Una darsena nel cuore del lungomare di Acitrezza, con accanto una struttura seguita da segnaletiche colorate a indicare la presenza del cantiere. Accanto allo stabile, la cui finestra si affaccia sui faraglioni, c’è ancora lo scheletro di una piccola nave. Qui, Salvatore Rodolico, 84 anni, insieme ai suoi figli Giovanni e Nuccio, porta avanti il cantiere navale che ha ereditato dai suoi avi. Per lui, che è rimasto uno dei pochi maestri – o mastri – d’ascia esistenti, le giornate non sono più come quelle di una quarantina di anni fa, quando all’interno dello stabile oltre trenta persone realizzavano imbarcazioni che raggiungevano anche i 23 metri. Come la lunghezza dell’ultima opera – una motobarca – prodotta dai Rodolico nel 1991. Il cantiere è da più di 200 anni un simbolo del borgo dei I Malavoglia, tanto da comparire nel famoso romanzo del Verga. Per la sua maestria tramandata nel tempo, Salvatore Rodolico è considerato un patrimonio umano vivente. Riconoscimenti anche per il figlio Giovanni, che ha ricevuto gli onori da parte del presidente della repubblica Sergio Mattaerella. Mentre il cantiere è stato inserito nel registro dei beni immateriali della Regione siciliana.
«Abbiamo ancora le vecchie fatture di alcune barche – racconta Salvatore a MeridioNews – Una è del 1808 , mentre l’altra risale a 100 anni dopo. Tutto è partito da un Rodolico di Riposto, che presumibilmente era un lontano parente della mia famiglia, poi è passato al mio bisnonno fino ad arrivare a me. Adesso siamo alla quinta generazione». Nonostante la realizzazione delle grandi barche si sia praticamente fermata, Salvatore non ha dimenticato come si utilizzano gli strumenti del mestiere. Martello, pialla, trapano e chiodi servono ancora, anche se l’attività è stata notevolmente ridimensionata. Oggi Salvatore illustra parte dei segreti del mestiere a studenti e curiosi.
Non da meno è la produzione di piccoli modellini di antiche imbarcazioni che vengono messe in vetrina per i visitatori e che è possibile anche acquistare. «Agli studenti sono molto legato. Spesso mi chiedono se, per fare tutto questo, ho avuto bisogno di computer – continua – Allora, alla domanda, io tiro fuori tutte le mappe e gli strumenti e loro rimangono increduli. Non ho mai utilizzato il computer. Ricordo ancora le prove di carico e di equilibrio che facevamo per l’agibilità delle barche. Mettevamo al centro un secchio pieno d’acqua con a bordo alcune persone per collaudare le barche».
Ma per arrivare a quella che è oggi l’attività nel cantiere, bisogna andare indietro proprio al 1991. Quando una norma voluta dalla Comunità europea ha limitato il rilascio dei permessi di pesca. Per ottenere una barca di sana pianta, era necessario rottamare quelle già possedute. Le limitazioni comunitarie hanno riguardato anche la misura dei natanti. Punti da non sottovalutare per un cantiere che dalle lampare è arrivato a realizzare anche pescherecci capaci di raggiungere le isole greche per la pesca del pesce spada. Così Salvatore insieme ai figli e agli operai decidono di andare avanti con i lavori di riparazione alle barche dei pescatori. «Portavamo le barche a secco e trainavamo le imbarcazioni per alcuni lavori di rimessaggio – aggiunge Rodolico – Fino a quando, circa sette anni fa l’amministrazione comunale ferma il cantiere per occupazione abusiva del suolo. Così abbiamo cercato di adattarci in base alle prescrizioni: abbiamo comprato un depuratore e messo a norma il cantiere». Tuttavia questo non sarebbe bastato a evitare le multe, che Salvatore Rodolico e figli stanno ancora pagando. Le sanzioni da parte dell’amministrazione sono scattate anche per il cantiere, secondo il Comune, che sorgeva di fronte all’area protetta dell’Isola Lachea.
«Abbiamo cercato di seguire tutte le norme e dimostrare, anche attraverso le vie legali, che non avevamo commesso abusi – sottolinea Rodolico – Tanto che con la nuova amministrazione è emerso che alcune multe non dovevamo pagarle perché alcune barche che occupavano il suolo non erano nostre. Ancora, però, rimangono sanzioni per settemila euro». Oltre alla nuova amministrazione, a spendersi per l’attività del maestro d’ascia è stato il Centro studi di Acitrezza, l’associazione che con diverse iniziative ha cercato di non far cadere nel dimenticatoio la storia centenaria dei maestri d’ascia trezzoti. «Purtroppo l’artigianato è destinato a scomparire e a portarsi via anche questo mestiere. Adesso il nostro sogno è quello di far diventare il cantiere un museo – conclude – Noi andiamo avanti: con l’amore dei miei figli, di mia moglie e di tutta la comunità».
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