. Erano atletici e, dai vestiti, sembravano poco più che ventenni». Una cosa è certa: «Erano catanesi. Quando ho urlato “Al ladro”, uno di loro mi ha risposto “Suca». 

I quattro non hanno mostrato alcun interesse per il cellulare di Mortellaro, caduto a terra durante la violenza, né per la borsa che teneva a tracolla, con dentro un computer portatile. «Mi stupisce di più – confida il malcapitato – che abbiano agito così in una zona in cui potevano essere beccati facilmente. È prova di un pericoloso senso di impunità che deve allarmare anzitutto le istituzioni». Se dovesse ritrovare la sua Brompton, conclude Mortellaro, «continuerei a fare quello che ho fatto fino a oggi. Non mi sento per nulla intimorito né mi faccio intimorire. Devono essere i miei aggressori, e chi agisce come loro, ad avere timore di rifare quello che hanno fatto». 

Marco Di Mauro

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