Acqua a Palermo? Affari privati

La vicenda della “privatizzazione” dell’acqua nella provincia di Palermo costituisce uno spaccato eloquente degli intrecci fra politica e affari sulla pelle dei cittadini. Il così detto privato che si è aggiudicato la così detta gara (unico partecipante) avrebbe dovuto risolvere i cronici problemi del settore con i grandi investimenti del Piano d’Ambito. Quando parliamo di soggeto privato ci riferiamo all’Asp, sigla che sta per Acque potabili siciliane, una società che annovera le due ex Municipalizzate di Genova e Torino e, con percentuali irrisorie, due società di ingegneria e due imprese di costruzioni.

Ebbene, dopo una furiosa battaglia legale l’Amap (l’Azienda acquedotti di Palermo, che è una delle poche cose che non è stata completamente distrutta dall’orda dei barbari che ha governato Palermo per dieci anni, ha resistito al tentativo di esproprio. Di conseguenza i privati dell’Aps sono stati incaricati di occuparsi solo del servizio per i Comuni della Provincia, esclusa la città di Palermo. Ma il business così parzializzato non si reggeva più, se non attraverso un ‘trasferimento’ di risorse da Amap ad Aps. I tecnici dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO), di fatto dipendenti della Provincia regionale di Palermo, invece di fare i “regolatori indipendenti” hanno tentato in tutti i modi di dissanguare l’Amap a favore dei privati dell’Aps. Privati che, per acquisire il favore dei politici, tanto per cambiare, hanno effettuato le solite assunzioni clientelari.

Come abbiamo già ricordato, nella composizione societaria dell’Aps ci sono piccole società di ingegneria. Ebbene, secondo le regole dell’affidamento della concessione ad Aps, queste piccole partecipazioni consentirebbe alle società di ingegneria ed ai costruttori di progettare e realizzare le opere finanziate con ingenti risorse pubbliche ed il ‘cofinanziamento’ privato, fuori dalle regole degli appalti pubblici.

Ben presto, però, i sogni affaristici si sono infranti contro le resistenze popolari. Da una fronda di Sindaci è partita una resistenza culminata con il trionfo del referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Nel frattempo, anche i famigerati ATO sono stati messi in soffitta e dovranno sparire entro quest’anno.

Gli azionisti di riferimento di Aps hanno chiuso i cordoni della borsa ed hanno messo la società in liquidazione. Aps, attualmente, non è in regola con il contratto di affidamento perché non ha prestato le fidejussoni previste. In questo quadro caotico è saltata la programmazione degli investimenti comunitari previsti per il settore, anche perché il portafoglio dei privati è rimasto rigorosamente chiuso per la quota di cofinanziamento.

Si arriva, così, ai nostri giorni. Come sempre in questi casi, il sistema, quando sta arrivando la fine, è capace di colpi di coda velenosissimi. Spunta allora il ‘Commissario straordinario per l’emergenza Bonifiche e la Tutela delle Acque in Sicilia’ ed il suo ‘Soggetto Attuatore’, ingegnere Dario Ticali, che, un giorno prima di terminare il suo mandato (30/12/2011), emette un’ordinanza con la quale “cofinanzia” importantissime opere a favore della città di Palermo per oltre 25 milioni di euro, affidando i soldi all’ATO.

Gli ineffabili tecnici dell’ATO, inopinatamente, decidono di affidare questa enorme mole di denaro pubblico proprio ad Aps, società già posta in liquidazione ed attualmente in mano ad un amministratore straordinario. E’ come se una persona (il Comune di Palermo) titolare di una impresa di ristrutturazioni (l’Amap) dovesse fare dei lavori a casa propria e gli si imponesse di farli fare ad un estraneo gravato di procedura di fallimento in corso!

La vicenda sprizza illegalità da tutte le parti e, purtroppo, è tanto eclatante che non potrà arrivare in porto. Ma quello che succederà è la revoca dei finanziamenti. E’ del tutto evidente che il ‘Soggetto Attuatore’, fratello di un esponente politico ha fatto un regalo di “liquidazione” all’ATO da “girare” ad Aps i cui soci costruttori potranno ristorarsi delle perdite di questi anni realizzando le opere finanziate con margini di guadagno che nessuno potrà controllare, visto che opererebbero senza gare pubbliche. Il tutto sempre sulla pelle dei cittadini di Palermo che, se tutto va bene, vedranno realizzare la metà delle opere previste con i finanziamenti assegnati ma, molto più probabilmente, vedranno sfumare i finanziamenti a seguito dell’inevitabile scandalo e procedimento giudiziario che una siffatta forsennata decisione si meriterà.

 

Blasco da Castiglione

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