Nell’inchiesta Adrano Libera, coordinata dalla Dda di Catania e portata avanti dagli agenti del commissariato adranita, viene ritratto il profilo di Tony Ugo Scarvaglieri, il quale, dopo gli arresti di esponenti di spicco del clan Santangelo, si afferma come uomo su cui si può contare. Una sorta di factotum in grado di essere presente in tutte le attività della cosca, che nel centro etneo rappresenta l’articolazione della famiglia Santapaola-Ercolano.
L’attenzione degli inquirenti si accende nel settembre del 2017, quando i carabinieri si recano nell’abitazione di Antonino Bulla, per eseguire un ordine di carcerazione nei suoi confronti. L’uomo però non si fa trovare in caso, risultando, di fatto, irreperibile. Gli investigatori iniziano a sospettare che a dare ospitalità a Bulla fosse stato proprio Scarvaglieri. Il suo nome, però, finisce sotto i riflettori in occasione dell’inizio della collaborazione con la giustizia di Valerio Rosano, figlio di Vincenzo, capo dell’omonimo gruppo criminale legato ai Santangelo. Quando si sparge la notizia della scelta fatta dal giovane Rosano, ad Adrano vengano appesi gli annunci funebri riportanti la falsa notizia della morte del neopentito con indicazione delle esequie funebri presso una chiesa il cui indirizzo corrispondeva a quello della sede del commissariato adranita.
In quella circostanza l’inviata di Striscia la notizia Stefania Petyx intervistò proprio Scarvaglieri. «Si è, per così dire, esibito – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – in una vera e propria attività di intimidazione lanciando consapevolmente messaggi apertamente minacciosi nei confronti di chi, come Rosano, si era permesso di intraprendere la strada della collaborazione con la giustizia. La valenza intimidatoria, volta all’assoggettamento di coloro che in qualunque modo entrano in contatto con la associazione, risulta assolutamente evidente». Per gli inquirenti le parole di Scarvaglieri, che nel 2019 è stato arrestato al porto di Catania dopo essere stato trovato con una pistola, avrebbero avuto il chiaro obiettivo di «difesa dell’associazione e di intimidazione verso l’esterno, tanto che gli interlocutori manifestavano un certo stupore per l’atteggiamento assunto dall’indagato».
La consacrazione di Scarvaglieri a elemento di punto del clan sarebbe coincisa quasi nello stesso periodo in cui Valerio Rosano avvia i rapporti con la giustizia. «Ho deciso di collaborare perché voglio cambiare vita e dare un futuro migliore a mio figlio – disse Rosano ai magistrati – Sono detenuto da oltre tre anni e da circa un anno già pensavo a fare questo passo ma mia moglie non era convinta e per questo tardavo a decidermi. Ora sono convinto della mia scelta».
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