Per quasi vent’anni ha vissuto nella casa confiscatagli perché accusato di essere vicino alla mafia, adesso potrà continuare a farlo con la consapevolezza che da qui in avanti sostanzialmente non cambierà granché. È il caso di Giuseppe Cavallaro, 66enne acese, a inizio anni Duemila finito sotto la lente dell’autorità giudiziaria nell’ambito di indagini sul clan Laudani. Rapporti che portarono nel 2003 a una sentenza del tribunale e alla successiva acquisizione della villetta su due piani di via Mortara, a pochi passi dalla strada statale 114, al patrimonio gestito dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati.
In realtà pochi anni dopo, a modificare la decisione era stato il tribunale civile di Catania che ha dato ragione alla rivendicazione della moglie convivente di Cavallaro, in merito all’inattaccabilità della metà dell’immobile. Di questro pronunciamento, però, l’Agenzia dei beni confiscati è entrata a conoscenza soltanto negli ultimi anni. Dopo che il Comune di Acireale, nel 2017, chiese e otttenne la concessione dell’immobile e successivamente alla richiesta all’Agenzia di risolvere la questione di quella che sembrava essere un’occupazione abusiva a tutti gli effetti. Una delle tante che in giro per la Sicilia ancora oggi si registrano senza che le istituzioni diano l’impressione di saper prendere provveddimenti tempestivi.
Il mese scorso è stata posta la parola fine a questa storia. Il tribunale di Catania ha chiarito all’Agenzia dei beni confiscati che la confisca riguarda soltanto il 50 per cento della proprietà e che come tale va trattata. Escludendo inoltre la possibilità che l’immobile possa essere suddiviso in due unità autonome. Ipotesi quest’ultima che il Comune di Acireale riteneva l’unica accettabile per immaginare una gestione diretta del bene. Così però non sarà e alla giunta Alì non è rimasto altro da fare che ufficializzare, con una delibera approvata mercoledì scorso, il disinteresse verso la villetta di via Mortara. Che adesso tornerà, per metà, al patrimonio dell’Agenzia dei beni confiscati ma che concretamente rimarrà a disposizione dei coniugi Cavallaro.
«Purtroppo tenere la metà indivisa dell’immobile per noi avrebbe significato non potere attuare il progetto che avevamo in mente – commenta a MeridioNews il primo cittadino acese Stefano Alì – Di fronte a questa prospettiva, l’unica cosa da fare era recedere dal nostro interesse. Di certo è un peccato, ma in questa storia ha potuto fare ben poco. Peraltro – continua – tutto è venuto fuori nel momento in cui ci siamo accorti che esisteva una porzione dell’immobile (il famoso sub 4 a cui MeridioNews ha dedicato un approfondimento, ndr) era stata accatastata nel 2012 non rientrando di fatto tra i beni oggetto della confisca». Ad Acireale un altro immobile – una villa sul mare di ben 14 vani confiscata al genero del cavaliere Graci – si trova nella stessa situazione: confiscata per il 50 per cento. «In quel caso il Comune negli anni scorsi non aveva fatto richiesta di concessione», spiega Alì.
A fronte della rinuncia per via Mortara, l’amministrazione acese ha deciso di chiedere la concessione di altri tre immobili confiscati alla mafia e ricadenti nel territorio comunale. Si tratta di un’abitazione in via Porcellana e due terreni in contrada Zaccanazzo. «Dovrebbero essere al cento per cento dell’Agenzia, speriamo di non avere sorprese e di poterne ottenere la gestione», conclude il primo cittadino.
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