Acque reflue, una norma per il riutilizzo in agricoltura «Legge rivoluzionaria». Ma resta la questione dei fondi

Dallo sciacquone al rubinetto. Sono le acque reflue, le protagoniste del disegno di legge approvato ieri in commissione ambiente all’Ars, che pianifica le modalità e gli interventi necessari per non disperdere le acque reflue depurate in mare, ma riutilizzarle per fini agricoli, e non solo. È infatti, con alcuni emendamenti presentati dalla deputata 5 stelle Valentina Palmeri che la norma è stata modificata, prevedendo anche un riutilizzo delle acque in impianti industriali o, in alcuni casi, per uso civile. Tra le novità che introduce il provvedimento, che adesso dovrà trovare il semaforo verde a sala d’Ercole, c’è anche una pianificazione preventiva attraverso uno studio delle aree che necessitano in maniera prioritaria di interventi per far confluire maggiori flussi d’acqua, al fianco di quelle che risultano desertificate, in cui l’uso delle acque reflue depurate sarebbe scorretto.

«Tecnicamente – spiega Palmeri – queste acque hanno un indice di salinizzazione molto alto, per cui dove c’è desertificazione è sconsigliabile il loro utilizzo». È la presidente della commissione Ambiente, Giusy Savarino di Diventerà Bellissima a spiegare che «all’unanimità l’organismo parlamentare ha esitato questo disegno di legge che consente, per esempio, agli agricoltori di utilizzare l’acqua depurata per irrigare i campi. Abbiamo anche immaginato – aggiunge – un utilizzo industriale, commerciale o civile per evitare di disperdere inutilmente questo bene». Secondo Savarino si tratta di una legge «semplice ma rivoluzionaria, quella semplicità di cui la Sicilia ha bisogno. Finalmente l’acqua non si getta in mare ma si depura, si potabilizza e si riutilizza in modo efficiente».

Una volta approvata, la norma darà soltanto un un indirizzo politico. Ai dipartimenti regionali, invece, spetterà il compito di pianificare e strutturare gli interventi per la realizzazione o il potenziamento di nuovi depuratori, fermo restando che la Sicilia continua a collezionare multe su multe da parte della Comunità europea proprio sul tema della depurazione delle acque. E ovviamente non è secondaria la questione economica, legata al reperimento dei fondi necessari per qualsiasi intervento in questa direzione. «I fondi potranno essere sia nazionali che comunitari – aggiunge Palmeri – a cominciare dalle risorse messe a disposizione dal Cipe per il potenziamento degli impianti di depurazione».

Anche dai fondi messi a disposizione dal programma di sviluppo rurale si potrebbero liberare risorse fino a 20 milioni per la depurazione delle acque, in questo caso da destinare a iniziative in campo agricolo. A confermarlo è proprio l’assessore all’agricoltura, Edy Bandiera, premettendo ovviamente che «il tema della depurazione non dipende dall’assessorato all’Agricoltura» e ricordando appunto che «la Sicilia è ancora sotto procedura di infrazione da parte dell’Europa proprio per il completamento e la messa in funzione dei depuratori».

Ribaditi questi aspetti, però, ecco che Bandiera torna sull’importanza dell’utilizzo in agricoltura di «risorse idriche alternative alle acque da falda. Anche perché lo sversamento di queste acque, soprattutto nei fiumi, rischia anche di comportare ripercussioni ambientali causate dalla carica di azoto, responsabile dell’eutrofizzazione delle acque e della conseguente riproduzione di alghe». Alcuni progetti per il riutilizzo delle acque esistono già, o sono in via di definizione. A occuparsene sono gli uffici del dipartimento al territorio, in collaborazione con l’ateneo di Catania e l’università di Israele a Tel Aviv, dove esiste «un centro – conclude bandiera – all’avanguardia sul fronte della depurazione e del riutilizzo delle acque reflue».

Miriam Di Peri

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